Dalla cannabis light al carcere per le detenute madri: le novità del dl Sicurezza che slitta a settembre
Il decreto Sicurezza, il cui arrivo in Aula era atteso prima della pausa estiva dei lavori parlamentari, il 5 agosto, slitta a settembre. Lo ha stabilito ieri la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, dopo che le opposizioni avevano contestato l'accelerazione impressa dalla maggioranza con una seduta notturna e il contingentamento dei tempi. Per cui l'annuncio del rinvio in Aula alla Camera da parte del vicepresidente Fabio Rampelli è stato salutato da un applauso delle forze di minoranza.
"Giudico il lavoro fatto fin qui come un importante tassello di un percorso che questo governo sta portando avanti da due anni per aumentare i livelli di Sicurezza, dare risposte ai cittadini sui vari allarmi sociali che ci sono. Penso ad esempio alle occupazioni abusive, alle borseggiatrici o ancora a chi blocca con manifestazioni violente i cantieri. Questo decreto affronta tutte queste situazioni", ha detto il sottosegretario all'Interno, Nicola Molteni, in un'intervista a "Libero".
Cosa c'è nel testo del decreto Sicurezza che slitta a settembre
Nella seduta fiume della notte tra il 31 luglio e il 1 agosto era a dedicata al ddl sicurezza in commissione alla Camera è stato anche approvato l'emendamento che equipara la cannabis light a quella con Thc.
L'emendamento, che entrerà in vigore solo dopo l'ok definitivo del provvedimento (in prima lettura alla Camera), propone quindi di intervenire sulla legge a sostegno della filiera della canapa ad uso industriale, con quantità di Thc inferiore allo 0,2%. Lo scopo è quello di "evitare che l'assunzione di prodotti da infiorescenza della canapa possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che mettano a rischio la sicurezza o l'incolumità pubblica o la sicurezza stradale".
Si vieta, dunque, la coltivazione e la vendita delle infiorescenze, anche di cannabis a basso contenuto di Thc, per usi diversi da quelli espressamente indicati nella legge stessa, e quindi quelli industriali consentiti. Il commercio o la cessione di infiorescenze viene punito con le norme del Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti, parificando dunque la cannabis light a quella non light.
Per il segretario di +Europa Riccardo Magi "il governo Meloni, in preda alla furia ideologica, cancella una filiera tutta italiana, 11mila posti di lavoro. E pensano anche di aver fatto la lotta alla droga".
"Equiparare la cannabis light a quella con Thc è un gravissimo errore e il governo stanotte, stavolta sì con il favore delle tenebre, approvando un emendamento al decreto sicurezza ha deciso di azzerare un settore produttivo che impiega migliaia di persone e fattura oltre 500 milioni all'anno", spiega Stefano Vaccari, capogruppo Pd in commissione Agricoltura e segretario di Presidenza della Camera. "Ha vinto, almeno per ora, la follia propagandistica del governo che pensa così – sottolinea – di comunicare un impegno istituzionale contro le droghe che però sono altra cosa rispetto alla cannabis light con potenziale produttivo tra cosmesi, erboristeria, integratori alimentari e florovivaismo. Una scelta sbagliata che colpisce un settore che impegna molti giovani e che avrebbe dovuto essere aiutato e non certo annientato anche perché non ci sono controindicazioni di ordine sanitario".
Le altre misure nel decreto Sicurezza
Il testo contiene alcune novità, approvate durante l'iter nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia. Nelle scorse settimane era stato confermato lo stop all'obbligo di rinvio della pena per le detenute madri, rinvio che diventa quindi facoltativo. Forza Italia però ha già annunciato che presenterà un emendamento in Aula per il mantenimento dell'obbligo del differimento della pena per le detenute madri.
L'articolo 12 del ddl modifica quindi gli articoli 146 e 147 del codice penale. In sostanza, al momento, non sarebbe più obbligatorio il differimento della pena detentiva nel caso di donne incinte o con bambini di età inferiore ad un anno. E vengono inoltre strette le maglie della possibilità del differimento.
Approvata anche la cosiddetta ‘norma anti Gandhi', che prevede carcere fino a un mese per chi da solo blocca una strada o una ferrovia e da sei mesi a due anni se il reato viene commesso da più persone riunite. Tra le aggravanti introdotte nel provvedimento c'è anche quella per i reati commessi nelle stazioni o nelle loro vicinanze.
Nel testo si trova anche un'aggravante per punire la violenza o la minaccia a un pubblico ufficiale se commessa per impedire la realizzazione di un'opera pubblica o di una infrastruttura strategica. Una norma che è stata letta come un modo per punire i No Ponte o i No Tav.
Tra le ultime novità c'è anche l'ok alle bodycam per le forze di polizia impegnate nel mantenimento dell'ordine pubblico, anche se non come dotazione obbligatoria. Per la misura sono stati stanziati in tutto 23,4 milioni in tre anni. Niente però numeri identificativi sulle divise degli agenti.