Deficit – PIL al 2,4%, ora Giovanni Tria spiega perché non si è dimesso
Torna a parlare il ministro dell'Economia Giovanni Tria, con una lunga intervista concessa al Sole 24 Ore, nella quale affronta ovviamente la questione dell'innalzamento del rapporto Deficit – Pil al 2,4% contenuto nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. Tria smentisce tutti i retroscena circolati in questi giorni, spiegando di non aver mai minacciato di dimettersi dalla carica di ministro e rivendicando anche la scelta operata dall'intero esecutivo. Il ministro ammette di essere al corrente delle preoccupazioni europee sul livello di deficit, ma si dice certo della possibilità di arrivare a un accordo: "Non si tratta assolutamente di una sfida all'Europa, se questo viene compreso si può aprire una discussione e il giudizio sul 2,4% può cambiare". Poi conferma di non volere recedere dagli accordi presi in sede europea, ma di volerli solo spostare in avanti nel tempo: "L’equilibrio e il pareggio di bilancio rimane un nostro obiettivo fondamentale, anche se il percorso per raggiungerlo viene allungato nel tempo per dare spazio all’esigenza fondamentale di rilanciare la crescita".
E proprio il rilancio della crescita è il punto su cui Tria ha intenzione di battere in sede europea per ottenere il via libera alla manovra: "Non avviare le riforme avrebbe finito per creare una prospettiva disastrosa: ancora bassa crescita, alta disoccupazione e difficoltà crescente a conciliare la discesa del debito con la stabilità sociale". Per paradossale che possa sembrare, nel ragionamento di Tria è entrato anche un ragionamento legato alla stabilità politica che "è uno dei pilastri della crescita", dunque "aprire un conflitto su una manovra che avrebbe prodotto instabilità politica avrebbe determinato un trade off negativo". Il compromesso raggiunto soddisfa pienamente il ministro dell'Economia, perché è certo che sul piatto della bilancia potrà mettere un massiccio piano di investimenti: "Senza questo piano, il deficit programmato sarebbe stato del 2,2% l’anno prossimo, e del 2% a fine triennio. Ma ho detto e ribadisco che il rilancio degli investimenti pubblici è fondamentale per recuperare il gap di crescita che ormai da dieci anni ci vede un punto sotto dalla media dell’Eurozona".