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Dimissioni in bianco, come cambiano le regole

Fra i principi che dovranno ispirare il Jobs Act, il governo dovrà prevedere anche modalità per contrastare questa forma di pressione sui lavoratori.
A cura di Biagio Chiariello
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Ieri è passato un emendamento a prima firma di Maria Grazia Gatti (Pd)  al Jobs act che stabilisce che vengano previste “modalità semplificate per garantire la data certa nonché l’autenticità della manifestazione di volontà” del lavoratore sulle dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Una stretta sulle dimissioni in bianco, considerate per antonomasia come una forma sui lavoratori. L’obiettivo è infatti quello di mettere un freno ad una pratica illegale spesso utilizzata ai danni delle donne per poterle allontanare senza pagare indennità nel caso aspettino un bimbo. Quindi si punta ad evitare che il dipendente possa essere costretto a firmare le dimissioni all'atto dell'accettazione del lavoro (in bianco, quindi), dando piuttosto la possibilità che vengano riempite in un secondo momento a discrezione del datore. Come fare? Magari, stabilire una data certa non falsificabile, ad esempio con moduli con numeri progressivi e data di scadenza entro pochi giorni. "È un segno di civiltà", commenta la senatrice Pd Gatti.

Dimissioni in bianco, i precedenti tentativi di modifica

“Il licenziamento mascherato da dimissioni, specie in caso di maternità, è un ricatto che pesa ancora sulle spalle delle donne che lavorano nel nostro Paese – aggiunge la dem Rita Ghedini, anche lei firmataria dell'emendamento -. Questa norma consentirà di combattere uno dei fenomeni più odiosi contro l'occupazione femminile". C’è da dire che la normativa contro le dimissioni in bianca era già stata pensata da una legge varata dal governo Prodi nel 2007 (proprio  ‘introduzione dei moduli a numerazione progressiva), ma poi cancellata l'anno seguente dall’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Con il governo di Monti, era poi intervenuta il ministro Elsa Fornero con l'istituto della convalida: un meccanismo ex post che prevede la conferma delle dimissioni con un questionario presso l’Ispettorato del lavoro, così da capire la reale intenzione del dipendente di lasciare l'impiego. Ma senza risultati efficaci, visto che dall'entrata in vigore solo in qualche decina di casi è stato riconosciuto l'abuso.

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