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Decreto Dignità, il Pd avanza dieci proposte per cambiarlo: “È una norma inaccettabile”

Il Partito Democratico avanza dieci proposte per cambiare il Decreto Dignità. Dieci temi legati al mondo del lavoro e che secondo i dem dovrebbero essere introdotti nel provvedimento: dal ‘no’ al ritorno dei voucher, alla sperimentazione del salario minimo, passando per incentivi per chi assume a tempo indeterminato. Per Graziano Delrio “senza cambiamenti radicali il decreto Di Maio è inaccettabile”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il Partito Democratico chiede al governo e al ministro del Lavoro Luigi Di Maio di cambiare il Decreto Dignità, definito “inaccettabile”, e avanza dieci proposte alternative a quello che continua a definire il “decreto disoccupazione”. A rendere nota la posizione del Pd è il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, che su Twitter spiega: “Senza cambiamenti radicali il decreto Di Maio è inaccettabile. Invece di annunciare il voto di fiducia, il governo pensi a cambiare un provvedimento che fa male a giovani, imprese e famiglie”. E annuncia le “proposte alternative” al decreto del Pd, pubblicate sul sito dello stesso partito. I dieci punti riguardano il cuneo contributivo, la buonuscita per i lavoratori temporanei, il salario minimo, la proposta di abolire le norme contro l’aumento dei costi per colf e badanti e un ‘no’ al ritorno dei voucher, che proprio nella scorsa legislatura erano stati abrogati su spinta delle componenti sociali.

Il Pd parla di un decreto disoccupazione, “lontano dai problemi del mondo del lavoro", che “sa solo introdurre vincoli, balzelli e complicazioni, rischiando di spingere molti lavoratori, a partire da quelli più deboli, verso la perdita del posto di lavoro o il sommerso”. I dem chiedono quindi che “le nuove norme non si applichino ai rinnovi dei contatti in corso”. Ma, se il governo dovesse accettare questa richiesta, “si porrà una questione di legittimità costituzionale: sarebbe illegittimo l’utilizzo dello strumento del decreto legge, che presuppone l’urgenza di intervenire”.

Il Pd spiega le sue dieci priorità per il mondo del lavoro:

  1. Vogliamo ridurre il cuneo contributivo sul tempo indeterminato: il lavoro stabile vale di più, deve costare meno. Il Pd continua a chiedere l’abbassamento dei contributi a carico dei lavoratori di 4 punti in 4 anni sui contratti a tempo indeterminato.
  2. Vogliamo salvaguardare chi oggi ha un contratto a termine con un incentivo alla trasformazione: i nuovi esodati creati da Di Maio devono avere l’opportunità di essere stabilizzati, con un incentivo per la trasformazione a tempo indeterminato dei loro contratti.
  3. Vogliamo introdurre una buonuscita per i lavoratori temporanei non stabilizzati dalle imprese. Per favorire la trasformazione dei contratti a termine in contratti stabili, il Pd propone il pagamento ai lavoratori temporanei di una buonuscita compensatoria in caso di mancata stabilizzazione, proporzionata alla durata del contratto, e aggiuntiva rispetto al Tfr.
  4. Vogliamo che sia la contrattazione collettiva a definire le causali sul tempo determinato. Solo la contrattazione è in grado, settore per settore, di interpretare meglio le esigenze di lavoratori e aziende rispetto alla frettolosa formulazione del governo.
  5. Vogliamo avviare una sperimentazione sul salario minimo: un lavoro onesto richiede una paga onesta, per tutti. Il decreto non affronta in alcun modo il tema dei salari e di coloro che vengono pagati con salari fuori da ogni dignità retributiva. Il Pd chiede l’avvio di un percorso sperimentale di introduzione del salario minimo legale, incaricando un’apposita commissione formata da esperti e parti sociali.
  6. Tutele crescenti: vogliamo mantenere l’impianto del Jobs act per favorire il lavoro stabile. Il Pd è favorevole a mantenere il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, che anche il decreto disoccupazione di fatto non snatura, apportandovi modifiche del tutto marginali.
  7.  Somministrazione: come chiedono tutte le parti sociali, ci opponiamo a norme inutilmente punitive. Concordiamo con le parti sociali, che su questo punto si sono espresse con chiarezza: la somministrazione rappresenta oggi la forma di lavoro flessibile che dà più tutele al lavoratore, anche in termini economici e formativi, per questo è quella più cara per le aziende.
  8. Colf e badanti: ci opponiamo ad aumenti di costo per le famiglie. Le famiglie italiane, a causa dell’aumento del costo dei rinnovi, rischiano di spendere centinaia di euro in più all’anno per l’assunzione di colf e badanti. L’effetto reale di questo aumento sarà quello di spostare molti di questi lavoratori nel lavoro nero. Il Pd chiede l’esclusione dei contratti di lavoro domestico da questa disciplina.
  9. Voucher: ci opponiamo a ritorni al passato. Il Pd è contrario a un’estensione di tetti monetari, settori e imprese che riconducano le prestazioni occasionali al rischio di abusi, in particolare nel settore dell’agricoltura, e alla sostituzione di contratti subordinati a chiamata o a termine con lo strumento dei vecchi voucher.
  10. Investimenti per sostenere l’occupazione stabile e lo sviluppo del Paese: cambiare le regole del mercato del lavoro non basta per creare lavoro. Il Pd propone emendamenti per sostenere gli investimenti pubblici, nonché per favorire gli investimenti esteri in Italia.
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