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Deroghe, firme e nomine: così Bersani rischia di inciampare sulle regole delle primarie

Il segretario del Partito Democratico difende le regole per le primarie dei parlamentari, ma i dubbi restano molti. A cominciare dalle deroghe e dalla “questione di genere”, fino al “listino bloccato”.
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Si parte dal listino bloccato, definizione impropria per quella che è semplicemente la quota "riservata" ai fedelissimi del segretario Bersani; si arriva alla modalità di presentazione delle candidature. In mezzo deroghe, rappresentanza di genere e scelta della data. Insomma, le primarie per la scelta dei parlamentari del Partito Democratico hanno già alzato un polverone, ancor prima di conoscere i volti dei "nominati" e le decisioni delle varie federazioni provinciali. Perché Bersani ha un bel parlare della logica del meno peggio ("chiedete agli altri come scelgono i deputati"), ma restano evidenti le contraddizioni e le lacune di una consultazione che dovrebbe essere il momento "della massima apertura" del Partito ai cittadini.

A cominciare dalla quota riservata al segretario, che andrebbe ricondotta a quello che è: un modo per blindare l'elezione dei fedelissimi di Bersani, di quelli che lo hanno sostenuto alle primarie e il cui lavoro è ritenuto indispensabile ai piani alti del Nazareno. Un 10% di candidati che però, facendo due calcoli, potrebbe rappresentare oltre il 30% degli eletti. Il regolamento parla di "esponenti della società civile e personalità di riconosciuta competenza": come a dire tutto e niente allo stesso tempo. Ora, sinceramente e solo in linea di principio, non si capisce il motivo per il quale gli elettori del PD non dovrebbero essere in grado di selezionare e premiare la riconosciuta competenza ed il merito. Se poi addirittura Bersani riterrà opportuno inserire anche i "derogati" in questo elenco, allora le polemiche potrebbero esplodere in aperta contestazione.

Del resto quello delle deroghe è un tema estremamente controverso, anche se va detto che il meccanismo pensato dai democratici è davvero uno "dei più sringenti", nonché al momento l'unico (assieme a quello del Movimento 5 Stelle) che consente di "arginare" il fenomeno dei politici per tutte le stagioni. E riguarda solo il 3% dei parlamentari, tra l'altro. Certo, sarebbe cosa sensata che la legittimazione ulteriore alla candidatura arrivasse dal voto dei militanti. Insomma, come scrive Adriano Sofri, Bersani è chiamato davvero ad uno sforzo enorme: "Non sarebbe bello che l’innovazione venisse soprattutto dalle primarie, e la conservazione soprattutto dai listini; per giunta, dei listini è più direttamente responsabile il segretario".

Sulle firme da raccogliere un altro mezzo pasticcio (troppe ed in soli tre giorni), che ovviamente favorisce gli apparati ed è in qualche modo un altro sintomo di quella chiusura alle altre "anime della società" che è stato uno dei cavalli di battaglia dei renziani alle primarie per il leader. Così come è estremamente discutibile la blindatura della platea: anche se va detto, a parziale giustificazione, che l'intenzione (nobile) è quella di evitare che truppe cammellate possano influenzare il voto e garantire un posto al sole a chi "investe di più".

Sulla declinazione della questione di genere della sponda democratica poi ci sarebbe da scrivere un trattato. Di fatto viene imposto di votare o solo un uomo, o solo una donna, o un uomo e una donna. Questa sarebbe la parità di genere? L'uguaglianza nell'accesso alla politica? La parità della rappresentanza elettiva, peraltro bocciata al Senato? Questa è una forzatura, che non risolve il problema (sempre ammesso che vi sia) e che si presta ad una critica feroce, proprio in virtù di quella meritocrazia (che a sinistra è giustamente concetto controverso e dibattutto) cui si intende ispirare il meccanismo di selezione della rappresentanza. Certo, temi complessi sui quali bisognava probabilmente spendere qualche riflessione in più. Perché la ristrettezza dei tempi non può essere una scusante valida: del resto, che si votasse col Porcellum o meno, i democratici avrebbero potuto cominciare a discuterne ben prima. E magari evitare di chiamare i militanti alle urne il giorno prima di Capodanno.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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