Dov’è finita l’equità?
L'attesa è stata lunga. Tra indiscrezioni, commenti e smentite, finalmente il Governo Monti ha presentato la propria manovra economica. La situazione drammatica che il Paese sta vivendo, con una crisi economica senza precedenti, ha imposto tempi brevissimi al neo-nato esecutivo per la definizione della Manovra. A questo punto, a manovra presentata, appare opportuna qualche riflessione di carattere generale.
Partiamo dall'inizio. Il Governo Monti nasce sulla scia del fallimento dell'esperienza berlusconiana e sotto la pressione esercitata dai mercati finanziari. Le Istuzioni europee (in primis la BCE) chiedevano all'Italia un repentino cambio di rotta sul versante politico per evitare il default e rassicurare i mercati. Si faceva strada così l'idea di affidare le sorti del Paese ad un Governo tecnico. Su queste basi si formava il Governo Monti con un consenso quasi unanime da parte delle forze politiche. Certo fin da subito si palesavano evidenti problemi dal punto di vista democratico sul nuovo Governo, si trattava di un Governo non eletto, si ponevano seri dubbi sulla perdita di sovranità nazionale ecc. Però, questo il ragionamento che da più parti veniva propinato, non vi è altra via d'uscita dall'anomalia berlusconiana. La composizione del Governo, fatta di persone di indubbia competenza, lasciava ben sperare. Se poi a ciò aggiungiamo le prime dichiarazioni di Monti sulla necessità di intervenire per porre un freno alle insopportabili diseguaglianze economiche, si capisce il consenso e il sentimento di speranza che il Governo ha ingenerato in larghissimi strati della società italiana.
Questo è il punto. E' sul tema di una politica economica che portasse il segno dell'equità sociale che gli italiani hanno accordato fiducia a Monti, non su altro. Ovviamente alle dichiarazioni seguono i fatti. Ed i fatti nello specifico riguardano la composizione complessiva della Manovra economica appena presentata. Ebbene ci tocca constatare, nostro malgrado, che il tema dell'equità sociale sembra essere quasi completamente espunto.
E la mancanza di una imposta patrimoniale all'interno della Manovra assume in questo senso un valore paradigmatico. Sappiamo bene che una proposta complessiva di redistribuzione del reddito e delle ricchezze è cosa ben più complicata di una tassa come la patrimoniale. Però gli italiani vedevano in quell'imposta un segno di discontinuità, un minimum di cambio di rotta rispetto al passato. Non averla introdotta potrebbe avere come prima conseguenza l'alimentarsi del sentimento dell'immutabilità dello status quo. Se qualche taglio ai costi della politica inizia a venir fuori, come del resto evidente nel decreto salva – Italia, e Monti rinuncerà al proprio compenso come Presidente del Consiglio, manca sicuramente un ragionamento complessivo sui capitoli di spesa di questo Paese che andrebbero tagliati o quanto meno ridimensionati. In questo senso una ridefinizione delle missioni militari all'Estero, nel senso di un taglio di costi eccessivi, poteva essere una misura adeguata.
Ancora una volta ad essere sottoposti ad interventi strutturali sono settori che incidono sulla vita reale dei ceti medio e medio-bassi, mentre sulla grande ricchezza si opera solo qualche "accorgimento estetico". Se il sistema previdenziale viene sottoposto ad una sostanziale ridefinizione, con lo stop all'adeguamento all'inflazione delle pensioni sopra i 960 euro, l'aumento generale dell'età pensionabile ed il passaggio al modello contributivo dal 1 gennaio 2012, lo stesso non si può dire di altri settori. Se è vero che questa è la crisi del capitalismo finanziario non ci sembra di scorgere nessun provvedimento che incida sulle rendite finanziarie. Il problema in questo caso non è solo economico, ma anche e soprattutto di prospettiva. Non si può continuare a privilegiare la cosiddetta economia "di carta" ai danni dell'economia reale (non occorre essere esperti di economia per capire che lo stop alle indicizzazioni delle pensioni si tradurrà in un ulteriore arresto ai consumi).
La completa assenza di provvedimenti tesi a fronteggiare la disoccupazione dilagante tra le fasce giovanili è disarmante. Se finalmente qualche tagli ai costi della politica viene messo in campo, la cosa che più preoccupa è che la Manovra sembra priva di un disegno complessivo teso a favorire la crescita. Se la linea è solo e soltanto quella della tenuta dei conti, ci si avvicina sul serio a quella che qualcuno ha definito "macelleria sociale". Ad ogni modo, in attesa di valutare con esattezza gli esiti dei provvedimenti speriamo solo che non si tratti dell'ennesima occasione mancata.