Diario dei giorni prima della pandemia di Covid, quando nessuno aveva capito cosa sarebbe successo
È gennaio inoltrato, in Cina è esplosa un'epidemia di un nuovo coronavirus. Si sa ancora pochissimo di quello che oggi chiamiamo sars-cov-2, che causa la Covid-19. Un anno e mezzo fa era solo un misterioso virus che veniva dall'Oriente, una minaccia di fronte alla quale tutto il mondo è apparso impreparato. In quei giorni veniva istituita una task force coordinata dal ministro della Salute Speranza, i cui verbali sono stati resi pubblici in questi giorni e che Fanpage.it ha potuto visionare interamente. Prima che la pandemia invadesse il mondo e causasse quasi quattro milioni di morti accertati. Prima del lockdown duro della primavera del 2020. Prima dell'esplosione dei contagi in Italia. Grazie a questi documenti si può ricostruire la consapevolezza acquisita da esperti e tecnici, giorno dopo giorno, del fatto che la situazione fosse ben peggiore di quella ipotizzata. Il 22 gennaio, nel primo verbale della task force, si legge che è stato attivato "uno specifico canale sanitario per tutti i viaggiatori provenienti da Wuhan che atterrano all'aeroporto di Roma Fiumicino". Ma viene anche specificato che "gli unici voli attenzionati sono quelli diretti" e che sono esclusi quelli che provengono da "scali intermedi".
Quando Speranza diceva di evitare "paure non giustificate"
È il 23 gennaio, gli italiani a Wuhan parlano di "città spettrale" e Pechino cancella i festeggiamenti del capodanno cinese. Durante la riunione della task force il ministro Speranza chiede di "comunicare la reale portata del fenomeno per non ingenerare nei cittadini confusione e paura ad oggi non giustificate". Si comincia anche a parlare di un canale sanitario per tutti i passeggeri provenienti dalla Cina. In quei giorni il presidente Xi Jinping parla di una situazione grave e di un'epidemia che accelera. La preoccupazione cresce in tutto il mondo. Il 27 gennaio alla riunione della task force partecipa anche Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Oms. Il ministro Speranza gli chiede cosa farà l'Organizzazione mondiale della sanità in caso fosse dichiarato lo Stato di emergenza internazionale: "Le eventuali misure potrebbero essere quelle di un forte controllo in uscita e di sconsigliare i voli per la Cina", risponde Guerra.
È il 28 gennaio, c'è il caso sospetto della coppia di sposi cinesi al Cotugno di Napoli, e il giorno dopo il direttore scientifico dello Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito, consiglia di "riferirsi alle metodologie del Piano pandemico di cui è dotata l'Italia" per la "definizione di procedure omogenee". Il piano pandemico che, poi si è scoperto, non era aggiornato. Il 29 gennaio Speranza dice no agli "allarmismi ingiustificati" e che è stato attivato "il più alto livello di allerta". Il 30 gennaio è il giorno dei primi due casi in Italia: i due turisti cinesi a Roma. Il giorno dopo il governo dichiara lo stato di emergenza per sei mesi e blocca i voli diretti con la Cina. Durante la riunione Speranza chiede ai presenti di "valutare come affrontare la questione dei voli indiretti". Comincia il rimpatrio degli italiani da Wuhan, ma Ippolito e Rezza spiegano che non serve effettuare test sui cittadini che rientrano perché "non esistono rischi rilevanti per la trasmissione".
Quando Ruocco diceva che "l'infezione asintomatica è rara"
Il 2 febbraio veniva isolato il virus allo Spallanzani, mentre gli italiani rimasti a Wuhan tornavano a casa. Lo stesso giorno il segretario generale del ministero della Salute, Giuseppe Ruocco, spiegava durante la riunione giornaliera della task force che "l'infezione asintomatica è rara e la trasmissione da parte dei casi asintomatici è rara", aggiungendo che "queste situazioni non dovrebbero contribuire alla diffusione del virus in modo continuativo". Esattamente l'opposto di ciò che poi è successo, ma con i dati allora in possesso era quello che tutti i massimi esperti prevedevano. Giovanni Rezza sottolineava che "i dati riportati sono confortanti" e che "come per la sars se si formano nuovi focolai i provvedimenti di quarantena possono scattare presto ed è più semplice gestire la diffusione". Oggi lo possiamo dire perché sappiamo come va a finire: non è stato così semplice.
Il 3 febbraio il ministro Speranza chiede, durante la riunione, ai rappresentati dello Spallanzani e dell'Istituto superiore di sanità qual è il tasso di mortalità del Covid. Secondo lo Spallanzani "è verosimile che il virus si attenui nelle prossime settimane", poiché "la diffusione è simile a quella dell'influenza". L'Iss conferma: "I dati sono sovrapponibili a quelli dell'influenza, dal 1 gennaio in Italia abbiamo 3 milioni e mezzo di abitanti a letto con l'influenza con diversi morti ma questo dato non fa notizia". Siamo nel periodo in cui tutti considerano il nuovo coronavirus una semplice influenza. Il 4 febbraio il ministro Speranza chiede una lettura dei dati a Brusaferro, che risponde: "I numeri sono limitati, ma le misure di contenimento adottate al di fuori del territorio cinese stanno funzionando".
