Dalle armi ai premi in bitcoin, denunciati due leader del gruppo No vax ‘Guerrieri ViVi’
La firma è una doppia v, che richiama – non a caso – quella usata dal protagonista di V per Vendetta. Solo che nel marchio di riconoscimento che il gruppo complottista No vax ‘Guerrieri ViVi' ha impresso per mesi sui muri esterni di ospedali, scuole, redazioni giornalistiche e molti altri luoghi sensibili, di v ce ne sono due. Oggi – a più di un anno dall'apertura dell'indagine a carico di 29 persone – la Polizia di Stato ha condotto una serie di perquisizioni in tutta Italia: tra Brescia, Verona e Matera. Sono tre le persone coinvolte, di cui due sono indiziate di essere promotrici del gruppo nell'ambito del procedimento per associazione segreta e istigazione all'interruzione di pubblico servizio.
La Polizia racconta di mesi di serrate indagini informatiche, che hanno portato gli agenti a setacciare i gruppi Telegram su cui i "guerrieri" facevano proseliti. Centinaia di chat setacciate, documenti controllati, fotografie verificate, hanno portato le forze dell'ordine a risolvere il vero rebus di questa tipologia di indagini: scovare chi si nasconde dietro l'anonimato, costruito ad hoc grazie a reti Vpn e il servizio di messaggistica russo.
Gli agenti spiegano che il gruppo No vax ha preso di mira quotidianamente rappresentanti delle istituzioni e medici, con commenti violenti postati in maniera coordinata. Poi i gesti dimostrativi, con le sedi di Asl, hub, ospedali, scuole e sindacati imbrattate di vernice rossa con frasi contro i vaccini, ma anche in generale contro vari tipi di complotto. Anche perché, osservano le forze dell'ordine, con la conclusione delle restrizioni legate alla pandemia di Covid, il gruppo – "dichiaratamente ossessionato da ogni presunta forma di controllo" – è passato ai pagamenti elettronici, il 5G, il cambiamento climatico e temi simili, riproducendo lo stesso schema usato in precedenza: attacchi violenti contro i sostenitori di queste tematiche.
I leader del gruppo creavano anche alcune sfide rivolte ai partecipanti, che dovevano compiere degli illeciti in cambio di premi in bitcoin. Si andava dall'imbrattare un luogo istituzionale a posizionare uno striscione, e il bonus in criptovaluta andava solo al più meritevole. A chi aveva compiuto il gesto "più eclatante".
Il passaggio più inquietante, però, riguarda la perquisizione svolta questa mattina dalla Digos: passate al setaccio le residenze degli indagati, i loro luoghi di lavoro e un maneggio in provincia di Brescia dove si incontravano. Gli agenti hanno scoperto che il gruppo dei "guerrieri" era ancora attivo, ma non solo: sono state rinvenute – e ritirate in via cautelativa – sei armi tra pistole e fucili regolarmente denunciate. È stato predisposto anche il sequestro preventivo dei loro mezzi di comunicazione e di propaganda in rete, con l'oscuramento dei canali Telegram che però – come dimostrato in passato – da solo serve a ben poco.