Draghi rilancia il reddito di cittadinanza invece di abolirlo: tutte le novità
Il reddito di cittadinanza non verrà abolito, né cancellato, né fatto scomparire. Una delle misure più discusse da buona parte della maggioranza, che spacca di fatto l'eterogeneo arco politico che sostiene l'esecutivo guidato da Mario Draghi, ci sarà anche l'anno prossimo. Vince ancora una volta la linea del presidente del Consiglio: la sintesi. Nel Documento programmatico di bilancio, approvato ieri in Consiglio dei ministri, il governo cerca di rispettare il più possibile le richieste di tutti i partiti: pensioni, taglio delle tasse e – appunto – reddito di cittadinanza. Anche se su quest'ultimo punto, a parte Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, i pareri non erano certo positivi.
Pronti 8,8 miliardi di euro per il reddito di cittadinanza
La sintesi viene esplicitata nel comunicato finale del Consiglio dei ministri che ha approvato il Documento programmatico di bilancio: "Il livello di spesa del reddito di cittadinanza viene allineato a quello dell'anno 2021, introducendo correttivi alle modalità di corresponsione e rafforzando i controlli". Si parla di un finanziamento ulteriore per il 2022 da un miliardo di euro contenuto nella prossima legge di Bilancio. In pratica, tra nuovi fondi e stanziamenti già previsti per il reddito di cittadinanza, per il prossimo anno a disposizione per erogare il sostegno dovrebbero esserci circa 8,8 miliardi di euro. Si tratta, appunto, di quanto è costata – più o meno – quest'anno la misura, in una stagione pesantemente condizionata dai danni economici della pandemia di Covid. Ma soprattutto con continui aumenti di fondi e rifinanziamenti del reddito di cittadinanza.
Come può cambiare il reddito di cittadinanza e perché
Il problema principale delle forze politiche che si sono schierate ripetutamente contro il reddito di cittadinanza, da Renzi a Salvini, è il fatto che lo possano percepire persone che non ne hanno diritto o che – secondo i critici – si adagerebbero su questa condizione di sopravvivenza. Si dovrebbe agire proprio su questo punto, ovvero su chi riceve il sostegno e può lavorare (parliamo comunque di un terzo dei percettori): il governo starebbe lavorando a una stretta che porterebbe ad un calo automatico dell'assegno a partire dalla seconda offerta di lavoro che viene rifiutata. Questo passaggio sembra imprescindibile per andare avanti. La riforma generale dello strumento, invece, potrebbe attendere ancora un po'.