Cosa succede adesso che Mario Draghi ha rassegnato le dimissioni da capo del Governo? Dopo il confronto con Mattarella c'è la possibilità che il premier resti al governo, magari con una nuova maggioranza? Potrebbero esserci delle elezioni anticipate, magari già a settembre? Sono queste le principali domande sulla crisi di governo aperta dalla decisione del Movimento 5 stelle di non votare la fiducia al governo, che ha poi portato alle dimissioni di Mario Draghi. Per capire quale potrebbe essere l’evoluzione del quadro politico nei prossimi giorni, dobbiamo però registrare un dato preliminare: nonostante la non partecipazione al voto dei senatori grillini, infatti, il governo ha ottenuto un’ampia maggioranza nel voto di fiducia; tecnicamente, insomma, ci sono i numeri per proseguire l’esperienza delle larghe intese, anche senza l’appoggio dei contiani.
I numeri, però, non sono tutto. E a contare sono le intenzioni e le scelte degli attori in scena. Nel breve comunicato con cui ha annunciato le sue dimissioni dalla Presidenza del Consiglio, Mario Draghi ha lasciato intendere di non essere disposto a considerare vie d’uscita diverse da quelle dell’apertura della crisi politica. L’ex numero uno della Bce ha spiegato di considerare finita l’esperienza della maggioranza di unità nazionale, ragion per cui non ritiene che vi sia più la compattezza “per poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia”. Lo ha fatto coerentemente con quanto detto nei giorni scorsi: non esiste maggioranza senza il Movimento 5 Stelle, ovvero, non sono disposto a tollerare appoggi esterni ballerini e men che meno polemiche continue da chi esprime ministri ed esponenti di governo. Le dimissioni, dal suo punto di vista, sono se non un atto dovuto, un gesto quantomeno necessario.
Perchè Mattarella ha respinto le dimissioni e cosa succede adesso
Il Presidente della Repubblica Mattarella ha respinto le dimissioni di Draghi, scelta non sorprendente considerato il risultato del voto di oggi e l’orientamento dei principali partiti politici. Il Capo dello Stato ritiene necessario parlamentarizzare la crisi, ovvero rinviare il governo alle Camere perché sia fatta “nella sede propria” una valutazione su quanto successo in queste ore. È la scelta più corretta, proprio perché esiste evidentemente la possibilità di ricomporre il rapporto fiduciario fra governo e forze politiche. Con ogni probabilità già nella giornata di mercoledì prossimo, dunque, Draghi si recherà in Parlamento per riferire sugli sviluppi della crisi. In quella sede, le forze politiche dovranno ufficializzare le proprie posizioni e i 5 Stelle potranno sgombrare il campo dalle contraddizioni di queste ore.
Cosa succederà mercoledì in Parlamento
Questo significa che Draghi resterà Presidente del Consiglio e il governo non cambierà? Non è detto. Conte ha più volte spiegato di voler continuare a sostenere il governo, ribadendo la contrarietà di merito e di metodo sul singolo decreto Aiuti, ma non sappiamo se questa linea sia destinata a sopravvivere al caos di queste ore. I 5 Stelle, insomma, potrebbero decidere di uscire ufficialmente dalla maggioranza, magari prospettando una sorta di appoggio esterno. Quella del cambio di maggioranza con annesso rimpasto è in effetti una strada percorribile, alla quale lavorano alacremente renziani e centristi. La parola d’ordine in casa Italia Viva è “buttare fuori Conte e andare avanti con Draghi per i prossimi mesi”. Del resto, ragionano, i numeri ci sono e l’isolamento all’opposizione aprirebbe una vera e propria emorragia dai 5 Stelle al partito di Di Maio, considerato ormai elemento di stabilizzazione del sistema. Forza Italia sarebbe felicissima di un esperimento del genere, il Pd finirebbe per accodarsi in nome della responsabilità e della continuità.
Ci sarebbe da superare la contrarietà della Lega, che non vuole lasciare a Conte ampi margini di manovra per fare mesi di campagna elettorale permanente. Ma soprattutto, resterebbe da convincere Draghi, che si è sempre detto indisponibile a prestarsi a giochetti politici o a guidare una maggioranza traballante (senza Conte, il pallino passerebbe nelle mani di Salvini, che accrescerebbe il suo peso numerico e politico nel governo). Chi ha parlato con lui in queste ore, lo racconta come determinato a non accettare compromessi, nella convinzione di non potersi trasformare in un politico buono per tutte le stagioni.
I tre possibili scenari per uscire dalla crisi di governo
Se Mattarella e il dibattito parlamentare non dovessero “convincere” Draghi o se emergessero altri scollamenti nella maggioranza (vero, Salvini?), si dovrebbe ricominciare da capo. Il Quirinale dovrebbe vagliare altre opzioni, che si riducono essenzialmente a due: elezioni anticipate a settembre / ottobre, lasciando Draghi in carica per il disbrigo degli affari correnti, oppure un nuovo governo tecnico che traghetti il Paese alle elezioni a febbraio / marzo del 2023. È una prospettiva che alimenterebbe incertezza e instabilità, in un contesto molto delicato per il nostro Paese. La recrudescenza della pandemia, la crisi energetica e le difficoltà di implementazione del Pnrr, in tal senso, sono stimoli ai quali Draghi rischia di non potersi sottrarre.