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Draghi dice che sarebbe rimasto volentieri al governo, ma glielo hanno impedito

In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex capo del governo Mario Draghi torna sui giorni in cui il suo mandato è finito: “Ho provato a cercare soluzioni, ma la volontà dei partiti di trovare compromessi era venuta meno”.
A cura di Luca Pons
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"Ero stato chiamato a fare, dopo una vita, un mestiere per me nuovo e l’ho fatto al meglio delle mie capacità. Sarei dunque rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito". Mario Draghi, presidente del Consiglio che ha preceduto Giorgia Meloni, in un'intervista al Corriere della Sera torna a parlare della fine del suo esecutivo, e di cosa si aspetta da quello attuale.

Il suo governo, ricorda Draghi, "si poggiava sul consenso di una vasta coalizione, che aveva deciso di mettere da parte le proprie differenze per permettere all’Italia di superare un periodo di emergenza". A un certo punto, però, "la volontà dei partiti di trovare compromessi è venuta meno, anche per l’avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura".

Secondo la ricostruzione di Draghi, infatti, "con il passare dei mesi, la maggioranza che sosteneva il governo si era andata sfaldando e diversi partiti si andavano dissociando da decisioni già prese in Parlamento o in Consiglio dei ministri".

Tra questi il Movimento 5 stelle, "sempre più contrario al sostegno militare all’Ucraina, nonostante avesse inizialmente appoggiato questa posizione in Parlamento insieme a tutte le altre forze politiche", ma anche Forza Italia e Lega, "contrarie ad aspetti di alcune importanti riforme – fisco e concorrenza – a cui era stato dato il via libera in Consiglio dei ministri".

Alla domanda se i rapporti con la Russia abbiano avuto un peso nell'apertura della crisi di governo, Draghi risponde che non lo sa dire, ma con un'aggiunta: "Noto però che oggi il M5S è contrario a proseguire nel sostegno militare all’Ucraina". A livello parlamentare, l'evento che ha dato il via alla caduta del governo è stata la scelta del M5s di non votare la fiducia sul decreto Aiuti.

Draghi racconta che nei giorni successivi avrebbe provato a "cercare una soluzione, ma le posizioni dei partiti erano ormai inconciliabili". In particolare, il centrodestra voleva andare avanti solo a condizione che i ministri Cinque stelle fossero esclusi dal governo, e sostituiti da esponenti del centrodestra stesso.

Il Partito democratico, però, "non era disponibile a far parte di quello che sarebbe diventato nei fatti un governo di centrodestra". In più, lo stesso Draghi aveva chiarito che il Movimento 5 stelle era una parte essenziale del governo: "Per me sarebbe stato impossibile guidare un governo di unità nazionale senza il partito di maggioranza relativa in Parlamento".

Ora che a Palazzo Chigi c'è Giorgia Meloni, "non spetta a me giudicare il governo", dice Draghi, o perlomeno "non dopo così poco tempo". Intanto, però, sottolinea che l'esecutivo deve fare attenzione "a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell’Italia", in particolare mantenendo buoni rapporti con l'Europa, che "è il modo migliore per moltiplicare il nostro peso internazionale".

Tra i temi che hanno creato tensioni nel passaggio di consegne c'è la gestione del Pnrr. Giorgia Meloni ha più volte sottolineato che il governo precedente lasciava in eredità diversi ritardi nei lavori. Draghi risponde, come in passato, che nel suo mandato si sono rispettati "tutti gli obiettivi dei primi due semestri, come ha certificato la Commissione Europea. Questo è l’unico indicatore da cui dipende l’erogazione dei fondi, che infatti è avvenuta in modo puntuale. Mi avrebbe fatto piacere completare il lavoro che avevamo portato avanti, e qui mi riferisco in particolare agli obiettivi del secondo semestre di quest’anno".

Draghi ripercorre poi le scelte fatte dal suo governo e gli effetti positivi che ci sono stati: dalla crescita economica ("quasi il 4% quest'anno, più di Francia e Germania") al taglio del debito pubblico ("calato come mai nel dopoguerra"). Anche sul piano sociale, l'ex presidente del Consiglio cita dati Istat secondo cui durante il suo mandato sono scese disuguaglianza (l'indice di Gini è sceso da 30,4% al 29,6%) e rischio di povertà (dal 18,6% al 16,8%).

In più, il tasso di disoccupazione è sceso, a ottobre 2022, al 7,8% e il tasso di occupazione è salito al 60,5%, "un record storico", dice Draghi, che sottolinea poi che avrebbe voluto arrivare "all’introduzione del salario minimo e alla riforma del reddito di cittadinanza, per farlo funzionare meglio".

L'evento più importante avvenuto durante il suo governo è l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che ha contribuito ad alzare molto i prezzi dell'energia (su questo servirebbero "nuove iniziative europee, che ricalchino il fondo comune di sostegno al mercato del lavoro adottato durante la pandemia"). Il prezzo dell'energia è anche la prima causa di inflazione, dice Draghi, "che ora sta velocemente contagiando il resto dell'economia" in Europa.

Per quanto riguarda l'energia, Draghi rivendica che il suo esecutivo ha ridotto la dipendenza dalla Russia, facendo accordi con altri fornitori e semplificando le procedure per installare nuovi impianti di energie rinnovabili: "Le richieste per nuovi allacciamenti nel 2022 sono state pari a 11 GW, quasi cinque volte la potenza installata nei due anni precedenti. A oggi, le importazioni dalla Russia sono appena un quarto rispetto a inizio anno e le forniture sono regolari".

Sul piano della guerra, invece, "soltanto il presidente Putin può porre fine a questi massacri". L'Italia, secondo Draghi, ha avuto una reazione "più forte e decisa di quanto si aspettassero molti osservatori", cosa che "spiega la rabbiosa e scomposta di alcuni diplomatici russi".

Infine, l'ex presidente risponde su quali siano state le decisioni più difficili da prendere: da una parte green pass e obbligo vaccinale ("sapevo che erano limitazioni delle libertà individuali, ma erano necessarie per garantire a tutti il diritto alla salute, soprattutto ai più fragili"), dall'altra la scelta di riaprire le scuole ad aprile del 2021 ("mi hanno paragonato a Bolsonaro, hanno detto che avremmo causato una catastrofe sanitaria. Ma l’epidemia è rimasta sotto controllo").

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