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Crisi di Governo 2022

Dal caso Savona al Papeete, tutte le volte che la legislatura si è salvata dalle crisi di governo

Fin dal 2018 il cammino è stato complicato: a pochi mesi dalle Politiche prese quota l’ipotesi di nuove elezioni ad agosto. Eppure con una serie di colpi di scena si è arrivati a pochi mesi dalla scadenza naturale. Ecco il film di questa legislatura.
A cura di Stefano Iannaccone
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Il rischio di elezioni anticipate, per l’ennesima volta, prende forma in una legislatura che ha vissuto con questa minaccia continua, dimostrando però di avere la tempra di Highlander. O con le tipiche sette vite. Nelle prossime ore si capirà davvero se proseguirà ancora oppure ci sarà lo scioglimento delle Camere, tante volte scongiurato. Già all’inizio della legislatura, infatti, aveva preso forma l’ipotesi di elezioni nello stesso anno, nel 2018, in piena estate. E il cerchio, quattro anni dopo, si chiude con un’ipotesi simile: una crisi estiva e gli italiani chiamati alle urne tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno. Un remake riveduto e aggiornato, insomma.

Il motivo di un cammino così complicato è legato all’esito elettorale delle Politiche, che aveva consegnato un quadro frammentato; così fu acceso il “primo forno” da Luigi Di Maio, all’epoca capo politico del Movimento 5 Stelle, con il leader della Lega, Matteo Salvini, nei giorni di aprile. L’abboccamento non andò a buon fine, così il M5S aprì all’ipotesi, imponderabile fino a qualche settimana prima: l’alleanza con il Partito democratico, che nel frattempo era passato dalla leadership di Matteo Renzi alla reggenza di Maurizio Martina. I primi contatti stavano andando bene. “Personalmente ritengo che sia nostro dovere farlo, rilanciando la sfida”, disse Martina. Dopo pochi giorni, però, arrivò il niet di Renzi, che definì “impossibile” l’accordo con i 5 Stelle, facendo ripartire il dialogo tra Di Maio e Salvini. Elezioni anticipate? Non escluse affatto.

A maggio maturò uno stop più pesante: sembrava tutto pronto, con l’intesa sul nome di Giuseppe Conte come presidente del Consiglio. Ma la lista dei ministri fu stoppata dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, pose il veto sul nome di Paolo Savona al Ministero dell’Economia. Troppo euroscettico secondo il Colle. Tutto saltato, quindi, ed ecco che l’incarico fu consegnato all’economista Carlo Cottarelli dietro l’iniziativa del Quirinale. In quelle ore non si parlava altro che di fine lampo della legislatura, vista l’indisponibilità dei partiti a votare la fiducia a un governo Cottarelli, con l’ipotesi – mai vista – di voto tra fine luglio e inizio agosto. Al massimo dopo il Ferragosto. Quando tutto portava a pensare al precipizio, la questione si ricompose in poche ore con lo spostamento della pedina di Savona agli Affari europei, sancendo la nascita dell’esecutivo gialloverde Conte, l’1 giugno 2018.

Dopo poco più di un anno, però, la legislatura subì il secondo stop, con la prospettiva di un voto anticipato. Fu la famosa estate del Papeete di Salvini, che sull’onda di un consenso in crescita, testimoniato dal 34,3% incassato alle Europee, decise di rompere con i 5 Stelle al termine di tensioni su vari dossier, dalla Tav alla Giustizia. Alla chiusura dei lavori del Parlamento, la Lega ufficializzò la rottura della coalizione, spalancando le porte al ritorno al voto con Salvini che ambiva ai “pieni poteri”. Nell’agosto più imprevedibile degli ultimi decenni politici, però, Renzi fece la “mossa del cavallo” che ha allungato la vita alla legislatura, dando il via libera al confronto e all’intesa con il Movimento 5 Stelle. La trattativa tra Di Maio e l’allora segretario del Pd, Nicola Zingaretti, non fu una passeggiata, tanto che comunque in molti prevedevano un ritorno alle urne in autunno.

Il 5 settembre, tuttavia, Conte iniziò la sua seconda avventura a Palazzo Chigi con il governo giallorosso. Pochi mesi ed ecco un ulteriore problema. A febbraio si profilò un nuovo vento di crisi con lo spauracchio delle elezioni che stava riprendendo consistenza: Renzi, pochi mesi dopo la scissione nel Pd e la conseguente fondazione di Italia viva, aveva bocciato la riforma Bonafede sulla Giustizia. E stava arrivando al punto di rottura. L’esplosione della pandemia fu l'occasione inattesa per ridare fiato all’azione di governo, almeno fino al dicembre del 2020 quando deflagrarono le nuove tensioni tra renziani e pentastellati, o meglio tra Renzi e Conte, su Mes, politiche economiche e l’immancabile nodo della Giustizia. La vicenda si chiuse con il tentativo di Conte di formare un terzo governo, rinunciando a Iv e ricorrendo a eventuali Responsabili, disposti a garantirgli la fiducia. L’obiettivo non fu centrato, mancavano i numeri.

Ancora una volta prese forma l’ipotesi del voto prima della scadenza naturale della legislatura: appariva l’epilogo più scontato.  Ma con l’emergenza pandemica ancora in corso e l’avvio dei lavori del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), Mattarella chiese ai partiti la disponibilità ad appoggiare un esecutivo di “unità nazionale”, presieduto da Mario Draghi. La navigazione a Palazzo Chigi dell’ex numero uno della Bce non è stata semplicissima, ma con lui alla presidenza del Consiglio in tanti pensavano che non ci fossero ulteriori battute d’arresto per arrivare al voto nel 2023, così come previsto. E invece no: la legislatura Highlander è di nuovo in discussione, data ormai per morta. Ma con queste esperienze pregresse, lo si potrà dire solo quando ci sarà l’eventuale decreto di scioglimento delle Camere.

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