Sono state depositate poche ore fa le motivazioni della sentenza con la quale il 9 marzo la Corte di Cassazione aveva annullato la condanna (in appello) a sette anni di reclusione per Marcello Dell'Utri. Il quadro che emerge è però degno di ulteriori considerazioni, dal momento che, secondo i giudici della V sezione penale, vi sono pochi dubbi sul fatto che l'attuale senatore del Popolo della Libertà abbia ricoperto un ruolo di "mediatore" fra Silvio Berlusconi ed esponenti di primissimo piano di Cosa Nostra. Come riporta Il Fatto Quotidiano, infatti, "nelle 146 pagine di motivazioni, la suprema Corte parla senza possibilità di valide alternative di un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell’Utri che, di quella assunzione, è stato l’artefice grazie anche all’impegno specifico profuso da Cinà" (il tramite diretto fra il senatore e i boss della mafia), sottolineando anche come l'assunzione del boss Mangano quale stalliere nella tenuta di Arcore, fosse il segno evidente della "convergenza di interessi fra Berlusconi e Cosa Nostra".
Berlusconi pagò (da vittima) Cosa Nostra – Di grande rilievo anche i passaggi che accertano i cospicui trasferimenti di denaro "da parte di Berlusconi in favore del sodalizio mafioso che aveva curato l’esecuzione di quell’accordo, essendosi posto anche come garante del risultato”. Si tratterebbe di un "accordo" protettivo, dunque, raggiunto grazie all'intercessione di Dell'Utri e all'interessamento di Cinà, che avrebbe liberato il Cavaliere da pressioni ed intimidazioni da parte delle cosche mafiose.
L'annullamento della sentenza di condanna per Dell'Utri – Se dunque non sembrano esserci dubbi sull'operato di Dell'Utri nell'ambito degli accadimenti che portarono all'assunzione di Mangano, resta da provare, secondo la Cassazione, il reato di concorso esterno per gli anni che vanno dal 1977 al 1982, quando cioè Dell'Utri lavorava per un altro imprenditore. In sintesi, secondo i giudici "deve essere provato il reato in oggetto, ove ricorrano gli elementi, tramite una nuova analisi indicativa della definitiva fine della permanenza del reato fino a quel momento consumato", dal momento che non può bastare la presunzione della bontà dei rapporti di amicizia con Silvio Berlusconi. In parole povere, "l'interruzione" del rapporto professionale tra Dell'Utri ed il Cavaliere potrebbe avere evidenti riflessi sul calcolo della prescrizione, poichè i termini "decorrerebbero allora dall'ultima delle condotte dell'imputato di cui il giudice del rinvio possa sostenere motivatamente che è la oggettiva e soggettiva manifestazione della protrazione della condotta anti-giuridica in esame".