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Di Maio: “Su referendum Renzi agisce come Pinochet”. Poi precisa: “Una provocazione”

Il vicepresidente della Camera e membro del direttorio del Movimento 5 stelle attacca dal suo profilo Facebook il presidente del Consiglio, paragonandolo al generale cileno per il suo modo di portare avanti una riforma che è “un attentato alla democrazia”.
A cura di C. T.
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di maio contro renzi

Renzi sta facendo diventare il referendum "di ottobre, novembre o dicembre (ci faccia sapere la data, quando gli farà comodo)" un voto "sul suo personaggio che ha occupato con arroganza la cosa pubblica, come ai tempi di Pinochet in Cile. E sappiamo come è finita". Il vicepresidente della Camera e membro del direttorio del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio attacca dal suo profilo Facebook il presidente del Consiglio, paragonandolo al generale cileno per il suo modo di portare avanti una riforma che è "un attentato alla democrazia".

"Ogni volta che il Presidente del Consiglio interviene in pubblico – scrive Di Maio – assistiamo a durissime proteste di cittadini che gli chiedono conto delle sue malefatte: insegnanti frodati o deportati dalla ‘Buona Scuola', risparmiatori vittime del ‘Salvabanche', padri di famiglia licenziati da aziende che il premier ha fatto scappare all'estero o che ha svenduto a multinazionali, utenti della sanità pubblica a cui ha tagliato 4 miliardi e mezzo di euro solo l'anno scorso, parenti delle vittime della Terra dei Fuochi incazzati neri per il dramma che stanno vivendo, a cui il Governo oltre a non dare risposte concrete ha soppresso il Corpo Forestale dello Stato. E potremmo andare avanti all'infinito". Secondo il vicepresidente della Camera, i comizi di Renzi "sono diventati un problema di ordine pubblico. Le feste de l'Unità, quando le frequenta lui, diventano Fortknox. Mentre lui arringa poche centinaia di persone sulle ragioni – meglio chiamarle bugie – del Sì, il suo Ministro dell'Interno fa manganellare i cittadini, fa allontanare chi sostiene il No ed il tutto viene oscurato sistematicamente dai direttori dei TG che ha appena nominato".

Di Maio ha poi ricordato che "mancano ancora mesi al referendum (ammesso che lo vogliano fare), ed è già un'escalation di tensione. Parla di Legge elettorale e di referendum, mentre i cittadini chiedono soluzioni ai problemi reali: meno tasse, lavoro, reddito, sviluppo, diritto alla salute e all'istruzione. Ma soprattutto parla di modifiche alla nostra Costituzione". Nel post il parlamentare del M5s definisce Renzi "un presidente del Consiglio mai passato per il voto, che non ha mai presentato un programma elettorale agli elettori e che è a capo di una maggioranza eletta con una Legge dichiarata incostituzionale. Non è un Presidente del Consiglio ma il più grande provocatore del popolo italiano, un Presidente non eletto, senza alcuna legittimazione popolare, che sorride mentre le persone soffrono".

In serata Di Maio precisa: “Pinochet? Una provocazione” – In serata, ospite della trasmissione Politics, Di Maio è tornato sul suo paragone con Pinochet parlando di “una provocazione” e affermando di non aver mai detto “che era un sanguinario”. “Ma sono arrabbiato con Renzi per come ha occupato le istituzioni, soprattutto da un premier arrivato a Palazzo Chigi grazie a un tweet, stai sereno”, ha aggiunto Di Maio. Interrogato da Semprini anche sulla gaffe sul Venezuela, ha spiegato che “è stato un lapsus che ho corretto subito, mi prendo tutte le responsabilità”. Sulle parole di Di Maio è intervenuto a Otto e Mezzo anche Alessandro Di Battista: “Sono parole forti ma occorre spiegare e vorrei sapere se in un altro Paese europeo un premier ha la possibilità di nominare lui i direttori di rete della tv pubblica che a loro volta nominano i direttori dei Tg. Siamo in una dittatura mediatica”.

Nel corso della trasmissione Politics Di Maio ha parlato anche del caso Muraro a Roma: “Leggiamo le carte, se arriva l'avviso di garanzia, e lette le carte si valuterà se esiste l'opportunità politica di andare avanti o no”. E sulle Olimpiadi ha detto che deciderà il sindaco Raggi ma ha sottolineato come, a suo parere, con i Giochi, “il rischio a Roma è che ci siano altre corruttele”.

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