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Di cosa hanno parlato Giorgia Meloni e Viktor Orban nel loro incontro a Palazzo Chigi

Meloni e Orban hanno avuto un vertice bilaterale a Roma, a pochi giorni dal Consiglio europeo del 27 e 28 giugno che deciderà i vertici dell’Unione europea per i prossimi cinque anni. Sul tavolo molti temi, dalle migrazioni alla natalità. Al termine, Orban ha attaccato la maggioranza in Ue che “non coinvolge” i partiti come il suo.
A cura di Luca Pons
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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il primo ministro ungherese Viktor Orban (la cui scorta stamattina è stata coinvolta in un grave incidente stradale in Germania) si sono incontrati oggi in un faccia a faccia che, sulla carta, era legato al fatto che da luglio l'Ungheria avrà la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea. Di fatto, però, il vertice ha toccato inevitabilmente anche i temi di maggiore interesse in queste settimane: le nomine europee e i nuovi equilibri a Bruxelles. Meloni non ha citato il tema, nella conferenza stampa conclusiva, mentre Orban ha chiuso il suo intervento con un attacco ai principali partiti europei che "decidono i top jobs dell'Ue e non coinvolgono gli altri".

Come detto, il motivo formale della visita era la presidenza ungherese del Consiglio dell'Unione europea. Il confronto, quindi, ha toccato diversi temi: "A partire dalla decisione di inserire tra le priorità una sfida che anch'io ho sottolineato più volte, quella demografica", ha detto la presidente Meloni. "La denatalità è un problema che colpisce tutto il continente, se non la affrontiamo i nostri sistemi sociali e di welfare diventeranno insostenibili", ha insistito la leader di Fratelli d'Italia.

Si è discusso anche "del conflitto in Ucraina", sui "le nostre posizioni non sono sempre coincidenti", ha detto Meloni. È un eufemismo, considerando che in passato più volte il governo di Orban ha bloccato l'invio di aiuti militari a Kiev da parte dell'Ue. Ma la presidente del Consiglio ha girato la questione: "Apprezzo molto la posizione che l'Ungheria ha mostrato finora in ambito Ue e Nato, permettendo agli altri Stati membri e agli alleati di assumere decisioni molto importanti anche quando non era completamente d'accordo".

In più, "abbiamo approfondito le priorità sul governo dei flussi migratori. Siamo d'accordo sul fatto che vada consolidato l'approccio sviluppato in questi mesi: difesa dei confini esterni europei, contrasto all'immigrazione illegale di massa, lotta ai trafficanti, impegno a costruire un partenariato con i Paesi di partenza e di transito". E "anche sperimentare nuove forme" di politiche migratorie, "come il protocollo Italia-Albania". Sul punto, Orban ha sottolineato: "Nei prossimi vent'anni la popolazione dell'Africa aumenterà di 750 milioni di persone, ci sono due soluzioni: o avviamo un progetto di sviluppo per l'Africa per far rimanere a casa gli africani, o ci sarà un'immigrazione di massa che non potremo gestire".

Tra pochi giorni, come ha ricordato Meloni, i due si incontreranno nuovamente per il Consiglio europei che dovrebbe chiudere le trattative sulle nomine dei vertici europei per i prossimi cinque anni. Sul punto, la leader italiana non ha commentato oltre, mentre Orban ha lanciato un'invettiva contro i tre partiti che formeranno la prossima maggioranza al Parlamento europeo: Socialisti, Popolari e i liberali di Renew. "Penso di essere il premier che sta da più tempo al suo posto nell'Ue, ho visto cos'è successo dal 1998, e cosa si è guastato nel frattempo".

Secondo il primo ministro ungherese, "la radice dei problemi europei sta nel fatto che prima delle elezioni del 2014 la Commissione europea era neutrale, il guardiano dei Trattati". Dopo, invece, "è iniziato un processo in cui la Commissione ha assunto un ruolo di non neutralità". Oggi, dunque, "tre partiti formano una coalizione, decidono i i ruoli apicali europei e non coinvolgono gli altri", e "questa filosofia non corrisponde alla collaborazione europea. Il progetto dell'Ue, quando è nato, non era questo". Perciò, ha concluso Orban, "non si può permettere che un qualsiasi Paese possa sentire di essere in minoranza nell'Ue. Questo è un sentiero che non bisogna seguire dal punto di vista filosofico né ideologico".

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