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Opinioni

Gli auguri di buon anno di Giuseppe Di Vittorio, fondatore della Cgil, sembrano scritti oggi

Sono passati 70 anni da questo augurio di fine anno di Giuseppe Di Vittorio, antifascista e sindacalista, fondatore della Cgil. Il discorso sembra scritto oggi: lotta alla disoccupazione, riforma del welfare, aiuto alle famiglie povere. “Potevamo fare di più”, si chiede? Sicuramente. Alla fine, un appello che vale allora come oggi, preservare all’Italia ed al mondo il bene supremo dell’uomo: la pace.
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Era il 30 dicembre 1950. Gli indici economici italiani a fine anno avrebbero considerato «conclusa» la fase della ricostruzione post-bellica in Italia. Il fascismo era ancora nell'aria, pesante come piombo. Le lotte operaie e contadine da Sud a Nord, lasciavano a terra morti e feriti. L'anno era iniziato con 6 operai uccisi durante una manifestazione sindacale alle Fonderie Riunite di Modena; la primavera era stata infiammata dall'occupazione delle terre incolte da parte dei contadini in Lombardia, Emilia, Lazio, Marche.

Giuseppe Di Vittorio , il sindacalista-bracciante, uscito dai campi della Puglia per guidare il più grande sindacato italiano, la Cgil, non prima di essere stato perseguitato e imprigionato dalla dittatura fascista, invia a tutti i «compagni ed amici lavoratori d’Italia» il suo saluto di fine anno. È il 1950, sono passati 70 anni. Ma quelle parole sembrano scritte oggi, attuali e gravi, ci raccontano di un Paese lacerato, pieno di disoccupati, in attesa di una riforma della previdenza sociale.

Dove siamo andati e dove siamo oggi? Antonio Gramsci scriveva «io odio il Capodanno» nel 1916, precisando « Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno»; Giuseppe Di Vittorio nel discorso pubblicato sull'Unità, recuperato grazie all'Archivio Cgil e a coloro che ne tengono viva la memoria, invece guarda al presente – il suo ruolo lo impone – e non privo di autocritica si chiede «Potevamo fare di più?».

Veniamo al nostro, di presente. Oggi la scala mobile non esiste più, la prospettiva della pensione da lavoro per molti precari è una battuta da cabaret. Ma in alcune parti il discorso del segretario Di Vittorio vola altissimo: egli ha visto e patito sulla sua pelle la furia della dittatura e l'oppressione dei "padroni": «Vogliamo liberare i giovani italiani dalla sfiducia e dallo scetticismo, determinati specialmente dalla quasi impossibilità di sistemazioni che utilizzino le loro fresche energie fisiche ed intellettuali», dice.
Val la pena di rileggerlo, con occhio sicuramente critico ma con la consapevolezza di una enorme figura politico-sindacale che ha rappresentato un momento importante per il nostro Paese.

Nell’anno decorso, in una situazione economica praticamente stagnante ed in una situazione generale aggravata, la vostra grande Confederazione unitaria, forte dei suoi cinque milioni di iscritti, si è battuta strenuamente, per difendere e migliorare le vostre condizioni di vita economiche e morali, per difendere il vostro lavoro, per combattere la piaga della disoccupazione, per esercitare la sua funzione di stimolo attivo allo sviluppo economico ed al progresso sociale dell’Italia, per conquistare la maggiore tranquillità possibile per le vostre famiglie.

Pur avendo la coscienza di aver compiuto con tenacia ed ardore il proprio dovere, e di aver conseguito notevoli successi, la Cgil è consapevole di essere riuscita soltanto in minima parte a realizzare le vostre giuste speranze e le vostre legittime rivendicazioni.

Alla chiusura dell’annata ci si può chiedere: poteva la Cgil fare di più? Non lo escludiamo. Perché la Cgil possa difendere con crescente efficacia il pane ed i diritti di tutta la gente onesta italiana, che vive del proprio lavoro, essa ha bisogno del vostro aiuto e dei vostri consigli, compagni e fratelli lavoratori d’Italia!

Venite tutti nella Cgil, aiutatela a divenire sempre più numerosa, più forte, più efficiente e la vostra grande organizzazione unitaria potrà realizzare i vostri obiettivi fondamentali di giustizia sociale, di benessere economico e culturale, di risanamento e di sviluppo industriale ed agricolo dell’Italia, di libertà e di pace!

Purtroppo l’orizzonte dell’anno che sorge è offuscato dalle minacce di guerra che si moltiplicano e si aggravano sul mondo. Nemmeno durante la tradizionale tregua natalizia ha voluto tacere la triste propaganda di odio e di guerra. Ma i popoli, tutti i popoli, vogliono la pace; ed i lavoratori sono dovunque all’avanguardia delle forze di pace.

Di fronte a coloro che vogliono ad ogni costo dividere il mondo in due blocchi nemici, per portarli a massacrarsi a vicenda – e che sulla stessa base vorrebbero dividere gli italiani – noi riaffermiamo l’esigenza suprema dell’unità del popolo italiano, della solidarietà internazionale dei lavoratori e della pace del mondo, nell’indipendenza di tutti i popoli, nella libera convivenza di tutte le razze e di tutti i sistemi sociali e politici, in pacifica ed amichevole emulazione fra di loro, affinché l’intera umanità sia libera, prospera e felice.

Nell’anno che nasce la Cgil si propone di affrontare ed avviare a soluzione i problemi che maggiormente angosciano il popolo lavoratore.

Vogliamo assestare un colpo serio alla disoccupazione permanente ed alla miseria endemica di cui soffrono milioni di famiglie italiane, assorbendo i disoccupati in lavori produttivi che permettano di sviluppare l’economia, di aumentare la ricchezza nazionale, di elevare il livello di vita del popolo, nella linea del Piano del lavoro proposto dalla Cgil. Il che esige un aumento notevole degli investimenti produttivi, riducendo quelli che non lo sono.

Vogliamo adeguare sempre più i salari e gli stipendi dei lavoratori alle esigenze di una vita degna e civile; intensificare la lotta contro l’aumento dei prezzi e garantire un retto funzionamento della scala mobile.

Vogliamo che sia finalmente realizzata la riforma della previdenza sociale, per migliorare l’assistenza e le prestazioni ai lavoratori ammalati e infortunati, e soprattutto per porre un termine alla grande intollerabile miseria dei pensionati e di garantire ai vecchi lavoratori ed alle vecchie lavoratrici, una vita degna del dovere sociale compiuto.

Vogliamo liberare i giovani italiani dalla sfiducia e dallo scetticismo, determinati specialmente dalla quasi impossibilità di sistemazioni che utilizzino le loro fresche energie fisiche ed intellettuali. Vogliamo aprire alla gioventù italiana una prospettiva di lavoro e di sviluppo che ridesti in essa la fiducia e l’entusiasmo e le faccia sentire la gioia di vivere una vita operosa ed onesta.

Uniamoci tutti, amici e compagni di lavoro, ed operiamo uniti nel 1951, per la concordia fra gli italiani, per il benessere del popolo, per lo sviluppo delle libertà democratiche, per preservare all’Italia ed al mondo il bene supremo dell’uomo: la pace.

Buon anno a tutti voi, fratelli lavoratori d’Italia!

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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