“Ammazzatelo, uccidetelo, trucidatelo, bisogna farlo fuori, deve marcire in galera. Tutto questo linguaggio assatanato si è rivolto contro un uomo come se fosse il colpevole di tutto. Non era il colpevole di tutto. Era il più importante di tutti. Per quello è diventato il capro espiatorio: perché era il perno del sistema politico”. Parla di Bettino Craxi, Claudio Martelli, ma ad ascoltarlo viene il dubbio parli anche un po’ di sé. Sarà il timbro vocale, così simile a quello di Craxi, saranno i venticinque anni trascorsi a fianco del leader socialista, prima al liceo Carducci di Milano, dove fu compagno di banco di Massimo Fini, poi nella gavetta del Partito Socialista milanese, infine in via del Corso a Roma, segretario e vice del Psi, dalla rinascita all’apocalisse: “ A me è capitato spesso negli ultimi anni: ogni volta che si parlava di Craxi e dei socialisti, tutte le domande vertevano sull’ultimo tratto di strada, quello che preludeva la fine – racconta a Fanpage.it Martelli, che a vent’anni dalla morte di Craxi, ha dato alle stampe un libro a lui dedicato, intitolato ”L’antipatico” (La Nave di Teseo) -, tanto che a un certo punto ho detto che io avrei parlato della fine di Craxi solo se mi avessero fatto parlare anche di tutto il resto”.
Parliamone di tutto il resto, Martelli. Ad esempio, perché tra tutti gli aggettivi possibili, ha scelto proprio di definirlo “antipatico”, nel titolo del suo volume?
Perché l’antipatia di Craxi facilitò l’opera di chi aveva fomentato l’odio nei suoi confronti. Si trovarono la strada spianata di fronte a questa diffusa antipatia.
Perché Craxi era così antipatico?
Non era quel genere di leader che oggi vengono definiti piacioni, che smaniano per piacere. Era uno che diceva quel che pensava e faceva quel che diceva. Era schietto, spigoloso, ruvido nei modi. Suscitava un senso di rispetto, addirittura di timore, molto pronunciato. Sono caratteristiche non rare per i grandi uomini politici, sono rare nei piccoli uomini politici.
Andreotti era un grande leader politico, allo stesso modo. Però nessuno gli ha mai tirato addosso le monetine…
Nnostante tutto quel di cui è stato accusato, dalla collusione con la mafia, all’assassinio del giornalista Mino Pecorelli, all’aver trafficato con Sindona, sino ad aver commentato acidamente la morte di Ambrosoli con quel “se l’andava cercando”. Nonostante tutto questo era simpatico alla maggioranza degli italiani. Così come Berlusconi, del resto: amato, odiato, aggredito, criminalizzato. Ma poi, alla fine, sarà stato il sorriso a 32 denti, la passione per le donne, le cinque Champions League, l’enorme successo negli affari, alla maggioranza degli italiani risultava simpatico. Sicuramente, più di Craxi.
Qualcuno dice che quest’ultima interpretazione di Pierfrancesco Favino nel film “Hammamet” di Gianni Amelio riesca in qualche modo a riabilitarne la figura agli occhi degli italiani, non fosse altro per il fatto che le sale cinematografiche sono piene.
L’interpretazione di Favino è straordinaria, concordo. E parlandoci ho avuto anche la sensazione di un uomo che ha uno spessore e una profondità insolita, nel mondo dello spettacolo, perlomeno per come si è ridotto negli ultimi anni. Non direi la stessa cosa del film, però.
Come mai?
Mi è sembrato un film senza sceneggiatura. Capisco l’intento di disegnare il tramonto di un uomo che ha avuto grande potere, un tramonto desolato, amaro, risentito. Però non esce Craxi. Esce solamente un uomo morto in esilio a 66 anni.
Qualcuno quell’esilio lo chiama latitanza…
Craxi non è stato un latitante: latitare vuol dire nascondersi. Craxi abitava nella sua casa di Hammamet e che era visitato da vecchi e nuovi militanti, da turisti politici, era scortato dalla polizia tunisina. Non si stava nascondendo.
Dicono: perché non ha risposto alle accuse nelle aule di tribunale, allora?
Ha provato a rispondere davanti alla giustizia: poi si è reso conto che quelli non erano processi, erano delle farse. Non poteva non sapere, dicevano. Certo che non poteva non sapere: era segretario del partito, di parecchi movimenti di denaro, e anche dei finanziamenti illeciti, sapeva benissimo. Così come lo sapevano gli altri segretari di partito: i D’Alema, gli Occhetto, i Forlani, che negarono fino alla morte di saperne qualcosa. Craxi a differenza di tutti loro ha detto la verità e l’ha detta in Parlamento, riconoscendo la sua parte di responsabilità.
