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Donne a rischio violenze hanno diritto a status di rifugiato: la sentenza della Corte di Giustizia Ue

La Corte di Giustizia di Strasburgo con una sentenza ha stabilito che le donne che rischiano di subire violenze, se non possiedono i requisiti per ottenere lp status di rifugiato, “possono beneficiare dello status di protezione sussidiaria”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La Corte dell'Ue ha precisato le condizioni in cui le donne possono beneficiare della protezione internazionale. "Le donne, nel loro insieme, possono essere considerate come appartenenti a un gruppo sociale ai sensi della direttiva 2011/95 e beneficiare dello status di rifugiato qualora siano soddisfatte le condizioni previste da tale direttiva. E quanto avviene quando, nel loro Paese d'origine, sono esposte, a causa del loro sesso, a violenze fisiche o mentali, incluse le violenze sessuali e domestiche. Qualora le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato non siano soddisfatte, esse possono beneficiare dello status di protezione sussidiaria, in particolare se corrono un rischio effettivo di essere uccise o di subire violenze", si legge in una nota.

Cosa è la protezione sussidiaria

La protezione sussidiaria è un'altra forma di protezione internazionale, prevista dall’Unione europea e recepita dal diritto italiano, che ha durata di 5 anni, rinnovabile. Si tratta di una protezione che viene riconosciuta a chi non rientri nella definizione di rifugiato. Una norma del 2007 definisce il titolare di protezione sussidiaria come una persona: "nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, […] correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese" (Decreto legislativo 251/2007)

Il caso della cittadina turca, a rischio di violenza nel suo Paese

La Corte di Giustizia Ue comunica in una nota che una cittadina turca, di origine curda, di confessione musulmana e divorziata, che denuncia di essere stata costretta a sposarsi dalla sua famiglia, e poi picchiata e minacciata dal marito, temendo per la propria vita se fosse dovuta tornare in Turchia, ha presentato una domanda di protezione internazionale in Bulgaria. Il giudice bulgaro investito della causa ha deciso di sottoporre alcune questioni alla Corte di giustizia.

Viene così sottolineato che la direttiva 2011/951 stabilisce le condizioni per il riconoscimento, da un lato, dello status di rifugiato e, dall'altro, della protezione sussidiaria di cui possono beneficiare i cittadini di paesi terzi. Lo status di rifugiato è previsto in caso di persecuzione di qualunque cittadino di un paese terzo per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale.

La protezione sussidiaria, invece, è prevista per qualunque cittadino di un paese terzo che non possieda i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se fosse rinviato nel paese di origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, il che include l'essere giustiziato e trattamenti inumani o degradanti.

La Corte giudica che la direttiva deve essere interpretata nel rispetto della Convenzione di Istanbul, che vincola l'Unione europea e riconosce la violenza contro le donne basata sul genere come una forma di persecuzione.

Inoltre, la Corte rileva che le donne, nel loro insieme, possono essere considerate come appartenenti a un gruppo sociale ai sensi della direttiva 2011/95. Di conseguenza, esse possono beneficiare dello status di rifugiato quando, nel loro paese d'origine, sono esposte, a causa del loro sesso, a violenze fisiche o mentali, incluse le violenze sessuali e domestiche.

Qualora quindi le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato non siano soddisfatte, esse possono beneficiare della protezione sussidiaria, anche in caso di minaccia effettiva di essere uccise o di subire atti di violenza da parte di un membro della loro famiglia o della loro comunità, a causa della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali.

Le reazioni

"Una sentenza molto importante quella della Corte di giustizia europea che riconosce alle donne vittime di violenze il diritto alla protezione internazionale sussidiaria e perciò allo status di rifugiate. Una decisione che si colloca pienamente nell'alveo della Convenzione di Istanbul e che annovera dunque la violenza basata sul genere come una forma di persecuzione", ha commentato la senatrice del Pd Cecilia D'Elia, vicepresidente della Commissione Femminicidio. "È un altro atto che riconosce i caratteri sistemici e culturali della violenza e che consente al diritto internazionale e al riconoscimento del rischio che le donne corrono di fare un passo in avanti molto importante".

"La sentenza della Corte di Giustizia Europea sulle donne vittime di violenza domestica, resa nota oggi, segna un passo avanti fondamentale nel contrasto alla violenza maschile sulle donne, perché conferma che si tratta di un fenomeno sociale e culturale, radicato, non di una cosa che riguarda singole persone", ha dichiarato Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro della segreteria nazionale del Partito Democratico.

"Con esplicito riferimento alla Convenzione di Istanbul, la Corte riconosce infatti la violenza contro le donne basata sul genere come una forma di persecuzione. E da ciò fa discendere importanti conseguenze per il riconoscimento della protezione internazionale di donne che ne sono vittime. Quando fuggono da un paese in cui, come gruppo sociale e cioè proprio a causa del loro sesso, sono esposte a violenze fisiche o mentali, incluse le violenze sessuali e domestiche, devono poter beneficiare dello status di rifugiate. Ma anche quando corrono singolarmente rischi di essere uccise o di subire atti di violenza da parte di un membro della loro famiglia o della loro comunità, a causa della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali e quindi proprio per le ragioni che in ogni parte del mondo connotano la violenza degli uomini nei confronti delle donne, hanno diritto a una forma sussidiaria di protezione", ha aggiunto.

"Dalla Corte di Giustizia europea arriva una sentenza-svolta: è fondamentale, infatti, riconoscere la pervasività e l’estensione della violenza fisica, mentale e sessuale contro le donne a causa del loro essere donne e ricorrere alla più ampia protezione. La Corte, ammettendo che le donne oggetto di violenze possono beneficiare dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, fa un passo verso una lotta piena contro questo fenomeno che deve diventare un tabù per la società, come lo è l’incesto", ha detto la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera Luana Zanella.

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