D’Alema: “La riforma costituzionale è un pasticcio, creerà una paralisi infinita”
L'ex presidente del Consiglio Massimo D'Alema prosegue la sua campagna per il "No" al referendum costituzionale del prossimo autunno. In un'intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno, D'Alema ha sentenziato, senza mezzi termini: "Se dovessimo prendere per buone le dichiarazioni di Renzi sulle conseguenze del referendum in caso di vittoria del No, dico solo che si farebbe un altro governo. C'è in Italia un numero cospicuo di personalità in grado di guidare l'esecutivo. Nessun diluvio senza Renzi", ribadendo lo stesso concetto espresso in un'intervista rilasciata poche settimane fa.
Dovesse davvero dimettersi Matteo Renzi, di personalità pronte a guidare il Belpaese ce ne sarebbero eccome, secondo D'Alema. A partire dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, del quale si è fatto il nome nei giorni scorsi, la lista è lunga, ma D'Alema ribadisce che la scelta ricadrebbe solo e unicamente sul presidente della Repubblica e non se la sente di fare ipotesi: "Non faccio ipotesi. La decisione tocca al presidente della Repubblica. È evidente che noi saremmo obbligati a fare un governo. Uno, per approvare riforme serie. Due, per non andare alle elezioni con leggi elettorali diverse", sottolinea D'Alema.
E se Renzi dovesse perdere, che cosa succederà nel Partito Democratico? La risposta dovrebbe essere il congresso, ma la realtà è più complicata della fantasia. "Renzi ha detto che non lascia la segreteria. Ma lui ha sostenuto che solo il leader del partito può essere capo del governo. Allora, quando dice la verità Renzi?", si chiede l'ex presidente del Consiglio. "Quando dice di volersi dimettere da premier in caso di sconfitta o quando dice che resta alla guida del partito e di conseguenza anche del governo, per via della disposizione statutaria? Comunque, io non chiedo le dimissioni di Renzi. Chiedo solo una buona riforma al posto di una cattiva riforma. La caduta di una cattiva riforma costituzionale renderebbe automatico il varo di una nuova legge elettorale".
D'Alema sostiene che la riforma costituzionale sia "un pasticcio", che darà luogo a un Senato di serie B dal ruolo sconosciuto. "Sarà un Senato composto da consiglieri regionali, sindaci… Non si comprende come loro potranno trascorrere cinque giorni a settimana a Roma a occuparsi delle leggi". Le Regioni, con la riforma del Titolo Quinto, hanno troppi poteri? Può darsi, risponde D'Alema, sottolineando però quanto sia punitiva, nei loro confronti, la nuova impostazione. Qui siamo di fronte a un impressionante ritorno al centralismo: si sottraggono alle Regioni compiti già previsti dalla Costituzione dei 1948″, ma soprattutto "non essendo chiara la distinzione dei compiti tra Camera e Senato, il contenzioso Stato-Regioni si estenderà anche fra Camera e Senato. Non oso pensare a quello che accadrà per la legge finanziaria, per le norme che dovranno essere esaminate tra i due rami del Parlamento. Una paralisi infinita. Con altri ricorsi alla Corte Costituzionale". Insomma, la riforma costituzionale, secondo D'Alema, non andrà affatto a semplificare la situazione attuale, tantomeno ridurrà le tempistiche di approvazione dei provvedimenti legislativi, ma rischia addirittura di creare ulteriori disagi.
In conclusione, poi, D'Alema lancia una stilettata diretta al presidente del Consiglio, smentendo la litania del Paese irriformabile: "In Italia sono state varate 14 riforme costituzionali, tra cui quelle del Titolo Quinto e dell'articolo 81 sull'equilibrio strutturale di bilancio, quelle dell'immunità parlamentare e del giusto processo. Inoltre, per due-tre volte è stata cambiata la legge elettorale, poi la legge dei sindaci. Tutti i governi hanno messo mano alla riforma pensionistica fino al caos odierno. E potrei continuare. È stata varata una quantità impressionante di riforme. Semmai il Paese ha sofferto, spesso, per cattive riforme che hanno richiesto altre riforme correttive. La tesi che, in Italia, non cambi nulla, è un luogo comune".