Dl Liste d’attesa in Senato, slitta l’esame: perché le Regioni sono contrarie e come cambia il testo
L'Aula del Senato oggi doveva essere impegnata nell'esame del Dl sulle liste d'attesa. La seduta, che doveva partire questa mattina, è stata sospesa dopo che dal presidente della commissione Affari sociali e sanità, Francesco Zaffini (FdI), è arrivata la richiesta di far slittare a domani l'esame del provvedimento.
La sospensione è avvenuta dopo diversi interventi sull'iter del decreto sulla sanità e sul nodo che ha sollevato le perplessità della Conferenza delle Regioni, che ha portato alla formulazione di emendamenti da parte del relatore. Il braccio di ferro è legato in particolare all'articolo 2 che prevede, nella versione originale, "un Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria che ha il compito di vigilare e svolgere verifiche presso le aziende sanitarie locali e ospedaliere e presso gli erogatori privati accreditati" rispetto al quale le Regioni ritenevano "imprescindibile lo stralcio". Secondo la Conferenza delle Regioni, sentita da Fanpage.it, la norma in questione invadeva le prerogative regionali e non rispettava l'autonomia delle Regioni.
Le ultime modifiche apportate al testo con un emendamento, prevedono che i controlli sulle Asl restino alle Regioni ma che in caso di inadempienze si attivi il potere sostitutivo dello Stato. Altro elemento l'istituzione da parte delle Regioni di un Responsabile unico dell'assistenza sanitaria regionale (Ruas) che dovrà monitorare i tempi nelle aziende sanitarie e segnalare eventuali problematiche.
La riformulazione predisposta dal governo è stata recepita in un emendamento del relatore Ignazio Zullo. Secondo quanto prevede la modifica, non sarà più quindi il cosiddetto Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, del ministero, ad effettuare le verifiche nelle Regioni ma i Ruas. Dal testo, visionato da LaPresse, viene soppresso il comma 2 dell'articolo 2.
Le verifiche su base regionale sono nel nuovo testo in carico alla figura del Responsabile unico regionale dell'assistenza sanitaria (Ruas), come si legge nel comma 5: "Il Ruas è responsabile in ordine al rispetto dei criteri di efficienza nella erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste di attesa e dei piani operativi per il recupero delle liste medesime nonché dell'attuazione e del raggiungimento degli obiettivi contenuti nel Piano regionale sulle liste d'attesa e provvede al controllo sull'avvenuto adempimento. Il Ruas verifica i volumi, i tempi di attesa e ogni altro dato necessario al monitoraggio da effettuare ai sensi del primo periodo e segnala le strutture che non rispettano i predetti termini per le finalità di cui al presente comma della presente legge in tema di regolazione contrattuale degli erogatori".
Resta il comma 1 dell'art.2 che prevede la creazione dell'"Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria", e quest'ultimo "in caso di mancata individuazione del Ruas entro il termine di cui al primo periodo del comma 5 o nel caso di ripetute inadempienze rispetto agli obiettivi di cui al presente decreto" può "esercitare i poteri sostitutivi in relazione ai compiti affidati, ai sensi del presente decreto, alle Regioni e al Ruas".
Le altre novità del decreto Liste d'attesa
All'articolo uno si parla dell'istituzione presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari della Piattaforma nazionale delle liste di attesa, che servirà a realizzare l'interoperabilità con le piattaforme delle liste di attesa relative a ciascuna Regione. L'articolo 3 riguarda "Disposizioni per l’implementazione del sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie". In questo caso vengono disciplinate le caratteristiche e le attività dei CUP di prenotazione regionali e infra-regionali, "promuovendone l’interoperabilità con i centri di prenotazione degli erogatori privati accreditati". Anche in questo caso, come per l'articolo 1, si specifica che "Dall’attuazione delle disposizioni non derivano nuovi oneri a carico della finanza pubblica".
Un punto controverso, perché giudicato dalle Regioni troppo fumoso e "privo di reale efficacia", è quello che riguarda l'articolo 5, e cioè il ‘Superamento del tetto di spesa per l’assunzione di personale del Servizio sanitario nazionale'. In questo caso la norma, al comma 1, recita:
A decorrere dall’anno 2024 e fino alla data di adozione dei decreti di cui al comma 2, i valori della spesa per il personale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni autorizzati per l’anno 2023 ai sensi dell’articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, con legge 25 giugno 2019, n. 60, sono incrementati annualmente a livello regionale, nell’ambito del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, del 10 per cento dell’incremento del fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente e, su richiesta della regione, di un ulteriore importo sino al 5 per cento del predetto incremento, per un importo complessivo fino al 15 per cento del medesimo incremento del fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente, fermo restando il rispetto dell’equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale, e compatibilmente con la programmazione regionale in materia di assunzioni. Il predetto incremento della misura massima del 5 per cento è autorizzato previa verifica della congruità delle misure compensative della maggiore spesa di personale con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 2 dello stesso articolo, a decorrere dall’anno 2025, demanda a uno o più decreti del ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’Economia, previa intesa in sede di Conferenza Stato Regioni, la definizione di una metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del Ssn, ai fini della determinazione della spesa per il personale delle aziende e degli enti del Ssn delle Regioni, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e fermo restando il rispetto dell’equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale. Le Regioni, sulla base di questa metodologia, predispongono il piano dei fabbisogni triennali per il servizio sanitario regionale, che sono approvati con decreto del ministro della Salute, di concerto con il Mef, previa intesa in sede di Conferenza Stato Regioni.
