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Diritto alla casa, Emily Clancy a Fanpage: “Dal governo tagli ai fondi e nessun sostegno”

Tra caro affitti, carenza di alloggi e l’assenza di un piano nazionale, l’emergenza abitativa è diventata a tutti gli effetti un problema strutturale in Italia. Ne abbiamo parlato con Emily Clancy, vicesindaca di Bologna, che oggi parteciperà al sit-in per il diritto alla casa, organizzato da sindaci e assessori davanti al Parlamento.
A cura di Giulia Casula
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Per tanti anni la casa è rimasta ai margini dell'agenda politica e ora l‘emergenza abitativa è diventata a tutti gli effetti un problema strutturale nel nostro Paese.

Per questo motivo oggi, una folta schiera di sindaci e assessori delle principali città italiane si riunirà davanti al Parlamento per rinnovare la richiesta di un piano nazionale che garantisca il diritto alla casa.

Dagli anni Novanta in poi, dopo l'abolizione del Gescal, il fondo per la costruzione e assegnazione di case ai lavoratori, i finanziamenti strutturali destinati alle abitazioni sono andati via via scomparendo. Come ha spiegato a Fanpage.it, la vicesindaca di Bologna Emily Clancy "c'è stata solo qualche episodico fondo per il ripristino dell'edilizia residenziale popolare, ma niente più".

Con il governo Meloni poi, sia il Fondo morosità incolpevole nazionale che il contributo affitti, le ultime misure di sostegno al diritto alla casa sono state abolite. "I comuni, soprattutto quelli ad alta tensione abitativa stanno in qualche modo rispondendo a decenni di disinvestimento sul diritto alla casa, cercando di invertire questa tendenza perché vivono la crisi abitativa sulla propria pelle", spiega Clancy.

In tante città infatti, il prezzo degli affitti negli ultimi anni è salito esponenzialmente. E i fattori sono diversi: dall'incremento degli affitti brevi turistici, all'aumento della popolazione residente nelle città universitarie e più attrattive, assieme a una sostanziale carenza di fondi per il diritto alla casa. "Bologna fino a qualche anno fa, vendeva il proprio patrimonio di edilizia residenziale pubblica perché non aveva i fondi per mantenerlo. La soluzione era venderne una parte per avere i soldi per ristrutturare il resto", prosegue Clancy.

Di conseguenza il patrimonio abitativo delle città negli anni è diminuito. A questo si aggiunge il fatto che in Italia non esiste una politica pubblica comune sulla casa. Ad esempio, ci spiega la vicesindaca, attualmente ogni Regione dispone di una propria legge di accesso all'edilizia residenziale popolare, incluse le province di Trento e Bolzano.

"Abbiamo ventuno sistemi diversi di accesso a un diritto fondamentale come il diritto alla casa e non abbiamo finanziamenti strutturali per la manutenzione del patrimonio di edilizia residenziale popolare", osserva Clancy. Per queste ragioni i sindaci chiedono "una legge quadro che ci permetta di considerare il diritto alla casa come un livello essenziale delle prestazioni sociali".

Ma se il sistema edilizia residenziale pubblico (Erp) è "rivolto alla parte più fragile della nostra popolazione", dall'altra parte "esiste una fascia di redditi medi che fino a pochi anni fa non aveva problemi abitativi e che invece adesso, pur lavorando e avendo un reddito, non riesce a pagare gli attuali costi di affitto sul mercato", precisa la vicesindaca.

"Abbiamo bisogno anche di una nuova offerta di edilizia sociale e di ristrutturare i patrimoni sfitti nelle nostre città e metterli a disposizione di agenzie pubbliche per la casa". Quali sono le proposte che arrivano dai sindaci? "Una legge quadro come detto, ma anche l'assegnazione gratuita ai comuni di immobile o aree di dismesse statali", risponde Clancy.

Sono infatti parecchie le aree dismesse o i patrimoni immobiliari inutilizzati di enti anche statali o parastatali, come Inps o Inpdap, dislocati in tutta Italia. "Se fossero assegnati gratuitamente ai Comuni, anziché costringerli al paradosso di doverseli ricomprare, potrebbero essere ristrutturati con dei fondi per poter offrire un modo concreto alle amministrazioni per contrastare l'emergenza abitativa e per l'edilizia studentesca senza consumare nuovo suolo", osserva.

Un altra proposta è il rifinanziamento del fondo nazionale locazione e del fondo nazionale morosi incolpevoli. Sono strumenti che fino a due anni fa erano compresi della legge di bilancio e che sono stati richiesti da un numero significativo di cittadini. "A Bologna fino a prima della pandemia circa duemila persone l'anno facevano richieste di un contributo affitto, che andavano dai 500 ai 1500 euro all'anno, per poter pagare l'affitto. Questo strumento, dopo la pandemia, è stato chiesto da 11 mila persone, 10mila nel 2021 e 11mila nel 2022", racconta Clancy. "Ma a fronte di una richiesta quantuplicata il fondo è stato azzerato".

Al momento, "non ci sono politiche abitative, sono stati annunciati piani casa ma non ne esiste uno nazionale", sottolinea la vicesindaca che racconta di aver scritto, assieme agli altri sindaci, una lettera al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini per chiedere un incontro e discutere del tema ma di non aver ancora ricevuto risposta. "Vorremmo socializzare le nostre proposte, stimolare il governo e il Parlamento a legiferare sul tema e a garantire dei fondi a questo obiettivo", spiega.

I sindaci chiedono inoltre, una regolamentazione delle piattaforme turistiche per normare il mercato degli affitti brevi. "È un tema che sta attraversando le maggiori città turistiche, universitarie o ad alta tensione abitativa. Vorremmo distinguere fra chi integra il proprio reddito affittando una stanza o un appartamento, e i grandi proprietari che hanno decine di appartamenti su una piattaforma pensata per una condivisione saltuaria e non professionale della propria abitazione", dice ancora.

Infine un'ultima richiesta riguarda la necessità di adottare "una misura nazionale per riconoscere la condizione delle persone senza dimora come una fragilità particolare a cui dedicare risorse e interventi specifici".

Quello della crisi abitativa è un fenomeno destinato ad aggravarsi nei prossimi anni. "Le ultime stime ci dicono che nelle città continueranno a crescere i numeri di abitanti, almeno nell'Unione Europea. Senza adeguate politiche importanti pubbliche sul diritto alla casa rischiamo di avere delle città che magari attraggano turismo e lavoro a buona qualità, ma allo stesso tempo di espellere la parte più fragile della nostra cittadinanza dalla città", avverte Clancy.

È necessario "un equilibrio che garantisca il diritto la casa e il diritto alla città", come ricordano diverse sentenze della Corte costituzionale, che ha dichiarato "che è un generale dovere della collettività fare in modo che nessuno rimanga senza casa. Quindi non solo i Comuni, ma anche Regioni, governo e Unione Europea si devono impegnare in questo. I nostri sono dei punti partenza ma serve ragionare insieme per un piano che aiuti tutti noi", conclude.

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