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Caso Almasri

Due vittime del generale libico Almasri scrivono una lettera a Giorgia Meloni: “Italia complice della Libia”

David Yambio e Lam Magok, sopravvissuti alle torture nei centri di detenzione libici, scrivono alla Presidente del Consiglio per denunciare la liberazione e il rimpatrio del generale Osama Njeem Almasri, ricercato per crimini contro l’umanità. Nella lettera accusano l’Italia di complicità con il regime libico e chiedono la fine degli accordi che finanziano il sistema di violenze contro i migranti.
A cura di Francesca Moriero
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"Ora sappiamo che l'Italia non ha solo le dita in Libia, ma ha le mani intere sepolte nei suoi affari".

Così scrivono David Yambio e Lam Magok in una lettera indirizzata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano.

Yambio e Magok sono solo due delle innumerevoli vittime del generale libico Osama Njeem Almasri, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Arrestato dalla Digos di Torino il 19 gennaio, Almasri è stato incredibilmente rilasciato solo due giorni dopo: la Corte d’Appello ha infatti dichiarato il fermo "non conforme alle procedure legali", disponendone l'immediata scarcerazione. Almasri è stato quindi rimpatriato in Libia con un volo di Stato, scatenando l'apertura di un'inchiesta da parte della Procura di Roma.

Per questa vicenda Meloni, insieme ai ministri Nordio e Piantedosi e al sottosegretario Mantovano, è indagata per favoreggiamento personale e peculato.

Le indagini su Almasri risalgono al 2011 e lo collegano a torture e violenze nel carcere di Mitiga, gestito dalla milizia Rada, un gruppo armato islamista guidato da Abdul Rauf Kara.

"Credevamo nell'Italia, in un Paese che parlava di giustizia e diritti umani. Ma la giustizia non ci è stata data. Abbiamo invece assistito alla liberazione dell'uomo che ci ha torturato", scrivono i due sopravvissuti dei centri di detenzione libici.

Memorandum con la Libia

La lettera è una richiesta di spiegazioni e di assunzione di responsabilità: i due firmatari accusano l'Italia non solo di aver lasciato libero un criminale, ma anche di continuare a finanziare e sostenere un sistema che perpetua abusi e violenze contro i migranti in Libia. Il caso Almasri è infatti solo un tassello di un quadro più ampio: quello che riguarda gli accordi tra Italia e Libia.

"Oggi i migranti in Libia vivono in condizioni peggiori delle prigioni. Sono torturati per ottenere un riscatto, venduti come schiavi, violentati, affamati, lasciati morire. Quelli ancora imprigionati a Mitiga, dove Almasri ha costruito il suo impero di crudeltà, conoscono solo il dolore. Eppure l'Italia continua a finanziare e collaborare con chi li opprime", si legge.

Gli accordi tra Italia e Libia risalgono al 2017, quando il governo italiano firmò un memorandum con il governo di Tripoli per bloccare le partenze delle persone migranti. L'intesa prevede il supporto economico e logistico alle autorità libiche, in particolare alla Guardia Costiera, per intercettare le imbarcazioni nel Mediterraneo e riportare i migranti nei centri di detenzione libici.

L’Italia, con il supporto dell’Unione Europea, ha destinato per questo centinaia di milioni di euro alla formazione e all'equipaggiamento della Guardia Costiera libica e delle forze di sicurezza. I fondi provengono in parte dal bilancio italiano e in parte dal Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa, creato per gestire i flussi migratori.

Numerosi rapporti di ONG e organizzazioni internazionali denunciano che la Guardia Costiera libica collabora con trafficanti di esseri umani, come Almasri, e utilizza metodi brutali contro i migranti, che spesso finiscono in centri di detenzione illegali, dove subiscono torture, stupri ed estorsioni.

Non solo, i centri di detenzione libici, ufficiali e non, sono stati paragonati a veri e propri lager: Amnesty International, Human Rights Watch e altre organizzazioni hanno documentato esecuzioni sommarie, violenze sistematiche e condizioni di vita disumane per i migranti rinchiusi in queste strutture. Organizzazioni internazionali e persino l'ONU hanno chiesto all’Italia di interrompere gli accordi, ma finora il governo italiano ha sempre rinnovato l'intesa, ritenendola necessaria per il controllo dell’immigrazione.

