di Nicola Zingaretti
Le tende delle studentesse e degli studenti davanti agli atenei rappresentano un clamoroso richiamo alla realtà rivolto alla destra al governo e, più in generale, alla politica. Il Truman Show dove va tutto bene è finito. Il Governo da mesi ha eletto il “merito” come impegno assoluto e unico della nuova fase nel campo della scuola e più in generale della formazione. Nei provvedimenti sul lavoro e sul sociale emerge un modello di società dove vige solo la legge del più forte: chi ce la fa vada avanti. Chi è in difficoltà si arrangi. Dimenticano l’indicazione dell’art 3 della Carta, “La Repubblica rimuove gli ostacoli”.
Solo pochi giorni fa, abbiamo assistito al goffo tentativo del Governo di rappresentare il Pnrr addirittura come un problema e non come una straordinaria opportunità. Hanno già cominciato a dire che non arriveranno tutti i soldi, non capendo che dietro ai numeri c’è il rischio concreto di perdere fondamentali possibilità di futuro, soprattutto per i giovani: ad esempio, gli oltre 50.000 posti letto per il diritto allo studio che ora sono a rischio. A marzo avevo avanzato su questo una interrogazione alla ministra Bernini, che si è ben guardata dal rispondere, perché probabilmente non era ritenuto tema importante. Ora sono i giovani, con la loro protesta, con i loro corpi e le loro voci a ricordare l’urgenza di agire e che, ad esempio, in quel Pnrr ci sono 960 milioni di euro per alloggi studenteschi. Un governo con un minimo di responsabilità correrebbe immediatamente ai ripari. Loro fanno spallucce e preferiscono dire che, se c’è una questione caro-affitti, è colpa delle amministrazioni nelle città del centrosinistra. Grottesco. Poi la ministra Bernini di fatto smentisce e annuncia uno stanziamento per rimediare.
Purtroppo, quello delle residenze universitarie è solo un tassello dell’enorme questione giovanile che le scelte del governo stanno aggravando. È la vera emergenza italiana, ma Meloni e i ministri del suo governo continuano a ignorarla. Anzi, si muovono per peggiorarla.
I numeri sono macigni: l’Italia è il primo paese Ue per l’incidenza di giovani che non lavorano, non studiano o non sono in un percorso di formazione. Nella fascia 15-34 anni sono tre milioni, una città più grande di Roma. Siamo il terzo Paese Ue con la più alta dispersione scolastica. Sono aumentati enormemente i minorenni in povertà assoluta, sono 1,4 milioni, un valore destinato a crescere ulteriormente dopo lo smantellamento del reddito di cittadinanza. Abbiamo avuto il record negativo di nascite nel 2022, per la prima volta meno di 400mila, e sono sempre più i giovani che lasciano il Paese, spesso non per scelta, ma perché costretti da scarse prospettive occupazionali. A tutto questo si aggiunge, in modo a questo punto radicale, l’angoscia per la fine della possibilità di vivere nel Pianeta nel modo che fino a ora il genere umano ha conosciuto. La politica e il potere fanno fatica a comprendere che, ovviamente, chi ha di fronte a sé una prospettiva di vita di 70-80 anni, di fronte ai disastri ambientali e ciò che comportano, ha paura e chiede una svolta radicale nel nostro modello di sviluppo: dobbiamo totalmente reinventare il modo di come si sta al mondo.
Invece, il governo va in direzione ostinata e contraria: dimostra l’assoluta impermeabilità ai temi della transizione ecologica che i giovani chiedono di affrontare. Inoltre, incoraggia gli evasori, creando nuovo debito che ricadrà sulle spalle delle ragazze e dei ragazzi di domani; taglia la spesa pubblica reale per la salute e la scuola; approva provvedimenti che aumenteranno il precariato, perché come ha sostenuto il ministro Zangrillo gli italiani vogliono il “lavoro figo”, non la stabilità. Rimettere al centro la questione giovanile dunque coincide con il rilancio di una speranza di futuro per l’Italia. Next Generation Eu lo avevamo pensato pensato e voluto per questo e la superficialità con la quale si sta affrontando questo tema è molto grave.
Occorrono obiettivi chiari per dare un futuro al Paese: più investimenti nella scuola per arrivare al 5% del PIL, un valore molto più alto rispetto al 3,8% previsto nel DEF per il 2025 dall’attuale governo. Più investimenti nella sostenibilità. E soprattutto, lavoro di qualità, giustamente retribuito e non precario.
Forse, nel 75esimo anniversario della Costituzione, la sinistra dovrebbe, unita, porsi questo obiettivo rivoluzionario: attuarla. Sarebbe, oltre che giusto, il modo più vero e concreto di ricucire una frattura con una generazione che alla Costituzione vuole credere, ma che nel proprio percorso di vita vede continuamente mortificata.