La settimana scorsa ci è toccata la polemica sulla partecipazione (poi annullata) di Matteo Renzi alla Partita del Cuore: questione che, sia detto per inciso, certamente si poteva affrontare con maggiore buonsenso. Questa settimana abbiamo seriamente rischiato di replicare con la questione "Amici di Maria de Filippi", ovvero di avere a che fare con la coda di immancabili polemiche per la partecipazione del Presidente del Consiglio alla trasmissione del sabato sera di Canale 5. Partecipazione scongiurata, forse a causa dell'intervento dei vertici di Mediaset, forse per scelta dello stesso Renzi, forse a causa delle "segnalazioni" di altri esponenti politici.
Eppure sarebbe bastato leggere meglio (di nuovo) il regolamento della par condicio (norma sulla quale probabilmente si potrebbe riflettere, ma questo è evidentemente un altro discorso). Articolo 7, comma 6: "In tutte le trasmissioni radiotelevisive diverse da quelle di comunicazione politica, dai messaggi politici autogestiti e dai programmi di informazione ricondotti sotto la responsabilità di specifiche testate giornalistiche registrate ai sensi di legge, non è ammessa, ad alcun titolo, la presenza di candidati o di esponenti politici o di persone chiaramente riconducibili ai soggetti politici di cui all’art. 2 e non possono essere trattati temi di evidente rilevanza politica ed elettorale, né che riguardino vicende o fatti personali di personaggi politici".
Non è ammessa la presenza di candidati o esponenti politici, ad alcun titolo. Incluso dunque il Presidente del Consiglio, per il quale non sembrano previste interpretazioni alla norma, né deroghe speciali legate al "contenuto della sua partecipazione". Ovviamente la questione si arricchisce dei soliti contorni all'italiana, soprattutto il giorno dopo il lungo monologo praticamente senza contraddittorio di Silvio Berlusconi negli studi di Domenica Live. Trasmissione che, come Domenica In con L'Arena di Giletti, rientra però nella definizione di "altri programmi a contenuto informativo, riconducibili alla responsabilità di una specifica testata registrata ai sensi di legge", dunque può senza alcun dubbio ospitare candidati ed esponenti politici, purché siano assicurate "in maniera particolarmente rigorosa condizioni oggettive di parità di trattamento, riscontrabili dai dati del monitoraggio del pluralismo, ed osservano ogni cautela volta ad evitare che si determinino, anche indirettamente, situazioni di vantaggio o svantaggio per determinate forze politiche, considerando non solo le presenze e le posizioni dei candidati o comunque di persone chiaramente riconducibili ai partiti e alle liste concorrenti per il ruolo che ricoprono o hanno ricoperto nelle istituzioni nell’ultimo anno, ma anche le posizioni di contenuto politico espresse da soggetti e persone non direttamente partecipanti alla competizione elettorale" (articolo 7 comma 3).
Per la verità sulla presenza del Cavaliere negli spazi informativi, in particolare del servizio pubblico, ci sono dubbi più di carattere "etico" che normativo, estremizzati dall'appello di Libertà e Giustizia: "Si chiede alla Rai e ai suoi consiglieri che in attesa della riforma della disciplina dell’emittenza televisiva in Italia, si risparmi ai cittadini l’indegno e avvilente spettacolo del “politico” condannato per un grave reato, espulso dal Senato e tuttora oggetto di procedimenti penali in corso, che spadroneggia sulle reti del servizio pubblico". Considerazioni che però trovano scarsi appigli "legali" e sono destinate a cadere nel vuoto. Mentre quella che ci aspetta sarà molto probabilmente l'ennesima campagna elettorale vissuta nei salotti televisivi.