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Opinioni

Del perché non ci saranno le elezioni anticipate nel 2016

Sono in molti a pensare che il tour dei 100 teatri possa essere la volata per la campagna elettorale di Matteo Renzi. Ma esiste sul serio la concreta possibilità che si vada ad elezioni nella primavera del 2016?
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“Da qui ai prossimi due anni e mezzo non ci sono elezioni in vista, non c'è campagna elettorale, ma c'è un paese da cambiare”. Non sono bastate queste parole, pronunciate a Pesaro dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, per convincere analisti ed opinionisti politici sull’insussistenza dell’ipotesi di elezioni anticipate nella primavera del 2016. L’annuncio del “tour dei 100 teatri” ha infatti ridato nuovo vigore alle indiscrezioni che vogliono l’esistenza del “piano B” che prevede l’interruzione prematura della legislatura e il voto anticipato, magari in concomitanza con il turno delle amministrative (che vedrà le sfide “sanguinose” di Napoli, Torino e Milano).

Scrive ad esempio Federico Geremicca, uno dei retroscenisti di fiducia del Presidente del Consiglio:

Cos’ha in testa, insomma, Renzi? Cento teatri nei quali spiegare le riforme varate dal governo o cento comizi per cavalcare il promesso taglio delle tasse, in una sorta di lunga ed itinerante campagna elettorale che potrebbe portare l’Italia al voto appunto nel 2016? […] Traducendo e semplificando, la si potrebbe dunque mettere così: c’è un piano A – governare fino alla scadenza della legislatura – al quale adesso si aggiunge un piano B: andare al voto nella primavera prossima se l’azione di logoramento del governo (a cura soprattutto della minoranza Pd…) dovesse continuare.

A trainare la volata della campagna elettorale dovrebbe essere il taglio delle tasse annunciato qualche mese fa, che sarà inserito nella prossima legge di stabilità. Sul punto, le parole di Renzi a Rimini (“Il prossimo anno togliamo Tasi e Imu per tutti. Non è possibile continuare questo giochino”) hanno probabilmente generato un piccolo equivoco. Cancellare la Tasi sulla prima casa costa 3,5 miliardi di euro, se si aggiunge l’Imu agricola e sugli imbullonati si arriva a circa 4,3 miliardi; farlo per “tutti” ha relativamente poco senso (e non è un caso che, come riporta Carugati sull’HuffPost, “precisano fonti di palazzo Chigi, si tratta solo dell’intervento sulle prime case, sui terreni agricoli e gli impianti industriali, non della Tasi e dell’Imu per tutte le abitazioni”), considerando che complessivamente nel 2014 l’Imu ha prodotto un gettito complessivo di 19,3 miliardi di euro: manovra “fuori portata”, considerando che già trovare i “16 miliardi di margine” di cui parla Renzi per l’intera manovra 2016 sarà impresa non da poco (e servirà “trattare” in Europa).

A sostegno dell’idea di elezioni anticipate altri citano poi la volontà di Renzi di non farsi logorare lentamente dalla minoranza interna al PD e il timore degli ultimi sondaggi, che mostrano la crescita del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord di Matteo Salvini.

E dunque? C’è davvero l’ipotesi di elezioni anticipate in campo?

No, per una serie di ragioni, di carattere politico e “tecnico” assieme. In primo luogo, il piano fiscale del Governo ha senso solo se considerato nel suo complesso, dunque con lo stop all’Imu agricola, sugli imbullonati e alla Tasi sulla prima casa del 2016, con il taglio dell’Ires nel 2017 ed il “ritocco” all’Irpef e alle pensioni minime del 2018. E appare piuttosto fragile l’ipotesi di giustificare l’interruzione brusca del percorso di riforme con “le beghe interne al PD” (certo rilevanti, soprattutto se al Senato non riuscisse ad andare in porto l’operazione Verdini). Però poi bisognerebbe convincere Mattarella del fatto che sciogliere le Camere non getterebbe il Paese nello scenario peggiore possibile: la crisi politica con uno scenario simile a quello del febbraio 2013.

E qui entra in gioco il vero ostacolo alla possibilità che si voti per le politiche nel 2016: il combinato fra la legge elettorale e la riforma della Costituzione.

La nuova legge elettorale, l’Italicum, entrerà in vigore solo il primo luglio del 2016 (per effetto della “clausola di salvaguardia”), dunque un voto “in primavera” appare decisamente improbabile (voteremo col Consultellum? Ci sarà un decreto per disinnescare la clausola?). Ma non solo, perché, come noto, la legge elettorale vale solo per la Camera dei deputati e dunque in attesa dell’approvazione della riforma costituzionale Renzi – Boschi (che ha tempi ancora lunghi, considerando anche il referendum confermativo) e nel caso in cui fosse disinnescata la clausola di salvaguardia, si tratterebbe di andare al voto con un “doppio sistema elettorale” (o addirittura col Consultellum…). Con tutti i rischi che ciò comporta, anche quanto ai numeri al Senato.

E ancora: può Renzi assumersi la responsabilità di bloccare proprio il percorso di riforme costituzionali, rischiando un azzardo elettorale? La risposta è scontata anche in questo caso.

Del resto, finora il Presidente del Consiglio ha goduto di ampi margini di manovra e, seppur con tutte le difficoltà legate ai numeri e alle divisioni interne al PD, non ci sono garanzie sul fatto che questa non sia per lui la "migliore delle situazioni possibili" in questo determinato momento. Ragionando nella maniera più cinica possibile, siamo infatti sempre allo stesso punto: a chi conviene andare alle urne adesso? Alla minoranza del PD, che rischia di vedere azzerata, o comunque ridotta in maniera drastica la propria rappresentanza parlamentare? Al Nuovo Centro Destra, con percentuali da prefisso telefonico e con l'incubo di dire addio per sempre a posizioni privilegiate all'interno della squadra di Governo? A Forza Italia, che ancora non ha completato il percorso di ri-costruzione della classe dirigente e che dovrebbe lasciare campo libero a Salvini? Alle altre formazioni centriste "minori", che di fatto non rientreranno più in Parlamento? A Sinistra Ecologia e Libertà, che ha perso anche il riferimento greco e che rischia di ripiombare nell'incubo del 2008?

Tutte questioni che Renzi conosce bene, peraltro, e che ha usato in passato (e userà) come uno spauracchio per riportare all'ordine alleati scontenti e irrequieti.

E il tour dei 100 teatri, allora, che senso ha? Beh, in primavera si vota comunque, con appuntamenti delicatissimi e decisivi: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Cagliari. E forse, o meglio, nelle speranze di Renzi, anche Roma e Sicilia. Un test decisivo, che potrebbe dare lo slancio definitivo al progetto renziano (qualcuno ricorda il post 40% delle Europee?) o chiudere, allora sì, la parentesi su questa (prima?) esperienza a Palazzo Chigi.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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