Davvero il governo Meloni vuole cancellare la Decontribuzione Sud per le assunzioni nel Mezzogiorno?
Un incentivo da 3,3 miliardi di euro all'anno potrebbe terminare a fine giugno e mettere improvvisamente in difficoltà le aziende che impiegano circa due milioni di lavoratori nel Mezzogiorno. Si tratta della Decontribuzione Sud, una misura lanciata dal governo Conte nel 2020 ed entrata in vigore l'anno dopo. Sulla carta avrebbe dovuto durare fino al 2029, ma dato che è finanziata sia con soldi italiani che europei l'Italia ha dovuto negoziare regolarmente con l'Ue per rinnovarla di anno in anno. Ora la misura è in scadenza, terminerà il 30 giugno. E le opposizioni accusano il governo Meloni di non avere intenzione di prolungarla oltre.
Cos'è Decontribuzione Sud
Secondo l'accusa della minoranza, il governo avrebbe intenzione di sostituire la Decontribuzione Sud con i bonus contenuti nel decreto Coesione, approvato il 30 aprile. In quel caso, però si tratta di misure che aiutano le aziende in casi specifici – se assumono a tempo indeterminato di under 35, donne, persone disoccupate da tempo – e solo per le nuove assunzioni. La misura già esistente per il Sud, invece, copre il 30% dei contributi per tutte le assunzioni. La stima dell'Inps è che nel 2022 siano stati agevolati poco meno di due milioni di lavoratori assunti nel Mezzogiorno, che beneficiano della misura. Non si parla di un aumento in busta paga per il dipendente, ma di uno sconto per l'azienda, per compensare il fatto che al Sud il lavoro costi di più a causa delle mancanze infrastrutturali.
La difesa del ministro Fitto: "Avvieremo negoziati per rinnovarla"
Rispondendo alle polemiche Raffaele Fitto, il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, ha affermato che invece il governo ha tutta l'intenzione di rinnovare la misura. Finora, ha detto, prolungarla di volta in volta nelle trattative con l'Ue era stato più semplice perché la Decontribuzione era stata inserita prima nel pacchetto di misure speciali legate alla pandemia, poi in quelle legate alla guerra in Ucraina. Infatti, il governo Meloni aveva ottenuto l'ultimo rinnovo proprio lo scorso dicembre, perché le regole speciali del ‘pacchetto Ucraina' erano state prorogate dall'Europa fino al 30 giugno 2024.
Secondo la spiegazione di Fitto, quindi, non sarebbe quindi stato possibile per l'Italia chiedere già a dicembre un rinnovo più lungo. Ora, ha insistito il ministro, il governo "avvierà un negoziato con la Commissione europea per verificare nuove modalità possibili di applicazione della misura Decontribuzione Sud". Insomma, per prolungarla di almeno altri sei mesi. "Chi sostiene che il governo non vuol confermare la Decontribuzione è o in evidente malafede o, peggio, non conosce in alcun modo le ragioni e le procedure in base alle quali è stata concessa fino a giugno 2024", ha concluso.
Gli esponenti della maggioranza sono corsi in difesa di Fitto. La responsabile Sud per Fratelli d'Italia, Carolina Varchi, ha attaccato: "Finora tutti i governi, compresi quelli che ci hanno preceduto, hanno dovuto richiedere all'Europa proroghe di sei mesi o un anno. Esattamente come ha fatto il nostro governo ribadendo la richiesta di proroga della misura oltre il 30 giugno 2024. Continuiamo a lavorare seriamente, in attesa della prossima bufala". Al momento, comunque, non è chiaro a che punto sia l'eventuale richiesta di rinnovo: Fitto non ha specificato se la trattativa sia iniziata o meno, né quando il governo si sia mosso per ottenerla.
Opposizioni in rivolta, Conte: "Governo colto con le dita nella marmellata"
Questo ha spinto l'opposizione a pensare che, in realtà, l'intervento del ministro sia servito a mettere una pezza sulla questione: "Fitto ha fatto retromarcia, li abbiamo presi con le dita nella marmellata", ha attaccato Giuseppe Conte parlando con i cronisti a Lecce. "Adesso il ministro dice che andrà a rinegoziare. Aspettava che glielo dicessimo noi di andare a rinegoziare? Muoviti, vai a Bruxelles, fatti valere. Ma con quale spirito ci andrà? In ritardo? Dopo che questo governo ha dichiarato che l'avrebbe rimossa? Partiamo proprio svantaggiati".
Nel Partito democratico, ha commentato la senatrice ed ex segretaria Cgil Susanna Camusso: "Non so se essere allibita o ormai rassegnata dinanzi alle politiche disastrose che il governo sta attuando nel Mezzogiorno. Circa 3 milioni di lavoratori rischiano di perdere il proprio posto", mentre la senatrice Valeria Valente ha criticato Fitto: "Anche sui tagli alla decontribuzione per le imprese del Sud sta facendo a scaricabarile. Il governo Meloni si sta muovendo verso un taglio drastico rispetto a impegni già assunti nei confronti delle aziende. Si delinea un governo nemico del Mezzogiorno".
Nelle ultime ore, sia i sindacati che i rappresentanti del mondo aziendale si sono espressi in difesa della Decontribuzione. Il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, ha attaccato: "Il governo Meloni azzoppa il Mezzogiorno con il rischio concreto di una severa crisi produttiva e occupazionale. Lo sviluppo del Sud non interessa a un esecutivo che risponde ad altri blocchi sociali in altre aree del Paese". Il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana, è intervenuto: "La Decontribuzione Sud è una delle più efficaci misure mai messe in campo dallo Stato italiano dall'Unità d'Italia fino ad oggi e non va abolita. Compensa i tanti svantaggi competitivi del contesto in cui lavorano le imprese del Sud".