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Del perché Renzi non poteva vincere

Non ha perso, semplicemente non aveva possibilità di vincere. Colpa della sua campagna elettorale, l’unica che potesse concedergli di giocare la partita, paradossalmente la sola a rendergli impossibile la vittoria.
A cura di Andrea Parrella
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Conferenza stampa Matteo Renzi dopo risultati primarie PD

Tutta la questione delle polemiche per quelli che al primo turno non avevano votato resta abbastanza incomprensibile. Col risultato della vittoria netta di Bersani chissà come mai la nomenklatura del Pd abbia corso il rischio di apparire timorosa verso l'idea di concedere il voto a tutti. Non credo che se il Pd avesse accettato chiunque alle urne sarebbe cambiato molto. In questa storia, questa contesa, sono stati presi in considerazione solo quegli elettori – magari anche dei presunti infiltrati – che da destra si fossero recati a votare solo per compromettere la vittoria di Bersani. Credo siano stati totalmente ignorati quelli che non avevano votato al primo turno, in quanto affetti da cronico astensionismo, ma che per un afflato sinistrorso sarebbero andati a votare Bersani solo per evitare il "pericolo" che vincesse Renzi.

E' una reazione figlia della campagna elettorale all'impronta del personalismo del sindaco di Firenze. Una campagna che, c'è da scommetterlo, ha semplicemente soppiantato i contenuti. Non è che non ci fossero, ma la campagna stessa li ha oscurati con spirito da  Primadonna. Il percorso elettorale, il metodo di Gori o chi per lui, era una lama a doppio taglio. Da una parte non poteva che raccogliere con facilità adepti, giovani e non, che sinceramente sono rimasti ammaliati dal fascino del vento renziano. Per quel che riguarda questa frangia, io credo che il team Adesso abbia raccolto tutto quello che poteva raccogliere, considerando l'area in cui cercava di guadagnare consenso. Era il massimo concesso e, per questo, suppongo che Renzi sbagli a minimizzare il peso di quella che è una vittoria. Non si tratta di una frase consolatoria, è proprio così.

E' così se si valuta l'altro aspetto, cioè quello di un elettorato che vive da quindici anni con un unico terrore, rappresentato da un uomo di bassa statura con problemi tricologici. Renzi, volente o nolente, ha alimentato un'idea di vicinanza e similitudine a quell'area che ha creato un blocco inevitabile. Questo fare comunicativo non è sbagliato punto, è sbagliato in Italia, lì dove l'unico esempio di chi l'ha messo in pratica è stato disastroso. O almeno così l'ha tradotto il popolo convenzionale della sinistra, quello che Renzi avrebbe dovuto sceglierlo. La campagna elettorale di Renzi è stata l'unica possibile perché la sua partecipazione non fosse in stile De Coubertin; contemporaneamente la sola che gli chiudeva l'accesso alla minima speranza di vittoria.

Potremmo renderci conto, in un futuro prossimo, che di contenuti Renzi fosse dotato più di quanto è stato fatto credere. Un sentore di tutto ciò l'ha regalato il suo discorso post elettorale ineccepibile. E non è casuale che ieri, uno dei sodali del Matteo nazionale, Ivan Scalfarotto, abbia manifestato ai microfoni di Fanpage uno stato d'animo che di certo serpeggia in tutto quel QuasiQuarantaPerCento: l'amarezza mista alla conclusione che sia il paese ad essere inadatto, non loro.

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