"Italia risponda delle sue scelte"

Le domande poste sembrano essere chiare: perché un uomo definito "pericoloso" dallo stesso governo è stato rimandato nel luogo dove ha commesso i suoi crimini? Quali misure verranno prese per proteggere le vittime e garantire giustizia?
I due firmatari chiedono la cessazione immediata di tutti gli accordi tra Italia e Libia, un impegno pubblico per il rilascio dei prigionieri nei centri di detenzione libici e la creazione di un canale legale per i migranti intrappolati. Sollecitano inoltre la riapertura dell'Ambasciata Italiana a Tripoli per il rilascio di visti umanitari e una spiegazione ufficiale sul perché Almasri, che lo stesso governo ha definito pericoloso, sia stato rilasciato invece di essere consegnato alla giustizia internazionale.

"La giustizia non può essere selettiva. Non può servire i potenti mentre gli impotenti vengono scartati. L'Italia deve rispondere delle sue scelte".

Il testo completo della lettera a Meloni

Lettera a Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e Alfredo Mantovano

Egregi Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Ministro Matteo Piantedosi, Ministro Carlo Nordio e Sottosegretario Alfredo Mantovano,vi scriviamo in qualità di portavoce dei Rifugiati in Libia ma anche come vittime e sopravvissuti di Osama Najim Almasri. I nostri corpi porta i segni dei suoi crimini e le nostre  menti sono piene di ricordi che nessun essere umano dovrebbe sopportare. Quando Almasri è stato arrestato a Torino, abbiamo creduto, anche se per poco, che la giustizia potesse raggiungere quelli di noi che hanno conosciuto solo la sofferenza. Ma voi ci avete tolto questa speranza, rispedendolo in Libia, dove continuerà a fare del male ad altri, come ha fatto a noi.Il dolore per questo tradimento è profondo. È lo stesso dolore che ci portiamo dietro da anni. Siamo venuti in Italia in cerca di protezione e siamo grati per la sicurezza che abbiamo trovato. Ma la nostra dignità, rubata in Libia, è stata rubata di nuovo qui. L'Italia era un Paese in cui credevamo, un Paese che parlava di giustizia e di diritti umani. Ma la giustizia non ci è stata data. Al contrario, abbiamo assistito alla liberazione dell'uomo che ci ha torturato.E mentre scriviamo questa lettera, altri stanno ancora soffrendo sotto lo stesso sistema che ci ha brutalizzato. Oggi i migranti in Libia vivono in condizioni peggiori delle prigioni. Vengono torturati per ottenere un riscatto, venduti come proprietà, violentati, affamati e lasciati morire. Quelli che si trovano ancora nella prigione di Mitiga, dove Almasri ha costruito il suo impero di crudeltà, non conoscono altro che il dolore. La stessa Libia con cui lavorate, finanziate e a cui stringete la mano è diventata una terra di sofferenza infinita per chi non ha potere.Ora sappiamo che l'Italia non ha solo le dita in Libia, ma ha le mani intere sepolte nei suoi affari e può dire chi è libero o meno. Non siete solo testimoni di ciò che accade in quel Paese, ma contribuite a plasmarlo. Non si può affermare di combattere il traffico di esseri umani mentre si fanno accordi con chi ne trae profitto. Non potete definire Almasri “pericoloso” mentre lo proteggete dalla giustizia. Non potete definirvi difensori dei diritti umani mentre lasciate le persone a marcire nelle prigioni libiche.Pertanto, Vi chiediamo:•La cessazione immediata di tutti gli accordi tra Italia e Libia che consentono abusi nei confronti dei migranti.•Un impegno pubblico per chiedere il rilascio di tutti coloro che sono ancora imprigionati a Mitiga e in altri centri di detenzione in Libia.•Una spiegazione ufficiale del perché Almasri, che il vostro stesso Governo ha definito pericoloso, sia stato rilasciato invece di essere consegnato alla Corte penale internazionale.•Un percorso legale per i migranti intrappolati nei centri di detenzione libici, compresa la riapertura dell'Ambasciata Italiana a Tripoli per l'ottenimento di visti umanitari.La giustizia non può essere selettiva. Non può servire i potenti mentre gli impotenti vengono scartati. L'Italia deve rispondere delle sue scelte.

Cordiali saluti,
David Yambio, Lam Magok e le vittime di Osama Najim Almasri
Roma, 29 gennaio 2025

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