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Dall’addio al mercato tutelato dell’energia alla riforma della giustizia: le norme approvate in Cdm

Il governo ha approvato un nuovo testo sull’Energia e due decreti legislativi sulla riforma della giustizia, ma la notizia principale del Consiglio dei ministri di ieri sera è la fine del mercato tutelato per le bollette.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Dalla giustizia all'energia, il Consiglio dei ministri di ieri sera ha varato una serie di misure su indicazione dei ministri Nordio e Pichetto. Il primo provvedimento approvato è il nuovo decreto Energia, che da settimane sembrava pronto per approdare in Cdm salvo venire rinviato sempre all'ultimo minuto. Il governo ha dato il via libera al testo, che non prevede però la proroga del mercato tutelato. Le ultime speranze si erano affievolite con il tempo, con lo staff del ministro Pichetto che faceva filtrare ormai da settimane l'impossibilità di prorogare la misura.

Nel testo ci sono: una riforma delle agevolazioni a favore delle imprese energivore, la semplificazione amministrativa di alcune procedure in materia energetica, misure per accelerare gli investimenti sull'autoproduzione di energia rinnovabile, il rilascio di nuovi titoli abitativi per la coltivazione di idrocarburi, la semplificazione del procedimento per la realizzazione di condensatori ad aria presso centrali già esistenti, l'individuazione di due aree marittime nel Mezzogiorno in cui costruire impianti eolici galleggianti, alcune disposizioni finalizzate alla realizzazione di nuovi sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento.

Il Consiglio dei ministri ha approvato anche parte della riforma della giustizia voluta dal Guardasigilli Nordio, strutturata in due decreti legislativi. Il primo prevede una razionalizzazione del funzionamento del consiglio giudiziario, viene rimodulata l'assegnazione degli incarichi, anche "attraverso la definizione dei concetti di merito e attitudini" – le cosiddette pagelle alle toghe -, e si rivede il numero degli incarichi semidirettivi. Il secondo decreto legislativo, invece, disciplina il collocamento fuori ruolo per i magistrati, che diventa obbligatorio in due casi:

  • nel caso di incarico che non consente l’integrale svolgimento ordinario del carico di lavoro;
  • per gli incarichi di capo e di vice-capo dell’ufficio di gabinetto, di Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, di capo e di vice-capo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri o presso i consigli e le giunte regionali, oltre che direttore dell’Ufficio di Gabinetto e capo Segreteria di un Ministro.

Inoltre, il collocamento fuori ruolo potrà essere autorizzato solo dopo dieci anni di attività e dovrà essere rispettato un numero massimo di magistrati in questa condizione. Inoltre il collocamento fuori ruolo è autorizzato quando l’incarico da conferire corrisponde a un interesse dell’amministrazione di appartenenza. Complessivamente non si possono superare i sette anni fuori ruolo, salvo condizioni particolari in cui si può arrivare a dieci. Sono esclusi, però, gli incarichi elettivi o di governo.

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