È abbastanza difficile capire il senso di una direzione nazionale come quella tenuta ieri dal Partito Democratico. Un'assemblea, nel pieno delle consultazioni del segretario pre – incaricato della formazione del nuovo Governo, conclusasi piuttosto rapidamente, senza indicazioni chiare sugli sviluppi della situazione, per giunta. Dunque, chi si aspettava lumi dal segretario democratico è rimasto sostanzialmente deluso e dovrà farsi bastare qualche "anticipazione" fornita peraltro da Enrico Letta.
In primo luogo, Bersani ha intenzione di continuare sulla sua strada stretta. Quella cioè di un esecutivo di minoranza, composto da personalità di alto profilo, che sia portatore di un programma di rinnovamento e sia in grado di ottenere la fiducia nel merito dei provvedimenti. Di volta in volta, anche se Bersani non lo dice esplicitamente. E per farlo chiede sostanzialmente a Pdl e M5S di "non impedire" un esperimento che nasce già precario (la definizione della Palmerini sul Sole24Ore è perfetta: "La tattica della perdita di tempo").
In seconda battuta, Bersani conferma l'indisponibilità ad una alleanza organica con il Popolo della Libertà, rifiutando la "proposta indecente" di Silvio Berlusconi che avrebbe voluto Alfano vicepremier ed un Governo di intesa Pd – Pdl. Tuttavia, qualche segnale di apertura al Pdl c'è stato. Ed è da ricercarsi nella formula del "doppio binario", preannunciata da Letta in apertura: quello del governo e quello della costituente per le riforme, le quali vanno fatte con la massima condivisione possibile e con il consenso delle altre forze parlamentari. Un modo per anticipare quello che potrebbe essere il compromesso tra le parti: un (primo e parzialissimo) lasciapassare in Aula al Senato, in cambio del "diritto di parola" al tavolo delle riforme costituzionali.
Per il momento, invece, Bersani preferisce non affrontare la questione dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, consapevole che si tratta di una partita delicatissima che potrebbe far saltare tutto. La strada in questo caso è strettissima: il Pdl vuole garanzie ed è pronto alle barricate, di conseguenza i democratici non possono fare altro che parlare di "scelta condivisa" e necessità di un ampio coinvolgimento "senza prove di forza".
Ci sarebbe ancora il tentativo di coinvolgere il Movimento 5 Stelle, ma Bersani stesso sembra aver abbandonato ogni speranza in tal senso. La stessa idea di trasmettere in diretta streaming l'incontro di domani con i 5 stelle (cui non parteciperà Beppe Grillo), come nota Cocconi su Europa, "conferma che non ci sarà nessuna vera trattativa, né sui nomi né sui temi". Del resto, ne parliamo ormai da settimane, il Movimento non ha alcun interesse nell'esperimento a guida Bersani, né da un punto di vista politico, né da quello programmatico (anzi, a ben guardare, sono più i rischi che le opportunità). E il richiamo costante di Bersani a "prendersi le proprie responsabilità", sembra essere solo l'anticipazione della prossima campagna elettorale.
Dunque, come andrà a finire? L'idea di Bersani resta quella del doppio binario, ma non è scontato che Napolitano condivida tale scelta. Il Capo dello Stato era sembrato piuttosto determinato a vincolare un eventuale mandato a Bersani alla "maggioranza certa", condizione che certamente non si verificherà (e che potrebbe anche portare a clamorosi rovesci in Aula, lasciando subito il Paese senza Governo). E l'idea di un altro salto nel buio non affascina il Presidente che potrebbe optare per soluzioni alternative: la "prorogatio" del Governo Monti fino a nuove elezioni (resta da capire come trovare la quadra da un punto di vista "costituzionale") o un Governo del Presidente, affidato ad una carica istituzionale. Strade altrettanto strette, sia chiaro.