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“Dopo due anni di governo Meloni i diritti di migranti, donne e detenuti sono ancora più fragili”

Il X Rapporto sui diritti in Italia della onlus A buon diritto denuncia un forte arretramento. Dal diritto d’asilo alle condizioni carcerarie, l’analisi critica le politiche migratorie, il sovraffollamento nelle carceri, e la crescente pressione sulla libertà di espressione e stampa, rivelando un clima di incertezze e disuguaglianze in costante aumento.
A cura di Francesca Moriero
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Diciassette immagini sullo stato dei diritti e una denuncia forte: dal diritto alla libertà di espressione alla situazione carceraria, l'Italia sta attraversando una fase di arretramento. Il X Rapporto sui diritti in Italia, illustrato ieri, 15 gennaio 2025, alla Camera, dall’associazione A Buon Diritto, guidata da Luigi Manconi, offre un’analisi severa: il quadro allarmante aggravato anche da alcuni provvedimenti introdotti dal governo negli anni 2023 e 2024.

Il sistema italiano delle garanzie e dei diritti è storicamente fragile, ma oltre due anni di governo Meloni "lo hanno ulteriormente indebolito, incrementando il deficit di protezione sociale e rendendo ancora più fragili le tutele individuali" ha dichiarato in aula lo stesso Manconi.

Migranti, l'elenco dei Paesi sicuri che limita il diritto d'asilo

Il rapporto esprime forti perplessità prima di tutto sulle politiche migratorie, denunciando i decreti interministeriali che hanno aggiornato la lista dei cosiddetti “Paesi sicuri” e legittimato le procedure accelerate di frontiera introdotte con il decreto Cutro. Camilla Siliotti, rappresentante di A Buon Diritto, ha spiegato a Fanpage.it che "la cosiddetta lista dei Paesi di origine sicuri è un elenco nei quali si presume che sia garantita la tutela dei diritti umani e i cui cittadini, quindi, non avrebbero bisogno di chiedere protezione internazionale in Italia".

La lista dei Paesi di origine cosiddetti sicuri fa quindi sì che "le persone richiedenti asilo provenienti da quei Paesi che sono nella lista vadano incontro a una procedura accelerata della domanda d'asilo. I tempi di esame della domanda d'asilo sono tuttavia molto ridotti e non consentono spesso l’emersione di vulnerabilità e specificità e di tutti gli elementi utili a una valutazione completa della domanda".

Inoltre, "la procedura per chi proviene da un Paese considerato sicuro prevede l'inversione dell’onere della prova in capo alla persona richiedente asilo, che dovrà quindi dimostrare il contrario, ovvero che il Paese non è sicuro, per poter ottenere il riconoscimento della protezione internazionale. Già nel 2019, poco dopo l'uscita del primo decreto interministeriale sui cosiddetti Paesi sicuri, come A Buon Diritto abbiamo segnalato tutti i rischi di questa lista".

Tra i Paesi considerati "sicuri" sorgono anche luoghi che, pur avendo rapporti consolidati con l’Unione Europea, sono in realtà molto spesso teatro di gravi violazioni dei diritti umani, come il Bangladesh, la Tunisia, l'Egitto: "I Paesi inclusi nella lista non sono sicuri o quantomeno non lo sono per tuttз lз loro cittadinз. L'inclusione di questi Paesi nella lista comporta per le persone, che da quei Paesi provengono, una forte limitazione all’esercizio di un diritto fondamentale che è il diritto di asilo". La questione dei Paesi di origine sicuri si è recentemente intrecciata con le vicende riguardanti il cosiddetto protocollo Italia-Albania, che prevede che "proprio le persone provenienti dai Paesi considerati sicuri, soccorse in mare dalle autorità italiane, possano essere trasferite nei centri di detenzione in Albania".

Quello che preoccupa A Buon Diritto è che, come dichiara anche la stessa Siliotti "l’ampliamento dell’uso del trattenimento per le persone richiedenti asilo – che possono essere private della libertà ancora prima di essere raggiunte da un provvedimento di allontanamento – e che comporta il moltiplicarsi di strutture utilizzate per il trattenimento nelle procedure di frontiera". Si tratta di una tendenza europea, che rientra nel quadro più ampio delle politiche di esternalizzazione delle frontiere, ma che "certamente l'Italia la sta portando avanti senza accennare a fermarsi".

Gli interventi del governo contro migranti e Ong

In due anni il governo Meloni ha approvato diversi decreti che sull'immigrazione e l'asilo e tutti "in senso restrittivo dei diritti e delle garanzie delle persone in movimento, straniere e richiedenti asilo", ha precisato Siliotti. A inizio 2023 il cosiddetto decreto Piantedosi I ha introdotto "limitazioni e sanzioni nei confronti delle ONG che effettuano attività di search and rescue nel Mediterraneo". Dopo il naufragio di Cutro, è arrivato il dl "vergognosamente chiamato Decreto Cutro, che ha ristretto ulteriormente le maglie del diritto di asilo e dell’accoglienza".

