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Ddl Anziani, per le associazioni il governo vuole “ghettizzare chi non è più produttivo”

L’ultimo Consiglio dei ministri di Draghi ha approvato il cosiddetto Ddl Anziani, l’inizio di un percorso di riforma per la cura delle persone anziane non autosufficienti. Ma per alcune associazioni del settore la riforma è “propaganda” e vuole creare un “serbatoio per le persone ritenute inutili”.
A cura di Luca Pons
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Nell'ultimo Consiglio dei ministri del governo Draghi, si è parlato anche della riforma per gli anziani non autosufficienti. Il governo l'ha definito "un provvedimento di notevole impatto sociale", ma alcune associazioni di categoria alzano la voce: "C’è tanta propaganda nel presentare il provvedimento", dice Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione promozione sociale, "ma la sostanza è una tragedia per le famiglie: diritti e novità non ce ne sono, le famiglie continueranno ad essere in balia di se stesse".

Cosa dice il testo del "ddl Anziani"

Il documento approvato dal Consiglio dei ministri, su proposta dal ministro delle Politiche sociali Andrea Orlando, è una legge delega. Ovvero una legge che, per ora, indica solamente i principi e criteri generali che il governo dovrà, poi, seguire nell'effettuare concretamente la riforma. La data limite per i decreti che metteranno in pratica le riforme è fissata al 31 marzo 2024. Ora il progetto verrà inviato alla Conferenza Stato-Regioni, poi tornerà al nuovo governo per un esame definitivo, e infine passerà al Parlamento.

Il testo del ddl è diviso in tre sezioni. La prima propone di creare un Comitato interministeriale per la popolazione anziana, o Cipa, e spiega come dovrebbe funzionare questo organo. La seconda sezione descrive le misure concrete da portare avanti, anche se resta nell'ambito delle linee generali. Si parla di promuovere la dignità e l'autonomia delle persone anziane, di semplificare e rendere più efficiente la legislazione esistente, ma anche di aumentare progressivamente i fondi disponibili per le riforme previste, e di semplificare le agevolazioni fiscali, sperimentando una "indennità unica universale".

La terza sezione è dedicata alle disposizioni finali, con alcune indicazioni tecniche legali e con la fonte delle risorse economiche per il progetto: il Pnrr. Infatti, la cura delle persone anziane non autosufficienti è uno degli ambiti di riforma previsti dal Piano. Oltre ai fondi già esistenti, quindi, i finanziamenti dovrebbero arrivare da due "missioni" del Pnrr che, insieme, raccolgono circa 6 miliardi di euro. Data la quantità di progetti finanziati con il Next Generation Eu, però, è difficile stabilire ora quanti soldi saranno effettivamente dedicati alla riforma per gli anziani non autosufficienti.

La risposta delle associazioni: "La riforma non dà risposte"

"Questa legge non dà nessuna risposta al 96% dei malati non autosufficienti, e non la dà nemmeno agli altri, quel 4% di anziani malati che rientra nei parametri Isee necessari per avere assistenza", afferma Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione promozione sociale, in un'intervista al Fatto quotidiano. "Il testo fa continuo riferimento alla disponibilità e ai limiti delle risorse economiche, che non bastano. Non c'è nessuna presa in carico del malato cronico non autosufficiente da parte del Servizio sanitario nazionale, a parte per le prestazioni sanitarie che sono già previste".

Con queste riforme non cambia nulla, nel concreto: "La stragrande maggioranza delle famiglie che cura i malati cronici non autosufficienti a casa resta allo sbando. Devono aggiustarsi da sole, improvvisarsi infermieri e oss". La Fondazione promozione sociale è nata a Torino nel 2003, ma raccoglie associazioni volontarie attive fin dagli anni '60. Si occupa del diritto alle cure per le persone non autosufficienti. Breda dice che in questa riforma ci sarebbe un "taglio discriminatorio", perché ipotizza di creare un servizio di assistenza esclusivo per gli anziani malati cronici, separato dal Servizio sanitario nazionale. Questa sarebbe una "ghettizzazione per chi non viene considerato più produttivo", un "serbatoio dove si scaricano le persone ritenute inutili, per le quali le risorse saranno sempre meno".

"Vogliono risparmiare sulla Sanità, così si impoveriscono le famiglie"

L'obiettivo ultimo della riforma sarebbe "scaricare dalla sanità tutti coloro che non guariscono e che creano la necessità di cure di lunga durata, quindi di investimenti", sostiene Breda. È un processo che va avanti da anni: "Hanno iniziato negli anni 2000 a ledere il diritto di cure senza limiti temporali", stabilito dalla legge che ha creato il Sistema sanitario nazionale nel 1978 .

Prima "si sono previsti dei termini oltre i quali il malato cronico deve pagare il 50% delle cure". Poi, "le Regioni hanno iniziato a inventare delle commissioni per valutare non tanto la tua necessità di cure, quanto l'entità del patrimonio che ti permetterebbe di curarti da solo". Si tratta, quindi, principalmente di una questione economica: "Così si sono impoverite, e continueranno a impoverirsi, le famiglie". Il rischio, per Breda, è che la cura delle persone malate croniche non autosufficienti diventi "l'ambito in cui se ci sono i soldi, bene, se non ci sono pazienza".

Tra le conseguenze dello scarso contributo della sanità pubblica c'è il fatto che "i cittadini sono spinti a comprare polizze assicurative". Ania, l'Associazione nazionale delle imprese assicuratrici, è stata inclusa nel comitato tecnico-scientifico che ha accompagnato i lavori di preparazione della riforma. Comitato che invece, lamenta Breda, non ha mai richiesto interventi dei rappresentanti di famiglie e malati.

Anche Donatella Oliosi, presidente dell'associazione veronese Di.A.N.A. onlus dedicata ai diritti dei non autosufficienti, sottolinea che le persone malate non autosufficienti "non vengono presentate per quello che sono, cioè malati cronici: nel provvedimento non viene mai usata la parola ‘malato' – effettivamente non appare mai nelle 11 pagine di ddl – ed è fatto con malizia", perché se fossero indicati come malati ricadrebbero nel quadro dei Livelli essenziali di assistenza, i criteri che devono essere rispettati dal Servizio sanitario nazionale. Invece, in questo modo, gli sono riconosciute "cure che non vengono erogate a lungo termine, ma solo in base alle risorse".

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