Dopo il Quirinale nessun rimpasto: chi vuole cambiare i ministri del governo Draghi
Il segretario del Pd Enrico Letta lo aveva detto molto chiaramente nella conferenza stampa di sabato, quella in cui commentava l'accordo raggiunto dalle forze della maggioranza per eleggere il Presidente della Repubblica Mattarella per la seconda volta: il governo Draghi uscirà rafforzato dall'esito di quest'elezione presidenziale. A proposito di un eventuale rimpasto, più volte invocato dalla Lega e da Matteo Salvini, il leader dem aveva dichiarato che per il Pd l'esecutivo può andare avanti così come è, senza modifiche nella squadra. Su questo i dem sono perfettamente allineati con Forza Italia: "Non abbiamo chiesto di cambiare alcun ministro e non intendiamo farlo", ha detto il numero due del partito Antonio Tajani, prendendo le distanza dal Carroccio: "Se poi lo chiede la Lega non ci riguarda".
Al contrario il leader del M5s Giuseppe Conte sperava di poter guadagnare qualcosa dal negoziato, pensando magari di accaparrarsi magari un ministero in più per il Movimento, o forse anche per sé stesso. Anche il ministro Giorgetti era arrivato a minacciare le dimissioni dal Mise, chiedendo quantomeno un cambio di metodo per questa nuova fase. Ma come ha spiegato una fonte di governo al Messaggero, la crisi è stata solo sfiorata: "Certo che resta ministro, i suoi malumori sono subito rientrati".
Alla fine è arrivato il presidente del Consiglio Mario Draghi a stoppare sul nascere ogni iniziativa dei partiti, lasciando intendere che non ci sarà alcun rimpasto dopo la rielezione di Mattarella. Una fonte di Palazzo Chigi ha riferito al Messaggero il pensiero del premier dopo l'inizio del Mattarella bis: "Solo se i partiti e le coalizioni sapranno sostenere l'azione del governo nel fronteggiate le tre emergenze (pandemica, economica e sociale) potranno tornare in sintonia con i cittadini e un Paese provato", che non può permettersi una campagna elettorale permanente, da ora fino alla fine della legislatura. Il governo non può insomma accettare mediazioni al ribasso e ha bisogno invece di lavorare sulle scadenze del Pnrr. Se si cambiasse anche solo un dicastero, è il ragionamento, si corre il rischio di alimentare le ambizioni dei partiti. Draghi un primo segnale lo ha dato oggi, convocando un Consiglio dei ministri, per varare nuove norme anti Covid.
Oggi il Pd conferma il suo no a eventuali sostituzioni di ministri: "Superata questa settimana, non c'è tempo da perdere in rimpasti o prove di forza interne alla maggioranza, ma bisogna proseguire con determinazione l'azione del Governo – ha ribadito Irene Tinagli, vice segretaria del Partito Democratico, in una intervista a Il Messaggero – Si tratta di non mettere a rischio la credibilità delle nostre Istituzioni sia all'estero, sia agli occhi dei cittadini. La priorità adesso è concentrarsi sul percorso di riforme e investimenti finalizzati alla realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, oltre a temi come il caro-energia, il sostegno a quei settori e alle famiglie ancora in difficoltà, e il rafforzamento del ruolo dell'Italia nel quadro europeo, soprattutto in vista della revisione del Patto di Stabilità".
Chiede invece esplicitamente un cambio nell'esecutivo Coraggio Italia: "Chiediamo la possibilità di dare un contributo politico fattivo. Coraggio Italia chiederà di entrare nel governo", ha detto l'ex M5s Emilio Carelli, vice capogruppo di Coraggio Italia alla Camera, in un'intervista a La Stampa. Sul rimpasto "Sarà il nostro leader, Luigi Brugnaro, a decidere le modalità di richiesta. Le interlocuzioni però sono già avviate. D'altronde abbiamo sempre sostenuto il Governo Draghi".