L'Ecdc dice che "la probabilità di infezione fuori dalla Cina è molto bassa"
È il 5 febbraio, in Italia scoppia la psicosi contro i cittadini cinesi o italiani con origini orientali, con i primi episodi di razzismo, e negli aeroporti si controlla la temperatura con i termoscanner. Il rappresentante dell'Aifa spiega durante la riunione giornaliera che "è stato autorizzato un antivirale usato per l'hiv, che potrebbe avere qualche effetto sul coronavirus". Si discute di cosa fare con i bambini e adulti cinesi o che hanno effettuato viaggi in Cina. Lo Spallanzani dice che la situazione dei due ricoverati peggiora. Il 6 febbraio muore Li Wenliang, il medico cinese che aveva dato per primo l'allarme. Intanto il segretario generale, durante la riunione, spiega che l'Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) "sta per effettuare una nuova valutazione dalla quale emergerebbe che la probabilità di infezione fuori dalla Cina è molto bassa, mentre il rischio risulta elevato in Cina e per chi si reca nel Paese".
Mentre continuano gli episodi di razzismo in tutto il Paese, il 7 febbraio l'Iss afferma, durante la riunione della task force, che "oggi in Italia non c'è circolazione del virus". Oggi non possiamo non avere dubbi su questo, ma un anno e mezzo fa era quasi impensabile il contrario. L'8 febbraio aumentano i casi sulla Diamond Princess in Giappone, mentre Rezza, durante l'incontro giornaliero, parla per la prima volta di un vaccino: "Un team di ricerca della Oxford University ha iniziato a produrre gli antigeni, proteine di superficie del nuovo coronavirus e presso la sede di Pomezia è possibile produrre in modo standardizzato l'adenovirus". Sono i primi passi del vaccino AstraZeneca. Come previsto da Rezza "passerà circa un anno" prima che si completi l'iter.
È il 9 febbraio quando, durante la riunione si comincia a capire che "la curva della crescita dei casi totali in Europa non tende a regredire". Rezza esprime preoccupazione per dei casi in Francia di cittadini provenienti da Singapore, perché "ciò potrebbe dimostrare che l'azione di contenimento in Asia non sia del tutto efficace". Per questo invita a "predisporre un piano in caso di passaggio dalla fase di contenimento alla fase di mitigazione", verificando "se disponiamo di strutture ospedaliere sufficienti e adeguate". Brusaferro risponde che se n'è discusso nella riunione tra Cts e Protezione civile.
Quando l'Iss diceva che "in Europa il virus non circola"
Il 10 febbraio Xi Jinping si fa vedere per la prima volta in un'uscita pubblica con la mascherina, mentre Speranza chiede chiarimenti sulla possibile contagiosità dei soggetti guariti. Il giorno dopo si parla di uno studio tedesco che sostiene che il virus resista per nove giorni sulle superfici. Il rappresentante dell'Iss dice che "oggi in Europa il virus non circola". Poi si parla del periodo di incubazione del virus, valutato tra i 2 e i 14 giorni.
Il 12 febbraio gli esperti si chiedono se il virus sia di prima generazione o se sia già mutato e si comincia a capire che la carenza di dispositivi di protezione individuale sarà un problema enorme. Il 14 febbraio ci si interroga sulla veridicità dei dati cinesi, mentre cambia il modo di conteggiare i contagi: vengono considerati anche gli asintomatici. "Il dottor Maraglino evidenzia la necessità di procedere ad un aggiornamento del Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, risalente al 2009", si legge nel verbale del 15 febbraio. Il giorno dopo il professor Rezza dice che "non si può escludere uno scenario pandemico".
È il 17 febbraio quando il ministro Speranza annuncia che verrà registrato uno spot sull'importanza del lavaggio delle mani, mentre il giorno dopo arrivano dei dati al professor Ippolito dalla Cina: i primi "molto attendibili e dettagliati". Il 19 febbraio il ministro della Salute dice che "non abbiamo aumentato le misure negli ultimi giorni, ma ne avremmo potute adottare altre più rigorose". Si comincia a capire chiaramente che qualcosa non va. Speranza continua: "Leggendo i dati in evoluzione potremmo disporne altre più drastiche, ma è opportuno valutare ora dopo ora". Siamo nei giorni in cui i primi ospiti della Diamond Princess cominciano a sbarcare. Il 20 febbraio Cartabellotta presenta un modello predittivo – basato sui dati parziali dell'Oms – secondo cui i casi si sarebbero azzerati in Europa a metà marzo, suscitando la perplessità di Rezza che dice che è troppo presto per fare previsioni.
Il 21 febbraio è il giorno del paziente zero o del paziente uno, è il giorno di Mattia di Codogno. "È necessario chiudere l'azienda di 160 dipendenti dove lavora – dice Speranza – è molto importante dare un messaggio di presa in carico del problema e adottare misure precauzionali più severe per evitare che il virus si diffonda". Brusaferro parla degli altri due contagiati e sottolinea l'importanza di "tracciare la catena di trasmissione". Secondo Ippolito è essenziale "ricostruire tutti gli spostamenti delle persone infette in ospedale". Si comincia a ricostruire la tela, a sbrogliare la matassa partendo da quei pochi casi. È l'ultimo verbale della task force, nel giorno in cui ci siamo accorti tutti che il virus era già tra noi.