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Dl Aiuti bis, via tetto stipendi manager pubblici, da Palazzo Chigi “disappunto”, Pd sul piede di guerra

Un emendamento al decreto Aiuti bis, approvato oggi al Senato, scatena polemiche: la norma, proposta da Forza Italia, elimina il tetto finora fissato a 240mila agli stipendi dei dirigenti pubblici. Rimpallo di responsabilità tra governo e partiti.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'approvazione del decreto Aiuti bis in Senato, che ha sbloccato uno stanziamento di 17 miliardi per famiglie e imprese contro il caro energia e che ora dovrà passare alla Camera per il via libera definitivo, crea fibrillazione tra i partiti, in particolare per una modifica arrivata con un emendamento, relativo agli stipendi dei manager della Pa, di cui nessuno sembra voglia assumersi la responsabilità.

La nuova norma, in alcuni casi espressamente previsti, ha fatto saltare il tetto finora fissato a 240mila agli stipendi dei dirigenti pubblici. L'emendamento in questione, a prima firma Forza Italia, poi riformulato dal governo e approvato appunto durante l'esame al Senato del decreto Aiuti bis – la modifica è stata votata in commissione, prima dell'approdo in Aula, da tutti, mentre in Aula si sono poi astenuti invece Fdi, Lega ed M5s – consente un "trattamento economico accessorio", anche in deroga al tetto di 240mila euro previsti per i manager pubblici, per le figure apicali delle forze dell'ordine, delle forze armate e della Pa.

La deroga riguarda il Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, al Comandante generale della Guardia di finanza e al Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al Capo di stato maggiore della difesa, ai Capi di stato maggiore di Forza armata, al Comandante del comando operativo di vertice interforze, al Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, ai Capi Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Capi Dipartimento dei ministeri, al Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Segretari generali dei ministeri. Per ciascuno il trattamento economico è determinato "nel limite massimo delle disponibilità del fondo" determinato con decreto del presidente del Consiglio su proposta del ministro dell'Economia.

La reazione dei partiti

La modifica al decreto, grazie a cui si elimina in parte il tetto massimo agli stipendi dei manager (limite introdotto dal governo Renzi) è un giallo. Da Palazzo Chigi filtra "disappunto" per una norma ritenuta piena responsabilità del Parlamento: per l'esecutivo si tratta di una "dinamica squisitamente parlamentare", frutto appunto di una intesa tra le forze politiche. Ma i partiti, Partito Democratico in testa, puntano il dito contro il Mef che sarebbe, secondo questa lettura, l'artefice della riformulazione. Il ministero sua volta si difende, facendo sapere di aver dato solo un contributo tecnico sulle coperture: si tratterebbe di un emendamento parlamentare, si spiega da via XX Settembre, per la cui attuazione comunque è necessario un provvedimento successivo.

"Siamo molto soddisfatti dell'approvazione del dl aiuti bis. Purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal Mef, come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo e che elimina il tetto dei 240mila euro agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della pubblica amministrazione. Pertanto presenteremo alla Camera un ordine del giorno al dl aiuti bis, impegnando il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl aiuti ter", hanno commentato Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, presidenti dei gruppi Pd.

"In Italia ci sono sempre le manine famose, è stato un errore, noi siamo per toglierlo. Le nostre capogruppo hanno subito preso posizione, siamo contro del reinserimento e siamo favorevoli a togliere subito quella norma. Pare che anche Draghi sia molto arrabbiato. Cercheremo di capire cosa è successo. Oltretutto era un dl aiuti, e che in un decreto di questo genere si tolga il tetto dei 240mila euro… Oltre al merito, anche il veicolo è pessimo". Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, a Cartabianca, su Rai3.

Quello sugli stipendi dei manager pubblici "è un tetto che avevo messo io", ha detto Matteo Renzi. "Oggi il governo ha fatto una riformulazione di un emendamento e non avevamo alternative" per impedirlo "per evitare che saltasse tutto", cioè l'approvazione da parte del Senato del decreto Aiuti bis. "Spero si torni al ‘tetto Renzi' di 240mila euro: non mi sembra un'idea geniale aumentare adesso gli stipendi ai massimi dirigenti, ma non potevamo che votare il decreto altrimenti saltavano 17 miliardi di aiuti, ma il tetto a 240mila euro mi sembrava molto più serio di quanto è stato deciso oggi". 

"Italia Viva è contraria alla rimozione del tetto agli stipendi dei manager della Pa che era stato voluto dal governo Renzi: no a passi indietro. Si tratta di un emendamento di Forza Italia mai discusso tra le forze parlamentari e inserito con un blitz. La deroga al tetto di 240mila euro per gli stipendi dei dirigenti pubblici non la condividiamo ed aver approfittato del caos generato dalla necessità di approvare in fretta un provvedimento così importante per gli italiani come il dl aiuti la reputiamo una grave scorrettezza. In aula siamo stati costretti a votare altrimenti sarebbero saltati gli aiuti per le famiglie e le imprese. Sarà necessario e sarà nostro impegno porre rimedio subito agli effetti di questo emendamento da cui lo stesso governo prende ora e giustamente le distanze", ha commentato in una nota il presidente dei senatori di Italia Viva Davide Faraone.

Il leader pentastellato Giuseppe Conte è intervenuto su Facebook: "Per mesi nessuno ha appoggiato la nostra proposta per alzare gli stipendi a chi prende 3 o 4 euro l'ora con il salario minimo. Ora infilano in un decreto per aiuti a famiglie e imprese un intervento per togliere il tetto ai megastipendi dei dirigenti di Stato. Tutto con la compiacenza del governo e il voto favorevole di Forza Italia, Pd e Italia Viva. Questo Paese è sottosopra".

"Chi ha votato quella norma ha mai parlato con famiglie che non arrivano a metà mese, con gli imprenditori che sono in ginocchio? Ma un po' di senso del pudore, no?", ha aggiunto il presidente M5s.

"Non ci sono scuse, il governo trovi il modo di reintrodurre il tetto agli stipendi pubblici. Ma non si fermi lì, per rispetto per tutti gli italiani che stanno soffrendo in questi mesi di difficoltà, individui prima del 25 settembre il genio che ha scritto questa norma e lo metta a fare cose meno dannose", ha scritto su Twitter Nicola Fratoianni dell'Alleanza Verdi Sinistra.

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