Dossieraggio su politici e vip, indagato finanziere dell’Antimafia. Crosetto: “Attacco alla democrazia”
"Sono certo che la Procura di Perugia procederà spedita a mia tutela, la parte offesa e del nostro sistema democratico. L'idea che qualcuno abbia potuto o possa costruire dossier non può essere accettata. Non si tratta solo di un grave fatto che oggi tocca me e che dovrebbe inquietare tutti, ma delle regole della democrazia". Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha commentato dalle pagine di Repubblica le indagini sul presunto dossieraggio illegale che un finanziere dell'Antimafia avrebbe effettuato su numerosi personaggi pubblici, tra cui molti politici, sfruttando il sistema delle Sos (Segnalazioni di operazioni finanziarie sospette).
Tra i personaggi coinvolti Crosetto, ma anche Matteo Renzi, Matteo Salvini, Rocco Casalino (portavoce di Giuseppe Conte quando guidava il governo) e anche Francesco Totti. Le indagini sono nate da una segnalazione proprio di Crosetto, nell'ottobre 2022, e oggi svolte dalla Procura di Perugia.
Cosa hanno scoperto le indagini finora
Il caso è esploso ieri, ma le indagini vanno avanti da tempo. Lo ha affermato il procuratore di Perugia Raffaele Cantone in un breve comunicato: "Da aprile l’ufficio sta proseguendo in assoluta riservatezza le indagini preliminari, che si sono ovviamente estese rispetto all’ipotesi originaria di violazione di notizie riservate in danno del ministro Crosetto. E sono già state sentite numerose persone ed esaminata una rilevante quantità di documenti". Insomma, il quadro è ben più ampio di quello inizialmente denunciato dal ministro Crosetto, che a ottobre 2022 aveva sporto querela dopo la pubblicazione sui giornali di alcuni suoi compensi legittimi.
Le indagini erano partite a Roma, ma sono state spostate a Perugia quando è emersa la possibilità che alcuni magistrati romani fossero coinvolti – anche come parte lesa. Infatti, la Direzione nazionale antimafia ha sede a Roma, e proprio qui sarebbero avvenute le presunte violazioni.
Secondo quanto ricostruito finora dalla Procura, il finanziere in questione avrebbe avuto la possibilità di approfondire i dati fiscali di qualunque personaggio pubblico. Si tratta di uno strumento, quello delle Sos (Segnalazioni di operazioni finanziarie sospette), che serve appunto per verificare se ci siano operazioni dubbie sui conti correnti. Normalmente, può essere la Banca d'Italia che segnala all'Antimafia alcune operazioni da verificare: le segnalazioni sono circa 15mila all'anno. Nel caso in cui emergano informazioni anomale, vengono trasmesse alle Procure di competenza.
L'ipotesi dossieraggio: dove finivano le informazioni private?
Il punto è che queste ricerche potevano essere fatte senza rendere conto a nessuno, a posteriori, e senza che ci fosse prima un'indicazione del magistrato responsabile. Fino all'anno scorso questo magistrato era Antonio Laudati, che non è indagato ed è stato ascoltato come testimone a Perugia. Così, il membro della Guardia di finanza poteva accedere alle banche dati della Dna – e della Finanza – per trovare dati privati sui personaggi politici in questione.
Tra i nomi identificati finora c'è sì quello di Guido Crosetto, ma anche quello di Matteo Renzi, Matteo Salvini, l'ex portavoce di Giuseppe Conte Rocco Casalino, e persino il calciatore Francesco Totti. Come si decidevano questi nomi? C'era un ente esterno che commissionava le ricerche, per poi avere i documenti privati di personaggi influenti? Questo è quanto stanno cercando di capire gli inquirenti.
Intanto l'agente indagato, Pasquale Striano, ha risposto alle domande della Procura. L'ipotesi è di accesso abusivo al sistema informatico. Striano ha sostenuto che quelle ricerche fossero parte della prassi del suo gruppo di lavoro, autorizzata dal magistrati Laudati, e senza obbligo di un rendiconto scritto se la ricerca non portava risultati giuridicamente rilevanti. Come avvenuto, ad esempio, per il ministro Crosetto, ma non solo.
La questione più ampia del rischio di compravendita di informazioni finanziarie private è nota da tempo, ai magistrati. Giovanni Melillo, attualmente responsabile dell'Antimafia, aveva chiesto che ci fossero aggiornamenti quando era a Napoli. Di recente, proprio Melillo ha fatto avere ala Procura il registri delle presunte ricerche illegali effettuate dalla Dna, cosa che ha dato una spinta alle indagini.