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Dpcm e scuola, è ora di rendersi conto che gli studenti hanno bisogno di informazioni chiare

Mancano 14 ore all’inizio delle lezioni nel clima frammentato e improvviso introdotto dal nuovo Dpcm. Un decreto che modula la presenza in classe a seconda della gravità della situazione epidemiologica di ogni regione, ma che sta generando forti incomprensioni. E gli studenti non sanno ancora se domani dovranno andare a scuola.
A cura di Marco Paretti
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Scuole chiuse, ma solo alcune. E in alcune regioni se ne chiudono altre. Se già il caos generato da un decreto che di fatto fa ripiombare un terzo del paese nel lockdown non bastasse, a rendere ancora più incomprensibilmente caotica la situazione è la decisione frammentata e improvvisa sulla scuola, che nel giro di poche ore (il decreto entra in vigore domani 5 novembre) andrà a modificare la percentuale di didattica a distanza obbligatoria (e quindi il numero di studenti che resteranno a casa) su tutto il territorio nazionale. Lo farà con una decisione che colpisce tutte le scuole superiori, che andranno in DaD al 100%, ma modulando la presenza in classe delle scuole medie a seconda della situazione di rischio delle singole regioni. Tradotto: nelle zone dove la situazione epidemiologica è più grave, quelle cosiddette “rosse”, andranno in didattica a distanza totale anche le seconde e le terze medie. Ma forse non da domani.

Il punto è questo: nell'ormai inevitabile decisione di applicare misure drastiche per contrastare la pandemia, si è scelto di salvare la scuola. Ma per farlo in questo clima e con queste tempistiche si è deciso di creare una situazione frammentata che in meno di 24 ore stravolgerà le lezioni di tutta Italia. Una scelta basata su due elementi: i più giovani si ammalano di meno e la salvaguardia della scuola in presenza è una priorità per il governo. Lo si ripete da mesi, dal Ministro Azzolina a Conte, dal Comitato Tecnico Scientifico a Walter Ricciardi: la scuola non va chiusa. “La scuola mostra un numero limitato dei focolai” spiegava Brusaferro a inizio ottobre. Altri studi, come quello dell’Università di Edimburgo, dimostrano però che la sola chiusura delle scuole potrebbe potrebbe ridurre la trasmissione del SARS-CoV-2 del 15 percento dopo quattro settimane, mentre la loro riapertura potrebbe catalizzare i contagi del 24 percento dopo lo stesso intervallo di tempo. D’altronde a ottobre si diceva anche che “non c’è nessuna ipotesi di chiusura di esercizi commerciali o attività”. E invece.

Il problema è che, se già un provvedimento di queste dimensioni crea un mare di disagi perché comunicato con sole 24 ore di anticipo, una decisione di questo tipo comporta una serie di problematiche ancora più evidenti nel settore dell’istruzione, dove tra adolescenti che non sanno se dovranno andare a scuola domani e istituti che non riescono a gestire le comunicazioni si sta creando un clima di caos totale. “Sono della Lombardia ma la nostra scuola continua a dire che non è confermata la didattica a distanza” scrive una ragazza, a cui si accompagnano decine di studenti di seconda e terza media che non sanno se domani dovranno andare a scuola. Domanda lecita e che tuttora non ha risposta: il decreto entra in vigore domani 5 novembre, ma per l’entrata in vigore delle misure riguardanti zone arancioni e rosse bisogna aspettare il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle ordinanze. Le seconda e terze medie nelle regioni in zona rossa, quindi, passeranno alla didattica a distanza dalla data successiva a quella in cui verrà pubblicata in Gazzetta ufficiale l'ordinanza del ministero della Salute. Infine, la situazione è complicata dalle ordinanze regionali che hanno già portato la didattica a distanza al 100% anche per le medie e che ora gli studenti non sanno come interpretare.

Ma questi dettagli non li sta comunicando nessuno ai ragazzi, così come a marzo le comunicazioni non sono mai state chiare e trasparenti. Nemmeno il Ministro Azzolina, che oltre a indicare le misure sui suoi profili social facendo riferimento a disposizioni in vigore “dalla data del 5 novembre 2020” e senza definire la complessa situazione delle zone rosse, sbaglia anche la definizione stessa delle zone, che definisce verdi, arancioni e rosse quando in realtà sono gialle, arancioni e rosse. Sarebbe stato più utile chiarire cosa succederà da domani in tutte le scuole, soprattutto quelle nelle zone rosse: gli studenti dovranno andare? I mezzi pubblici saranno garantiti in tutte le regioni almeno al 50%? Dovranno portare con sé l'autocertificazione? Tutte domande che a 14 ore dall'inizio delle lezioni di domani non hanno ancora risposta.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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