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“Dio, Patria e Famiglia” è un manifesto fascista: sono questi i suoi valori, Beatrice Venezi?

“Dio, Patria, Famiglia” è uno slogan disgustoso, un salame andato a male, lo slogan di un uomo che firmò le leggi razziali e tenne comizi con il mento all’insù.
A cura di Saverio Tommasi
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Beatrice Venezi alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia
Beatrice Venezi alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia
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È tornata alla carica Beatrice Venezi, già corteggiata da Giorgia Meloni, con una serie di dichiarazioni che un'oboe in Chiesa farebbe meno rumore: "Dio, Patria, famiglia sono i miei valori, mi vergognerei di una madre come la Cirinnà".

Le parole usate da Beatrice Venezi sono state esattamente queste, non proprio un armistizio.

Per vergognarsi di una donna che è riuscita a far approvare la legge sulle Unioni civili – rendendoci un po' meno assimilabili ai barbari all'interno delle legislazioni europee – bisogna mettersi d'impegno, e Beatrice Venezi l'impegno ce l'ha messo tutto: lei si vergogna.

Nella solita dichiarazione si è lamentata poi del fatto che taluni la giudicherebbero in base ai valori del padre, già dirigente nazionale di Forza Nuova e candidato sindaco per lo stesso partito a Lucca. Vorrei tranquillizzare Beatrice Venezi: le idee del padre sono effettivamente un problema, però come dice lei riguardano il padre, e non devono essere motivo di giudizio verso la figlia. Il problema riguarda invece lei quando parlando di quelle idee lei sottolinea che il padre le ha "insegnato lo spirito critico". E qui sbaglia Beatrice Venezi, perché l'unico spirito critico che ha Forza Nuova è quello verso la democrazia, essendo un partito dichiaratamente neofascista o come rivendicano taluni seguaci nazionalsocialista, riprendendo la dizione con cui veniva anche chiamato il partito nazista tedesco.
In altre parole: se è grata al padre per lo spirito critico che le ha insegnato come dirigente nazionale di Forza Nuova, è un problema che riguarda anche lei. Tanto più che coccolando la dizione "Dio, Patria, famiglia" la direttrice d'orchestra Beatrice Venezi ha messo l'evidenziatore su quello che già era chiaro.

Facciamo un passo indietro e partiamo dai fondamentali: Beatrice Venezi è una famosa direttrice d'orchestra, anche se lei rivendica a gran voce la dizione "direttore"; le parole però in italiano non si scelgono per simpatia – o per sympathia – dunque lei è "direttrice" e non "direttore". Beatrice Venezi faccia pace con il fatto che la lingua italiana è inclusiva, ed è così inclusiva che la dizione al maschile sarebbe giusto attribuirla se il genere a cui Beatrice Venezi facesse riferimento parlando di se stessa fosse sempre al maschile, ma lei rivendica il suo essere donna e dunque io rivendico la lingua italiana nel chiamarla.

In altre parole, mi soffermo su questo perché è importante, Beatrice Venezi non ha rifiutato la dizione femminile del nome comune "direttore" perché si sente uomo, ma perché non riconosce l'importanza del nome femminile quando la professione è svolta da una donna. Non è un caso che il partito per cui ha dichiarato nella sostanza di parteggiare – Fratelli d'Italia – è stato il primo oppositore della proposta del M5S di accogliere le parole "ministra" e "senatrice" nel linguaggio parlamentare, dopo che già il vocabolario italiano le aveva accolte, nel caso di "ministra" da prima di Dante Alighieri, e dunque prima che il signor Gutenberg inventasse un modo moderno per stampare la Divina Commedia.

Strano (ma non troppo) il rifiuto della lingua italiana per una persona che afferma di credere nel motto "Dio, patria e famiglia". Viene da pensare che la patria vada bene e sia intesa soltanto quando esclude, e non quando aiuta a una comunicazione fra popoli e fra persone. Eppure la premiata Atreju Beatrice Venezi – ha davvero ricevuto un premio dai giovani di Fratelli d'Italia ad Atreju – dovrebbe sapere che le regole del lessico le stabilisce la comunità parlante, e non possono decidere d'imperio né lei né il partito che probabilmente alle elezioni del 25 settembre risulterà il più votato, le modifiche al vocabolario italiano.

"Dio, patria, famiglia" non è un ‘manifesto d'amore' come cercavano invece di vendercelo Giorgia Meloni e la stessa direttrice d'orchestra Beatrice Venezi corsa in sua difesa.

Non giriamoci intorno: "Dio, Patria, famiglia" è un manifesto fascista. Non lo è credere in Dio, ovviamente. Non lo è neanche parlare di patria, anche se la dizione in alcuni frangenti può risultare ambigua e sarebbe preferibile parlare di Stato italiano. E non è ovviamente fascista neanche parlare di "famiglia", a qualunque tipo di famiglia si faccia riferimento. Mettere però insieme le tre dizioni, in forma e modo chiaramente non casuale, ma ricalcando uno dei motti più usati dall'uomo che in Italia firmò le leggi razziali e teneva i comizi alzando il mento, è invece assolutamente – completamente – fascista.

Attenzione: non sto dando a nessuna (e a nessuno) di "fascista", a questo ci penserà eventualmente l'analisi dei fatti, ma certamente partire da uno slogan che è lo slogan del Ventennio è un inizio con il braccio teso.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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