Crisi di governo, quali sono i nuovi numeri della maggioranza al Senato
Il giorno dopo il voto di fiducia al Senato, il presidente Conte si risveglia con due consapevolezze: la prima è che la battaglia – mediatica e non – contro Matteo Renzi l'ha parzialmente vinta con il voto di ieri, in cui il Senato gli ha dato la fiducia (relativa); la seconda è che ora bisogna intervenire rapidamente sui numeri della maggioranza a Palazzo Madama, come hanno sottolineato in mattinata sia Zingaretti che Franceschini. Ma come? L'ingresso di una forza politica, come l'Udc – che finora ha sempre negato l'ipotesi – o quello di alcuni responsabili, che forse sarebbero meno affidabili e coesi di un gruppo. In tutto ciò bisognerà capire quale idea ha Sergio Mattarella, con cui Conte andrà a parlare nelle prossime ore.
Al Senato il Governo ha ottenuto la maggioranza relativa con 156 sì, contro i 140 no dell'opposizione, 16 gli astenuti di Italia Viva. È evidente, a prescindere dal risultato di ieri, che così non si possa governare, e lo sa anche e soprattutto Giuseppe Conte. Nei 156 sì ci sono tre senatori a vita, due fuoriusciti da Forza Italia, Nencini del Psi (che ha concesso il simbolo per Italia Viva), i responsabili, la base di ex Movimento 5 Stelle e tanti altri che hanno cambiato idea più volte. Non è una maggioranza affidabile, quindi la distanza che si sta cercando di colmare non è di 5 voti per arrivare a 161, questo deve essere chiaro. Lo ha detto anche Franceschini a Repubblica: "Un Governo ha una maggioranza solida quando ha 170 senatori".
Già da ieri sera, con il primo tweet post voto, Conte ha iniziato seriamente la ricerca di nuove forze da far entrare in maggioranza. Potrebbe essere il caso dell'Udc, che ha tre senatori iscritti nel gruppo di Forza Italia, e che potrebbero portarsi dietro anche qualche "costruttore europeista" in più. D'altronde i messaggi nel discorso di Conte erano chiarissimi e strizzavano l'occhio proprio a quella componente politica lì. Questa mattina il senatore ex Pd, oggi in Italia Viva, Eugenio Comincini, ha detto che, se non si riuscisse a ricucire lo strappo, lui non voterà mai contro la maggioranza. Di conseguenza è un voto in più su cui può contare Conte, e come lui ce ne potrebbero essere altri dentro il partito di Matteo Renzi.