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Dl Liste d’attesa, medici in allarme: “Governo non tolga fondi a sanità pubblica per darli ai privati”

La prossima settimana arriverà in Cdm un decreto per tagliare le liste d’attesa. Il timore dei medici, però, è che i soldi per queste misure – che andranno anche ai privati accreditati – vengano tolti dal Fondo sanitario nazionale. L’intervista di Pierino Di Silverio, segretario del sindacato Anaao-Assomed, a Fanpage.it.
A cura di Luca Pons
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Da giorni circola una bozza del decreto che dovrebbe intervenire sulle liste d'attesa, annunciato da tempo dal ministro della Salute Orazio Schillaci e atteso la prossima settimana al Consiglio dei ministri. Pierino Di Silverio, segretario del sindacato dei medici Anaao-Assomed, ha spiegato a Fanpage.it perché alcune delle misure nel dl potrebbero essere un buon primo passo, ma perché si rischia anche che, se il governo non troverà dei soldi da dedicare alla misura, potrebbe rivelarsi una "beffa" oltre al "danno".

Il rischio è che il governo Meloni, per varare le misure che dovrebbero accorciare le lista d'attesa, tolga altri soldi al Fondo sanitario nazionale?

Sì, questa è la nostra prima preoccupazione. Nella bozza non è indicato quali siano le coperture. Il testo potrebbe essere positivo per i professionisti, partendo da un taglio delle tasse per il lavoro straordinario, che dovrebbe essere il primo passo (auspichiamo) per arrivare poi a defiscalizzare il lavoro ordinario, come chiediamo ormai da un anno. Ma ci auguriamo che per farlo trovino dei soldi aggiuntivi.

Cosa succederebbe se invece i soldi venissero dal Fondo?

Significa che inevitabilmente si dovrà provvedere a tagliare da qualche altra parte. E nuovi tagli non sono immaginabili: siamo già in una situazione in cui servirebbero investimenti ulteriori. Sarebbe una beffa oltre al danno. Anche perché si prenderebbero 410 milioni di euro in più da dare alla sanità privata accreditata. Questo è l'altro tema: capire che ruolo avranno i privati accreditati. A me interessa che sia implementato il servizio del sistema sanitario pubblico di cure, la "gamba principale" del sistema. Quella privata accreditata dovrebbe essere la "seconda gamba" della sanità, che si limita a contribuire, laddove non ce la si fa con quella pubblica, ma con regole precise e uguali per tutti: chi non contribuisce, perde l'accreditamento.

Ci sono delle norme che aspettavate in questo decreto ma poi – a quanto risulta dalla bozza – non sono arrivate?

Ci sono misure che sicuramente potrebbero aiutare, e che oggi non ci sono per ovvie ragioni economiche, ad esempio sull'appetibilità della professione e sulla riorganizzazione delle cure territoriali ospedaliere. Il problema è che le liste d'attesa sono solo un sintomo, non la causa.

Sintomo di che cosa?

Del fatto che la accessibilità alle cure è difficoltosa per alcuni cittadini. E perché lo è? Per tre ragioni: una è che mancano i posti, le infrastrutture. Mi riferisco, per esempio, agli strumenti diagnostici che sono in numero inferiore a quanto dovrebbero essere, alle strutture ambulatoriali, e così via. Due: manca il personale, perché se non ho medici non posso curare, e se non posso curare creo le liste d'attesa. E tre: organizzazione.

In che senso?

Se io non ho un controllo delle prenotazioni, con la possibilità di smistarle in vari centri e tra i vari professionisti, il fenomeno delle liste d'attesa deriva in parte anche da un problema organizzativo, che non coinvolge soltanto gli ospedali. Il paziente quando si va a prenotare un'ecografia deve essere seguito, al punto tale da poter anche stabilire prima se non è necessaria. Così si riduce il numero di richieste, e si riducono le liste d'attesa. È il concetto di presa in cura del paziente che deve cambiare: questo nel decreto non c'è, dovrebbe far parte di una grande riforma che mette insieme medicina del territorio, medicina ospedaliera e presa in cura del paziente.

Un provvedimento che giudicate positivo, nel decreto, è che dal 2025 dovrebbero essere aboliti i tetti di spesa per l'assunzione del personale. 

Sì, anche se non possiamo basarci sugli attuali fabbisogni regionali stabiliti dall'Agenas [Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ndr] che sono sperimentali. I fabbisogni dal punto di vista del personale sanitario devono essere rivisti, e su questo ci stiamo muovendo anche con l'aiuto delle parti sociali. Detto ciò, se il decreto dovesse arrivare così come la bozza indica, dal 2025 ci sarà un abbattimento definitivo dei tetti di spesa. Questo sarebbe un grande passo avanti.

Pensate ci sia il rischio che il decreto venga annunciato sotto elezioni, per poi cadere nel vuoto?

Se così fosse, sarebbe un autogol a medio termine. Non varare, in periodo di campagna elettorale, un decreto che almeno in parte viene incontro alle richieste dei professionisti sarebbe segno di una miopia politica che non posso immaginare. Piuttosto, come dicevo, vedo un serio rischio rispetto alla copertura economica. Non so se il ministero dell'Economia farà passare una mole di investimenti di questo tipo, soprattutto se si ricercano risorse aggiuntive, quando nella scorsa finanziaria ha parlato di lacrime e sangue. Restiamo in vigile attesa.

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