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Diede dell'”orango” alla Kyenge. Il Senato autorizza processo a Calderoli

Il leghista dovrà rispondere dell’accusa di diffamazione. Per il Senato non ci fu invece “istigazione all’odio razziale”.
A cura di Davide Falcioni
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Il Senato ha dato il via libera all'autorizzazione a procedere nei confronti di Roberto Calderoli, accusato di diffamazione dall'ex ministro dell'immigrazione Cecile Kyenge. I sì sono stati 126, i no 116, dieci gli astenuti. L’Aula di Palazzo Madama ha invece respinto la richiesta per quanto riguarda l’accusa di istigazione all’odio razziale.

La frase di Calderoli risale al luglio del 2013: durante un comizio a Treviglio il leghista disse: "Quando vedo la Kyenge non posso non pensare a un orango". Il politico del Carroccio continuò: "Io mi consolo quando navigo in Internet e vedo le fotografie del governo. Amo gli animali, orsi e lupi com’è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di orango". All'epoca Cecile Kyenge era ministro di un governo guidato da Enrico Letta.

Le reazioni del mondo politico non si fecero attendere, con durissime critiche che piovvero non solo sul diretto interessato, ma anche sugli esponenti del suo partito che lo difendevano. La vicenda, tuttavia, non ebbe ripercussioni significative neanche in Parlamento, visto che la Giunta per le Immunità del Senato in un primo momento ritenne che quell'insulto non rappresentasse una istigazione all'odio razziale. Si decise dunque di val valere l'articolo 68 della Costituzione Italiana: "I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Calderoli "salvo", dunque, grazie al voto bipartisan – tranne quello del Movimento 5 Stelle, che si schierò con la Kyenge. In questa occasione invece il Senato è stato chiamato a esprimersi sull'accusa di diffamazione. Difficilmente qualcuno avrebbe potuto affermare che dare dell'orango a una donna fosse un complimento…

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