“Diffamò Arcigay”. Dopo Pillon condannato anche Massimo Gandolfini, fondatore del Family Day
Il tribunale di Verona, in composizione monocratica, ha condannato oggi Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato ‘Difendiamo i nostri figli' e organizzatore del ‘Family Day', per aver diffamato Arcigay. Lo ha fatto sapere l'associazione Lgbti, in una nota, con la quale si spiega che il giudice monocratico ha condannato Gandolfini "a 4 mesi di reclusione, convertiti in una sanzione pecuniaria di 30mila euro", nonché a versare "una provvisionale di 7mila euro per l'Arcigay e 3mila per l'allora presidente, Flavio Romani".
I fatti a cui la sentenza fa riferimento, afferma Arcigay nella nota, "avvennero nel 2015, quando durante un intervento pubblico Gandolfini sostenne che tra le 58 identità di genere approvate da Arcigay e tra cui era possibile optare su Facebook per connotare il proprio profilo, vi fosse anche la pedofilia. Per sostenere le proprie affermazioni, Gandolfini mostrava un articolo da ‘La Repubblica', che nell'occhiello recitava ‘Da oggi il social media permette di optare tra 58 identità diverse. Tutte approvate da Arcigay, inclusa una destinata a suscitare dibattiti'".
"Tuttavia ne travisava totalmente il contenuto, sostenendo che l'identità di genere approvata da Arcigay e destinata a suscitare dibattito fosse la pedofilia, e non quella del ‘femminiello', come l'articolo correttamente riportava".
"Ancora una volta un esponente del mondo ultraconservatore viene condannato per la sua condotta nei confronti delle persone e delle associazioni lgbti – ha commentato Gabriele Piazzoni, segretario generale Arcigay – pochi mesi fa Pillon veniva condannato a Perugia, oggi Gandolfini fa il bis a Verona. Questa condanna ci dice molto sulla modalità che i patron del Family Day usano per affermare le proprie idee, cioè la diffamazione. Con molta soddisfazione oggi diciamo nuovamente che giustizia è fatta e che continueremo a difendere in ogni sede la dignità e l'onorabilità delle persone lgbti. Un ringraziamento sentito all'avvocata Rita Nanetti, che con grande competenza ci ha assistiti in questa vicenda".