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Diffamazione, la Camera manda Vittorio Sgarbi a processo per risarcimento danni

Il processo civile in corso a Firenze, in cui Vittorio Sgarbi rischia di essere condannato a risarcire per diffamazione una donna insultata durante un’intervista, andrà avanti. La Camera ha votato all’unanimità (con tre astenuti) confermando che le sue parole non erano coperte dall’immunità parlamentare, nonostante all’epoca fosse deputato.
A cura di Luca Pons
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L'ex sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi potrà andare a processo per il risarcimento dei danni da diffamazione subiti da Mariarita Signorini, che in diretta radiofonica chiamò "demente", "oca giuliva", "mente bacata e malata", "cogli**a" e altro ancora. La Camera ha votato all'unanimità, con tre deputati astenuti e nessun contrario, approvando la relazione che la Giunta per le autorizzazioni aveva stilato a luglio. È stata quindi accolta la richiesta del Tribunale di Firenze, dove si svolge il procedimento.

Il Parlamento ha deciso che, nonostante all'epoca dei fatti (il 19 ottobre 2019) Sgarbi fosse un deputato, le sue parole non erano coperte dall'insindacabilità parlamentare. Insomma, le parole pronunciate dal critico d'arte non erano "opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni", come prevede l'articolo 68 della Costituzione perché scatti la tutela della cosiddetta insindacabilità (anche detta, in modo non del tutto corretto, immunità parlamentare).

Perciò, il giudice sarà libero di valutare le affermazioni come se fossero venute da qualsiasi altro cittadino. Se dovesse arrivare una condanna per diffamazione non sarebbe la prima per l'ex parlamentare, che negli anni è stato costretto più di una volta a pagare le conseguenze delle sue escandescenze e aggressive uscite pubbliche.

Durante la trasmissione radiofonica in questione, su Radio radicale, Sgarbi si era confrontato con Signorini – allora presidente dell'associazione Italia nostra – sulla decisione del ministero della Cultura di trasferire temporaneamente il disegno dell'Uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci dall'Accademia di Venezia al Museo del Louvre di Parigi. Signorini aveva detto di essere contraria, Sgarbi favorevole. Lo scambio si era acceso, e il parlamentare si era lanciato in imprecazioni e insulti.

La relazione della Giunta per le autorizzazioni – composta in maggioranza da esponenti del centrodestra – ha scritto nella sua relazione che Sgarbi "si è lasciato andare ad alcune espressioni oggettivamente volgari nei confronti della dott.ssa Signorini, quali ad esempio ‘poveretta che dice cose senza senso', ‘demente che non sa quello che dice', ‘mente malata e bacata', ‘oca giuliva', ‘gallina' e ‘incapace'".

A luglio, quando la giunta aveva approvato la relazione, era stata la relatrice leghista Laura Cavandoli a chiarire perché si era deciso di dare il via libera al processo. L'insindacabilità, aveva detto, "tutela e consente dichiarazioni finalizzate al promovimento e alla qualità del dibattito pubblico, non certo al suo scadimento". La funzione di parlamentare "esige e pretende forme espressive improntate al rispetto della dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica".

La decisione della Camera è arrivata il giorno dopo l'assoluzione di Sgarbi nel caso del quadro acquistato all'asta. Nella stessa sessione, i deputati hanno anche votato contro un altro procedimento per l'ex sottosegretario, sempre per diffamazione. In questo caso si sarebbe trattato di un processo penale per le parole rivolte alla pm Laura Condemi. Hanno votato contro i partiti del centrodestra e alcuni esponenti del centro.

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