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Di Maio: “Il PD sa che con l’Italicum noi del M5S vinceremmo le elezioni”

Il vicepresidente della Camera affida al suo profilo facebook l’analisi sui “rallentamenti” della legge elettorale: “Il Pd ha paura di perdere e per questo vuole ritoccare ancora una volta la legge”.
A cura di Redazione
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Come vi stiamo raccontando, dopo il via libera della Camera dei deputati al disegno di legge di riforma costituzionale che porta la firma di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, è opinione comune che la vera battaglia politica sia destinata a concentrarsi intorno alla nuova legge elettorale. Il cosiddetto Italicum, infatti, dopo l’approvazione del Senato della Repubblica (ottenuta grazie ai voti determinanti di Forza Italia) deve essere discusso e approvato alla Camera dei deputati, in un clima decisamente mutato rispetto a qualche mese fa. Oltre allo strappo tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, con la “fine” del Patto del Nazareno, anche la minoranza del Partito Democratico sembra infatti intenzionata a dare battaglia su alcuni punti essenziali (capilista bloccati e clausola di salvaguardia, in particolare), minacciando addirittura di votare contro la proposta della maggioranza.

In ogni caso, il percorso della legge elettorale procede a rilento. Ed è il vicepresidente della Camera dei deputati, il grillino Luigi Di Maio, a restituirci una chiave di lettura decisamente singolare. Per il “consigliere” del M5S, infatti, il PD comincia ad aver paura di perdere le elezioni e per questo avrebbe pensato ad ulteriori modifiche all’impianto della legge elettorale. Scrive Di Maio: “Lo sanno tutti qui a Montecitorio, ed è per questo che la legge elettorale rallenta inesorabilmente: con l'impianto attuale dell'Italicum, se tenessimo presente l'ultimo risultato delle elezioni europee – ma possiamo essere anche più pessimisti, io parlo della classifica – finirebbero al ballottaggio il Movimento 5 Stelle e il Pd.

Come è successo nei comuni dove governiamo, molte delle persone che non votano Pd voterebbero per noi e vinceremmo le elezioni nazionali”. Insomma, chiosa il vicepresidente della Camera, il rallentamento “non è colpa del bicameralismo ma del loro opportunismo”.

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