I dubbi delle Regioni sul decreto Liste d'attesa restano
Oltre al già citato articolo 2, un altro problema sollevato dalla Conferenza delle Regioni, sicuramente non secondario, è quello delle copertura. Il decreto infatti, così come è, è a invarianza di spesa. Significa che non sono previste risorse aggiuntive per la l'assunzione del personale, unica via per smaltire davvero le liste d'attesa nel pubblico. "Non ci sono risorse in questo decreto, al contrario di quanto affermato dal ministero, anche per provvedimenti giusti che si trovano al suo interno, come le piattaforme nazionali digitali o la defiscalizzazione dell'attività aggiuntiva dei professionisti, misure che però sono prive di risorse finanziarie", sottolinea in un'intervista a Fanpage.it Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute in sede di Conferenza delle Regioni, dicendosi favorevole all'articolo 7 sul decreto, quello sull'Imposta sostitutiva sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario.
"Bene per tutte le Regioni che sia cambiato l'articolo 2 del decreto sulle liste d'attesa", quello sull'organismo di controllo diretto sulle Asl mentre "sull'efficacia del decreto" per molte Regioni "persistono criticità", spiega oggi all'Ansa Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute in sede di Conferenza delle Regioni e assessore alla Sanità in Emilia-Romagna al termine della riunione della Commissione stessa. I rapporti si distendono, dunque, visto che viene meno l'ipotesi di "ricorso alla Corte costituzionale" che era stato anticipato dalle Regioni stesse proprio sull'articolo 2.
"Abbiamo preso atto che il governo è disponibile a fare retromarcia sull'articolo 2 del decreto liste d'attesa" che "noi avevamo denunciato come una lesione dell'autonomia regionale, per la quale ci saremmo riservati di fare un ricorso alla Corte costituzionale", spiega Donini. Tutte le Regioni hanno "apprezzato" questo cambiamento. "Certamente", aggiunge, per molte Regioni anche se non tutte, "restano sullo sfondo ampie criticità per quanto riguarda l'efficacia del decreto". Perché mancano "risorse aggiuntive" e perché "non prevede ancora una proposta sull'appropriatezza delle prestazioni e sulla riorganizzazione della sanità territoriale", materie che "viaggeranno nel disegno di legge".
"Pensiamo – sottolinea Donini – che sia importante e urgente lavorare insieme al ministero" su questi due punti: "appropriatezza delle prestazioni e riorganizzazione della medicina territoriale. Almeno però è stato tolto di mezzo l'ingombro che ci avrebbe visto ricorrere alla Corte costituzionale.
Quando arriva il decreto Liste d'attesa in Aula
La decisione di convocare la Capigruppo e riprendere la seduta al termine, intorno alle 16, è stata presa dopo che il presidente della Commissione, Francesco Zaffini (FdI), ha riferito che l'accordo c'è e una volta arrivati i testi, l'esame del decreto potrà approdare domani in Assemblea. La maggioranza punta a chiudere il provvedimento in Commissione entro stasera, visto che ha già ricevuto i pareri del Mef sulle ultime modifiche introdotte al testo. La Commissione Affari Sociali del Senato comincerà a votare le proposte di modifica al decreto Liste d'attesa per la sanità alle 17.
Il capogruppo del M5S Stefano Patuanelli accusa, parlando di "incapacità del governo che non riesce a dare i pareri per un testo che continua a dividere anche la stessa maggioranza".
"Non so cosa stia accadendo adesso nella conferenza delle Regioni e se si è aperto un improbabile suq nella maggioranza – dice il capogruppo Pd Francesco Boccia, che questa mattina è intervenuto anche in conferenza stampa con la leader del Pd Elly Schlein – ma una cosa posso garantire: che le Regioni nella loro interezza e la Conferenza all'unanimità, se il governo non torna indietro, non potrà che essere unita contro una forzatura che è sotto gli occhi di tutti e che contestiamo. Mi auguro che i colleghi della commissione possano mettere l'Aula in condizioni di fare una discussione seria che si aspetta da 21 mesi".
Per Tino Magni di Avs, con il decreto "la propaganda cozza con la realtà", perché "è stato annunciato prima delle elezioni qualcosa che nel testo non c'era, ovvero che si potevano superare i tetti di spesa". Mentre Enrico Borghi di Iv stigmatizza l'assenza del governo: "Dov'è il ministro Schillaci?" e attacca: "I decreti del governo cadono sugli scogli della realtà è quello che sta accadendo in questi minuti".