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Opinioni

Dove, come e quando si deciderà il duello per le Europee 2014

La vera partita si gioca su fisco, lavoro e riforme: questo avremmo scritto solo qualche settimana fa. Invece, le prime settimane di campagna elettorale dimostrano che la distribuzione del consenso segue ancora gli stessi binari: leaderismo, propaganda e presenza nelle piazze reali e virtuali.
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Come vi stiamo raccontando, sono sempre più numerosi i segnali e le rilevazioni degli istituti di sondaggi che indicano una tendenza alla polarizzazione dello scontro nella campagna elettorale delle Europee 2014. Sostanzialmente si è passati da una consultazione indicativa della tenuta del Governo, delle scelte dei partiti politici in questo primo anno della XVII legislatura al "primo round" di quello che sembra poter e dover essere il duello che caratterizzerà la prossima fase della politica italiana. Da una parte la nuova versione del Partito Democratico, ormai "ontologicamente" indistinguibile dalla sua componente all'interno dell'esecutivo e il cui destino è legato a doppio filo con quello del Presidente del Consiglio. Dall'altra il Movimento 5 Stelle, che sta scoprendo l'importanza del presidio del mezzo televisivo e la "necessità" dell'associare volti a slogan, persone in carne ed ossa al vago spirito della Rete. Intorno, un universo in fibrillazione, tra un abbozzo di ricostruzione dell'area centrista e una delle ultime possibilità di non disperdere il consenso residuo dell'area "a sinistra": tentativi che rischiano però di restare schiacciati dal braccio di ferro in atto fra renziani e grillini (peraltro una contrapposizione che non può e non deve essere letta con il classico schematismo fra progressisti e conservatori o populisti / responsabili).

Così la sensazione è che la competizione elettorale si giochi su piani diversi, di diversa rilevanza e peso specifico. C'è innanzitutto il classico rapporto fra Governo e opposizione, che l'opinione pubblica risolve in maniera molto chiara: Renzi, dunque il Pd, è al Governo; Grillo, dunque il Movimento 5 Stelle, è la sola forza di opposizione (solo la Lega merita un discorso a parte, per i motivi che vedremo). Di fronte alla presenza e all'incidenza del fattore Renzi, infatti, passa completamente in secondo piano l'apporto del Nuovo Centrodestra e dell'arcipelago entrato in Parlamento con Monti (ovviamente al netto di ogni valutazione di carattere politico); allo stesso modo Forza Italia riesce con grande difficoltà a proporsi come forza alternativa al Governo e a contendere al M5S lo scettro di "vera opposizione", proprio in relazione alla sua compartecipazione alla riscrittura di regole del gioco e architettura istituzionale (mentre la Lista Tsipras scontra il "peccato originale" della componente Sel).

Il dualismo sul piano delle risposte alle questione europee appare invece molto meno accentuato e soprattutto molto meno impattante. Prima di tutto perché se è pur vero che queste saranno le prime elezioni europee nelle quali l'insieme dei movimenti populisti / euroscettici otterrà una rappresentanza rilevante, allo stesso tempo la comunicazione delle tematiche sconta la complessità delle questioni e la grande approssimazione con la quale vengono declinate sui media (la banalizzazione portata avanti ad esempio dal M5S sui trattati e sulle norme europee ne è un esempio esplicativo). C'è poi da considerare la distanza dei cittadini dalla rappresentanza italiana nella Ue, che ha ragioni diverse e radici lontane, ma che in ogni caso rende non direttamente identificabile un partito politico con l'idea di Europa che sostiene e con gli uomini chiamati a rappresentarla. Infine, c'è la chiara percezione dell'irrilevanza italiana nel contesto europeo, che rende deboli le pretese escatologiche di euroscettici e "nazionalisti". Tanto è vero che da una seria riflessione sul ruolo italiano in Europa si è passati a proclami sempre più bellicosi e sempre meno realistici (dal calcio in culo alla Merkel fino all'uscita dall'Euro, passando per lo sforamento del vincolo del 3%, all'abolizione del fiscal compact e al ritorno dei "dazi" doganali).

Nel campo dell'affezione dei cittadini alla cosa pubblica si gioca invece una fetta importante della gara. E il risultato elettorale dipenderà in gran parte dall'affluenza alle urne: se il Movimento 5 Stelle riuscirà a mobilitare delusi, sfiduciati ed indecisi si avvicinerà al "sorpasso". Del resto, queste sono elezioni intermedie solo fino ad un certo punto, dal momento che il quadro politico italiano è mutato in ragione di una decisione strettamente politica. È questo dunque soprattutto un referendum su Renzi, sul Governo e sulle prime scelte portate a compimento dal nuovo esecutivo.

Il terreno scelto da Renzi è stato dunque quello del fisco, con un provvedimento rapido e (per ora) indolore, in favore delle famiglie dal reddito medio – basso. Una mossa che ha evidentemente spiazzato gli oppositori, costretti dapprima a mettere in dubbio coperture e realizzazione della misura, poi ad un ancor più grossolano dibattito "ontologico" sulla valenza di rimettere 1000 euro circa all'anno nelle tasche dei cittadini, infine ad una discussione sul "cosa fare" con la somma che obiettivamente lascia il tempo che trova. Il colpo decisivo, dunque? Non proprio, perché nel frattempo Renzi ha dovuto incassare due batoste di non poco conto. Prima lo stop nel percorso di riforme che dal punto di vista comunicativo ha intaccato il "mito" dell'uomo dei fatti che "risolve problemi che si trascinano da vent'anni"; poi le tante critiche (sensatissime) su un decreto Lavoro che, ad essere buoni, non risolve affatto il problema e che rischia di approfondire il solco fra tutelati e precari, ma che soprattutto appare come un brodino caldo in confronto a quella "rivoluzione epocale" prospettata dal Jobs Act.

Temi che sono entrati tutti nella campagna elettorale, che a questo punto risulterà decisiva per il risultato finale, come lo fu alle politiche del 2013. Grillo ed i candidati del Movimento hanno scelto la strada della mobilitazione totale, mettendo in campo uno sforzo senza precedenti (anche dal punto di vista economico, attenzione) e recedendo dal pregiudizio nei confronti del mezzo televisivo. Una mobilitazione che fa delle piazze reali e virtuali il centro dell'azione politica, fondendo dunque lo schema "tradizionale" della sinistra con quello dei movimenti, ma che ruota intorno alla figura di Beppe Grillo, "mai così leader". La risposta del Pd è nel rilancio dell'azione di Governo e nella centralità della figura di Renzi, sempre più in versione messianica. Un Renzi che sarà anche in piazza ma che in ogni caso "occupa" gli spazi mediatici nella tripla veste di premier, segretario del Pd e garante della nuova Italia in Europa. Secondo uno schema che invece somiglia a quello adottato dal Berlusconi dei tempi d'oro, ma che stavolta è integrato dall'attività parallela dei militanti democratici sul web e sui social network (con un cambiamento sensibile dei modi e "tempi" della comunicazione…e ogni riferimento alla campagna delle politiche 2013 non è casuale).

Del resto, sia Renzi che Grillo hanno capito che condizioni simili difficilmente si verificheranno in futuro e che questo test può essere il passaggio decisivo verso un nuovo bipolarismo di fatto. Un'occasione che nessuno vuole lasciarsi sfuggire, soprattutto con il terzo incomodo ai servizi sociali.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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