Decreto sicurezza bis è legge: il governo tiene al Senato e passa la prova della fiducia
Il decreto Sicurezza Bis, provvedimento fortemente voluto dal ministro degli Interni Matteo Salvini, è stato approvato in via definitiva – dopo il voto di fiducia – al Senato con 160 voti favorevoli, 57 contrari e 21 astenuti: la maggioranza, con 289 presenti e 238 votanti, era fissata a 109. Alla fine i dissidenti nel Movimento 5 Stelle sono stati cinque e sono risultati assenti al voto: Virginia La Mura, Matteo Mantero, Michela Montevecchi, Elena Fattori e Lello Ciampolillo. Il governo aveva posto la questione di fiducia, come era già accaduto alla Camera, per accelerare l'iter – la prima fiducia al decreto sicurezza a Montecitorio era passata con 348 sì. Quando il ministro per i rapporti con il Parlamento Fraccaro ha comunicato la decisione del governo applausi di scherno e grida "vergogna" si sono subito levati dai banchi del Pd. Dalla maggioranza, prima i senatori della Lega e poi quelli del M5S, dopo qualche secondo hanno risposto al Pd con altri applausi provocatori. Subito dopo l'approvazione è arrivato il commento, su Facebook, del ministro del'Interno: "Il decreto sicurezza bis, più poteri alle forze dell’rrdine, più controlli ai confini, più uomini per arrestare mafiosi e camorristi, è legge. Ringrazio Voi, gli Italiani e la Beata Vergine Maria". Un riferimento già fatto poco prima del voto al Senato.
La giornata di voto al Senato
I lavori a Palazzo Madama erano iniziati alle 12 con il voto sulle pregiudiziali sul dl sicurezza bis, presentate da Pd e LeU, subito bocciate con 217 contrari, 53 favorevoli e 2 astenuti (Forza Italia e Fratelli d'Italia hanno votato insieme alla maggioranza). Unico ministro presente in Aula quello per i Rapporti con il Parlamento. Presenti anche alcuni sottosegretari mentre tra i leader dei partiti c'era solo Giorgia Meloni.
La tensione fra Lega e M5S
Prima del voto la tensione tra i due alleati di governo era arrivata alle stelle, per via dei numeri traballanti della maggioranza: il governo ha rischiato di cadere per via dei dissidenti pentastellati, intenzionati fino all'ultimo a esprimere la propria contrarietà al decreto. Le parole del senatore Alberto Airola nel pomeriggio avevano fatto intravedere una soluzione di compromesso: "Non è il caso di far cadere il governo su questo, abbiamo visto di peggio". E poi in Aula ha spiegato così il suo cambiamento di rotta: "Ho fatto i calcoli, che sono anche sulla pelle delle persone, questo non è l'anticristo dei decreti, è una manifestazione di forza del nostro contraente, la Lega, e con lei non possiamo permetterci dividerci. In futuro avremo tante cose da fare, in primis fermare il Tav, la partita è ancora aperta… Anche se oggi sembro cedere, domani sarò duro e spietato e avrò ragione, perché conto di vincere". Quel che è certo è che per tutta la mattina i numeri sono stati tutt'altro che scontati: per raggiungere il quorum (161 senatori), la maggioranza poteva contare in teoria su 164 voti; ma senza il gruppetto di Cinquestelle dissidenti la maggioranza ha rischiato di andare sotto.
Il ruolo di Forza Italia
A peggiorare le cose ci si erano messi anche i senatori di Forza Italia. In un primo momento infatti gli azzurri avevano detto di essere pronti a lasciare l'Aula, per soccorrere l'esecutivo facendo scendere il quorum. Poi nel corso di questa movimentata giornata era arrivato l'annuncio dei senatori forzisti: al momento del voto di fiducia hanno sfilato sotto la presidenza dicendo "non partecipo al voto". I senatori di Fratelli d'Italia, come avevano anticipato, si sono astenuti, pur condividendo i contenuti del testo. Contrari i senatori dem, LeU, e i senatori del misto e delle autonomie, che non hanno votato la fiducia.
La protesta dei senatori del Pd
I parlamentari del Pd, in segno di protesta, hanno indossato delle t-shirt bianche con la raffigurazione di un'opera di Roberto Barni, e cioè un uomo gettato a testa in giù in un cestino della spazzatura e la scritta ‘non sprechiamo l'umanità'. Assente invece il senatore Matteo Renzi, in queste ore in Usa: "Leggendo i quotidiani di oggi vediamo che Salvini ha capito di avere i numeri sul decreto Sicurezza e dunque rilancia sulla Tav. Il giorno della verità viene spostato a mercoledì: vedremo dopo il voto delle mozioni Tav se il Governo starà in piedi o no", aveva scritto si Facebook.
Mercoledì il voto in Senato sulle mozioni Tav
Il prossimo appuntamento importante per il governo è fissato per mercoledì, quando verrano votate le mozioni sull'alta velocità Torino-Lione: lo stesso Salvini, arrivato a Palazzo Madama poco prima della prima ‘chiama', aveva rilanciato la questione della Tav: "Un voto contro l'opera è un atto grave contro il premier Conte". Il Carroccio è pronto a dare l'ok a tutte quelle a favore dell'opera, anche se nessuno ancora ha visto i documenti di Fi e Fdi. Darà l'ok anche alla mozione del Pd, mentre la mozione del Movimento Cinque Stelle è destinata ad essere bocciata.