Draghi dice che Kiev non ha chiesto l’invio di nuove armi, ma Zelensky ne vuole di più potenti
Il presidente del Consiglio Mario Draghi interviene ancora dall'Ucraina, dove si è recato in missione insieme al leader francese Macron e a quello tedesco Scholz per incontrare il presidente ucraino Zelensky: "Non ci sono state richieste di Zelensky di nuove armi, ha descritto la situazione qual è, situazione che sta diventando critica perché le vecchie armi di cui hanno abbondanza sono armi di produzione sovietica per le quali, però, le munizioni cominciano a scarseggiare. Mentre per le nuove armi c'è bisogno di addestramento. I Paesi della Nato forniscono addestramento ma richiede tempo. Non ci sono state richieste di armi, ma siamo venuti insieme ed è stata una manifestazione di grande unità, per aiutare l'Ucraina nella guerra perché se non riesce a difendersi non c'è pace; siamo venuti qui per aiutarla per la pace ma non c'è pace durevole se non decide questo Paese quale pace vuole", ha detto in un incontro con la stampa italiana a Kiev.
Ma proprio Zelensky poco prima, al termine dell'incontro con Mario Draghi e con gli altri leader Ue, aveva fatto una dichiarazione pubblica, chiedendo proprio l'invio di armi più sofisticate: "C'è la necessità da parte dell'Ucraina di avere armi più potenti, armi moderne. Ci serve grande aiuto ogni arma che arriva sono vite umane salvate ogni decisione rimandata aumenta la possibilità dei militari russi di uccidere ucraini e distruggere le nostre città".
La pace però, ha detto Draghi, sembra ancora lontana, perché allo stato attuale non ci sono soluzioni a portata di mano: "Devono essere gli ucraini a decidere cosa va bene per l'Ucraina. Una pace forzata, ammesso che sia possibile, è solo generatrice di nuovi conflitti. Non credo sia comunque possibile e realistica oggi", ha detto rispondendo ad una domanda.
"Oggi la condizione che pone l'Ucraina è quella dell'integrità territoriale, è la premessa per iniziare i negoziati di pace. Ma al momento non si vedono margini". Secondo Draghi è la parte russa che non intende aprire al dialogo: "Quando ho chiamato Putin per chiedergli della pace mi ha detto ‘Non è il momento', e lo stesso è avvenuto per il cessate il fuoco o per un incontro con Zelensky", ribadisce il premier. Ma "la pace deve essere giusta e sostenibile. Gli altri Paesi vogliono aiutare Russia e Ucraina a trovare la pace. C'è un'iniziativa diplomatica mondiale che non c'era un mese fa".
Il presidente del Consiglio ha anche detto che l'inflazione c'è, per cui l'aumento dei tassi stabilito dall'Europa, è inevitabile: "Non commento assolutamente le decisioni delle Bce, ho passato 8 anni a difendere la politica monetaria dalle interferenze dei politici, non cambio idea ora: non faccio più quel mestiere o il commentatore" ha detto aggiungendo che "le pronunce politiche sul comportamento della Bce fanno male solo a chi le fa. Sono controproducenti. Ma certamente l'inflazione c'è, quindi una reazione in termini di tassi di interesse è inevitabile". Draghi ha comunque spiegato che "la situazione in Europa è diversa dagli Stati Uniti, dove l'economia sta andando forte anche con l'inflazione alta", mentre in Europa la situazione è differente, perché pesa il caro dei prezzi dell'energia.