Per la teoria classica del "complotto", ossia quella secondo cui ogni uscita pubblica, dichiarazione o presa di posizione dei 5 stelle risponda a una precisa direttiva della Casaleggio Associati, quanto sta accadendo in queste settimane all’interno del Movimento non è sorprendente. Si tratta di un riposizionamento strategico, volto a coprire l’intero campo politico e a soddisfare tutto l’elettorato grillino: in questa ottica, Fico sarebbe il movimentista “di sinistra”, Di Maio l’uomo di governo dal profilo moderato che lavora a stretto contatto con Salvini e Di Battista il movimentista – populista, “né di destra né di sinistra”. Tesi interessante, che presuppone però che tutto ciò cui stiamo assistendo sia una gigantesca commedia delle parti, con interpreti vincolati da un copione rigidissimo, dettato dalla coppia Casaleggio – Casalino. Il limite principale di questa teoria olistica delle dinamiche in casa 5 Stelle è che prevede caratteri mobili, con riposizionamenti repentini e imprevedibili dei protagonisti cui seguono conversioni, silenzi e complicità, che mal si conciliano con il disegno complessivo che si suppone sia stato pensato dal duo Casaleggio / Casalino. È propaganda che tenta di spiegare la propaganda, in poche parole. E che, in fin dei conti, non coglie né la portata del cambiamento in atto all’interno del Movimento 5 Stelle, né la gravità delle tensioni e la distanza fra le diverse anime.
Prendiamo le parole di Di Battista come esempio. Intervistato da Gruber, l’ex deputato dice parole molto pesanti, per nulla edulcorate da quel “sostengo questo governo perché credo che sia l’unico in grado di garantire determinati diritti”. “Io non faccio parte della Lega e non ho mai amato Salvini particolarmente”, dice Di Battista, aggiungendo: “Lui viene pompato dal sistema mediatico in maniera vergognosa, perché noi siamo più pericolosi di Salvini per il sistema”. Poi fa l’elenco della spesa: conflitto di interessi, nazionalizzazione di Autostrade, legge anticorruzione, diritti sociali. Questioni su cui la distanza con la Lega è evidente, che si sommano alla richiesta di “restituire fino all’ultimo centesimo il maltolto”, perché “le sentenze si rispettano, quelli sono anche quattrini miei e dei cittadini” e non esiste alcun processo politico. Perché Di Battista rompe un silenzio di settimane per mandare un paio di siluri alla Lega?
Aggiungiamo la questione Fico, le tensioni con Bonafede sugli attacchi alla magistratura, il probabile voto positivo del M5s Europa alle sanzioni nei confronti di Orban e la distanza espressa dai capigruppo e da altri esponenti di primo piano: si potrebbe legittimamente parlare di una fronda consistente interna al Movimento quantomeno "critica" nei confronti della linea impressa dall'asse Di Maio – Casaleggio che prevede "sacrifici" in nome dell'azione di governo. In altre parole, il Movimento sta attraversando una fase di grande complessità, con tensioni e malumori interni, la cui portata è sottostimata proprio dalla "teoria del complotto", che ridimensiona a "commedia" i distinguo di Fico, le parole di Di Battista, ma anche i retroscena sulla vicenda Salvini – Di Maio. E che non è in grado di collocare con precisione i mal di pancia su TAP e TAV, le polemiche (anche durissime) sulla gestione della questione ILVA, la contestazione diffusa allo schiacciamento sulla questione immigrazione, le tante sfaccettature di un Movimento che mai come prima tiene dentro posizioni distanti e anche inconciliabili (dall'economia all'accoglienza, passando per i vaccini e la legittima difesa, in casa 5 Stelle le idee non sono mai state così confuse).
La realtà è evidentemente più complessa e le prossime settimane diranno quanto c'è di profondo nella frattura che si è aperta in casa 5 Stelle. C'è, insomma, un M5s che, dopo essersi assunto la responsabilità di avallare l'alleanza con la Lega, si sta rendendo conto di come trincerarsi dietro un "contratto di governo" scarno ed evanescente non mette al riparo dall'aggressività di Salvini e della Lega. C'è un M5s che si sta rendendo conto di quanto il salto nel buio sia pericoloso e di come lo strategismo applicato in queste settimane rischi di aprire delle praterie per Salvini. Perché in gioco non vi è solo il riscontro degli istituti di rilevazione, che segnalano come la Lega stia erodendo parte del consenso dei 5 Stelle, ma anche la fisionomia del Movimento nei prossimi anni. Le Europee saranno un turning point decisivo e l'idea di arrivare a quell'appuntamento in una posizione di subalternità alla Lega non convince per nulla i parlamentari 5 Stelle. Lo spiega un deputato a Fanpage.it: "Dobbiamo marcare una discontinuità dalla Lega e dobbiamo farlo adesso, anche a costo di fare casino durante la discussione sulla legge di bilancio. Che succede se Salvini prende il 35 alle Europee e decide di staccare la spina a Conte? Che succede se ci tocca fare campagna elettorale senza aver portato a casa niente e per di più avendo appaltato a Salvini la linea su immigrazione, diritti civili, grandi opere? E poi, quelli al secondo mandato che fanno, vanno a casa e arrivederci e grazie?" La linea Casaleggio – Grillo – Di Maio è quella di presentare con grande enfasi i risultati raggiunti in questi mesi di governo, tirando per la giacchetta Conte e parlare di rivoluzione in atto (qui un esempio). L'annunciato bagno di folla del Circo Massimo a metà ottobre dovrebbe servire a rilanciare l'immagine del cambiamento a 5 Stelle. Ma di mezzo c'è una legge di bilancio e un lavoro durissimo su questioni vitali, su cui la base 5 Stelle si aspetta risposte concrete (vedremo come e quanto peserà il ridimensionamento del reddito di cittadinanza, ad esempio). E stavolta la macchina della propaganda potrebbe non bastare, se dal cilindro di Tria non dovessero uscire risposte convincenti.
In quest'altra ottica e in questo contesto, le parole di Di Battista, Fico e via discorrendo, non sono un messaggio a Salvini e alla Lega, ma ai vari Di Maio, Toninelli, Casaleggio, che stanno gestendo l'esperimento di governo e si stanno assumendo l'onere delle decisioni. Così andiamo a sbattere, è il messaggio. Correggere la rotta e (provare a) togliere il giocattolo dalle mani di Salvini, insomma.