Quando penso alla parola amore penso alla voce di mia nonna, a Paperina e Paperino, a Franca Rame e Dario Fo.
"È morto Dario Fo" è uno dei modi di vedere questa storia. Ma io preferisco l'altra prospettiva: Dario Fo ha raggiunto Franca e ora sfottono il potere da lassù.
Dario Fo è stato uno degli intellettuali più grandi ad aver calpestato il mondo contemporaneo, e mi è sempre piaciuto perché aveva la capacità di stare sulle scatole a tutti. A sinistra, perché lo accusavano di essere stato "repubblichino e fascista"; e per un breve periodo davvero si arruolò nei paracadutisti, e poi spiegò "l'ho fatto per paura, per portare a casa la pelle". E anche per questo è stato grande, secondo me, per la modalità della spiegazione. Perché in tutta la sua vita Dario Fo ha dimostrato di essere nobile negli intenti e nei risultati, senza dubbi sulla parte da abbracciare, ma senza perdere la fragilità dell'errore. Dario Fo ha stupito chi voleva un uomo perfetto, dimostrandosi perfettamente un uomo. Un uomo che può anche cadere, per paura, la più vigliacca delle sensazioni.
Dario Fo mi è sempre piaciuto perché stava sulle scatole alla Chiesa, quella ingessata, frastornata dal luccichio degli ori. E non capiva, quella parte di Chiesa lì, come un giullare potesse restituire dignità agli oppressi meglio di loro. E come facesse, in fondo, quel giullare lì, ad essere più religioso di loro.
Dario Fo mi è sempre piaciuto perché stava sulle scatole alla destra e ai fascisti, che un giorno violentarono Franca Rame.
Dario Fo mi è sempre piaciuto perché diceva quello che pensava. E stava sulle scatole a tutti. E quando vinse il Nobel per la Letteratura scoprimmo un'Italia piccola e invidiosa. Perché in Italia i potenti non si erano accorti che lui era più potente di loro. E continuavano a dargli addosso con la stessa efficacia con cui un gruppo di piccioni guarda un'aquila e tuba: "non mi sembra che voli tanto bene".
Dario Fo mi è sempre piaciuto perché piaceva alle persone che ho stimato di più. Perché ha scritto i libri più belli sul teatro, sull'improvvisazione, sulla politica, e in definitiva su un certo modo di stare al mondo a cui ogni tanto cerco di somigliare. Un modo un po' così, curioso con il naso all'insù e l'impertinenza sulla lingua. A fronte alta, sorridendo alla morte, perché ti trovi vivo e non già morto.
Tra l'altro, questa mattina, l'incontro fra Dio e Dario Fo deve essere stato uno spettacolo, spero che qualcuno l'abbia registrato, perché quando sarò morto me lo voglio vedere in streaming, fra un commento di Terzani e una musica di Giorgio Gaber. Gli unici tre buoni motivi, insieme ai mie nonni, per morire senza patemi e con un po' di curiosità.