Cultura Bene Comune, dal Teatro Valle alla riappropriazione dei diritti fondamentali [REPORTAGE]
"Contagio imminente" questo il nome dell'assemblea chiamata dal collettivo dei lavoratori dello spettacolo napoletani La Balena all'indomani del Forum dei Comuni per i Beni Comuni di Luigi de Magistris. Il luogo scelto, il museo Madre, non concesso dall'amministrazione regionale: allora ecco la pressione, l'apertura forzata del portone e la riappropriazione di uno spazio pubblico, di un bene comune. Questo lo afferma Ugo Mattei alla platea composta da giovani artisti, musicisti e attivisti: "Chi non si ribella, si scompare" citando le parole di un famoso artista torinese.
Cosa significa parlare di beni comuni con riferimento alla cultura? Il concetto stesso è tutto da costruire attraverso le pratiche di rivendicazione nuove portate avanti da diversi esperimenti in giro per l'Italia: il Teatro Valle e l'ex-Cinema Palazzo a Roma, il Teatro Coppola a Catania. "L'uomo non è un essere soltanto biologico, ma ha dei bisogni fondamentali anche culturali" afferma Mattei, tra i più attivi redattori dei quesiti referendari, docente all'Università di Torino e autore dello statuto della Fondazione Teatro Valle Bene Comune.
Pochi giorni dopo la vittoria dei referendum sull'acqua pubblica, un manipolo di lavoratori dello spettacolo occupa il Teatro Valle di Roma – destinato a essere chiuso e venduto. La battaglia difensiva per la pubblicizzazione di alcuni beni fondamentali e la salvaguardia di diritti fondamentali, diventa una battaglia propositiva: trovare nuove modalità di produrre cultura e renderla fruibile al di fuori delle logiche capitalistiche del mercato. "Il Teatro Valle è un laboratorio di diritto – spiega Ugo Mattei – perché stiamo cercando di passare dall'occupazione all'elaborazione di nuove forme giuridiche che escano dalla logica della concessione dell'amministrazione".
Simile e diversa, l'esperienze del Teatro Coppola di Catania era un rudere distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e mai restaurato dall'amministrazione locale. Anche qui, operatori dello spettacolo si sono impadroniti del luogo e hanno imparato anche la sottile "arte della muratura", ricostruendo letteralmente un posto distrutto e rendendolo vivo. Quando l'amministrazione cittadina chiede agli attivisti se vogliono avere in "concessione" il luogo, la risposta è secca: "Noi non vogliamo nessuna concessione, il posto ce lo siamo già ripreso". Il concetto di autorità e di autorizzazione si annienta davanti alla rivendicazione di cultura come bene comune, il "servitore" statale deve fare un passo indietro – secondo gli attivisti riuniti al museo Madre di Napoli – e lasciare spazio alle libere rivendicazioni che arrivano dal basso.
L'esperienza dell'ex-cinema Palazzo di Roma è una vera e propria battaglia aperta alla logica del capitalismo imperante: un ex-sala cinematografica trasformata negli anni in supermercati e sale da Bingo, destinata a diventare un casinò con slot-machine e video-poker, viene strappato dalla mani dei privati e occupato. Nonostante i tentativi di sgombero, le attività vanno avanti: cineforum, rappresentazioni teatrali e dibattito. L'inverso esatto di quella logica di mercato che voleva riempire quelle stanze di vuoti zombie disposti a rovinarsi davanti all'illusione di un facile guadagno.
Alla fine una stoccata anche agli "amministratori amici" come quelli presenti al Forum dei Comuni per i Beni Comuni: "Bisogna legarli e rivendicare la sovranità delle scelte prese dal basso – afferma Ugo Mattei, nominato nel Cda dell'Abc Acqua Bene Comune Napoli dal sindaco de Magistris – Pretendere che loro facciano un passo indietro".