Anche il cosiddetto ddl Sicurezza contiene alcune misure dagli intenti "inutilmente afflittivi", come quella sull'impossibilità di vendere schede sim e registrare contatti telefonici alle persone che non dispongono di un permesso di soggiorno, "privando così chi è già sul territorio italiano dell'unico strumento a disposizione per rimanere in contatto con la propria rete di affetti e persone". Per A Buon Diritto anche la misura che prevede il reato di rivolta nelle carceri e nei CPR e che punisce anche la resistenza passiva è da considerare "estremamente preoccupante".

Carceri, sovraffollamento e minori a rischio

Il rapporto di A Buon Diritto accende poi i riflettori anche sulla situazione delle carceri, in particolare quelle minorili: al 30 aprile 2024, sette dei 17 istituti penitenziari per minori ospitavano un numero di giovani detenuti superiore alla loro capacità. Complessivamente, nel 2023 si è registrato "un aumento della popolazione carceraria, nonostante un calo del 5,5% nei reati rispetto al 2022". Secondo A Buon Diritto, questo incremento è legato a un ampliamento delle fattispecie penali e all’inasprimento delle pene.

Le persone straniere rappresentano il 32% della popolazione detenuta, mentre "il numero di suicidi in carcere ha raggiunto livelli allarmanti": nel 2024 si sono verificati 88 suicidi, un tasso circa 18 volte superiore a quello registrato fuori dagli istituti di pena. L'ultimo suicidio risale al 7 gennaio scorso, ed è avvenuto nel carcere di S.Anna di Modena, a causa di inalazione di gas.

"Chiediamo che si torni a un trattamento più aderente alle necessità di recupero del minore, che aveva contraddistinto il nostro Paese prima dell'introduzione del decreto Caivano poi convertito in legge", dichiara Siliotti, che precisa "la centralità dell’approccio educativo ha reso infatti per molto tempo il sistema della giustizia penale minorile italiano uno dei più avanzati in Europa, ma oggi assistiamo a una vera involuzione in questo senso. Il principio-guida del superiore interesse del minore, che – come si dice – è persona in formazione, dovrebbe assicurare al minore trattamenti giuridici differenziati. Riteniamo, anche in questo caso, che siano gli strumenti alternativi al carcere quelli da portare avanti, in primis lo strumento della messa alla prova".

Donne, salute mentale e lavoro

Come emerge dai dati presenti nel capitolo sulla salute mentale, in Italia "solo il 18% del campione dichiara uno stato di pieno benessere (Flourishing)", si legge nel rapporto. Le più colpite risultano le donne che riferiscono uno stato peggiore rispetto agli uomini in tutte le fasce d’età.

Sono diversi i fattori che pesano su questo divario, ma "il più rilevante è la disparità di genere percepita nella vita quotidiana: oltre il 40% delle donne ha visto mettere in dubbio le proprie capacità per via del gender, una su 3 ha ricevuto commenti indesiderati sul proprio genere. I giovani risultano i soggetti più a rischio, e su di loro pesano l'incertezza sul futuro, la solitudine e l'immagine corporea, ma anche una maggiore sensibilità alla tematica del cambiamento climatico", aggiunge Siliotti.

Il rapporto si sofferma anche sulle difficoltà che le donne riscontrano ancora in ambito lavorativo. Attualmente, solo 9,5 milioni di donne sono occupate, contro 13 milioni di uomini. Una donna su cinque lascia il proprio lavoro dopo una gravidanza, mentre il divario salariale resta elevato, con le donne che "guadagnano in media 7.922 euro in meno rispetto agli uomini. A Buon Diritto critica l’approccio basato sui bonus, sottolineando come questi interventi temporanei non riescano a risolvere il problema del reinserimento delle madri nel mercato del lavoro".

Libertà di stampa sotto pressione

Come segnalato dall’organizzazione Reporter Sans Frontières (RSF) nel 2024 l’Italia è scesa di cinque posizioni rispetto al 2023 per quanto riguarda la libertà di stampa, e ora si trova al 46esimo posto su 180. Nel commentare questo dato, RSF segnala una "paralisi legislativa" che impedisce l’adozione di nuove norme in grado di garantire una maggiore tutela all’attività dei giornalisti, e "a questo si aggiungono i limiti che i giornalisti in Italia incontrano nell’esercizio della loro professione tra cui le numerose procedure SLAPP a cui vanno incontro e le minacce a cui ancora oggi sono sottoposti", ha raccontato Siliotti.

Proprio riguardo alla sicurezza dei cronisti, nel report 2024 RSF segnala che in Italia "i giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione sono sistematicamente minacciati e talvolta sottoposti a violenza fisica per il loro lavoro investigativo". Le loro auto o case, ha aggiunto la rappresentante dell'associazione, "vengono talvolta distrutte da incendi dolosi. Campagne di intimidazione online vengono orchestrate contro coloro che perseguono questi problemi. Una ventina di giornalisti vivono attualmente sotto protezione permanente della polizia dopo essere stati bersaglio di intimidazioni e attacchi".

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