Il discorso della chiamata in correità: “Non credo che ci sia nessuno in quest’Aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo”.
In quel discorso in Parlamento lui non ha detto “siete tutti colpevoli”. Ha detto “siamo tutti colpevoli”, tutti responsabili di questa degenerazione, prendendosi la sua parte di responsabilità e di colpa. Ha detto che per fermarla c’era bisogno di una soluzione politica fatta di leggi e regolamenti. Che non lo si potesse fare attraverso qualche processo, tanto più se colpisce solo alcuni e non altri.
Quella soluzione politica allora veniva rubricata con disprezzo a “colpo di spugna”…
Ma non c’era altra soluzione possibile. Tangentopoli in Italia c’è sempre stata, non è che è sorta negli anni ’80 con Craxi. Da che è esistita la repubblica dei partiti c’è stata una Tangentopoli. Tutti i partiti si finanziavano illegalmente, a partire proprio dal Partito Comunista Italiano che riceveva finanziamenti illegali dall’Italia e anche dall’estero, dall’Unione Sovietica, o come la Democrazia Cristiana, che aveva altri contributi internazionali, per le medesime e speculari ragioni. Non era il caso dei socialisti, che non avevano appoggi né dalla Cia, né dal Kgb.
I socialisti si sono arrangiati, sta dicendo…
Come i democristiani e i comunisti che avevano pure contributi internazionali. La Storia va scritta per intero non per ridurre o minimizzare le responsabilità, che c’erano tutte. Ma bisogna andare alle origini delle questioni.
Andiamoci, all’origine delle questioni…
Noi non abbiamo una Costituzione che ha disegnato in modo efficace i poteri dello Stato.
Spieghi meglio…
Abbiamo una costituzione che di fronte alla domanda su come si forma il governo e quali sono i suoi poteri non c’è, è muta. Basti dire che al governo del Paese sono dedicate 3 righe, mentre al CNEL sono dedicate 34 righe. C’è qualcosa di strano in quella costituzione e la stranezza è questa: è stata scritta da uomini di partito. L’hanno scritta Fanfani, Dossetti, Togliatti, Nenni, Valiani, Calamandrei. La fiaba che ci hanno raccontato è che nel momento in cui hanno scritto la costituzione questi erano santi eroi, uomini purissimi e un minuto dopo averla scritta hanno cominciato a trafficare coi finanziamenti illeciti. Non può essere questa la verità.
Qual è la verità?
La verità è che proprio per trovare un compromesso, quegli uomini hanno trascurato nell’entrare nel merito di come si forma il governo del paese e hanno lasciato totale autonomia e anarchia e ai partiti, che sono diventati i padroni della repubblica. Nella costituzione hanno scritto che sarà la legge ordinaria a stabilire come i partiti si sarebbero dovuti dotare di statuti e regole. In altre parole, hanno delegato il problema a loro stessi e nessuno se n’è mai occupato: anzi, quando qualcuno provava a mettere mano a una legge sui partiti, il primo a insorgere era il Partito Comunista che non voleva essere toccato.
A proposito, dei rapporti col Pci: Craxi era di sinistra? In fondo fischiava Berlinguer e governava con Andreotti…
Craxi era socialista. Il socialismo è la sinistra, originaria e costitutiva. Craxi non amava la parola sinistra, però: “Io sono socialista – diceva – . Io so cos’è il socialismo, non so cos’è la sinistra”. Aveva ragione: la sinistra è una scatola vuota, in effetti. Come la destra, del resto: può essere la destra liberale o la destra fascista.
Che sinistra era, quella di Craxi?
Il suo socialismo era quello riformista: lui recupera questa antica tradizione che era quella di Turati, di Treves, di Mondolfo, di Prampolini, di Bissolati, quello che hanno prodotto tutto quel che conta, che vale e che dura ancora nella sinistra italiana. Sono i socialisti riformisti che creano i sindacati, le cooperative, le leghe, le società di mutuo soccorso. Quella è stata un’eredità un po’ disprezzata e messa da parte dai socialisti massimalisti prima, e dai comunisti poi, che volevano fare la rivoluzione come in Russia, e nemmeno sapevano come farla. Pensavano sarebbe caduta come un frutto maturo, a furia di scioperi, compiendo un errore da cui lo stesso Lenin li aveva messi in guardia: quello di far paura inutilmente. Perché se fai paura e vai fino in fondo magari fai la rivoluzione. Se fai paura inutilmente ottieni il solo effetto di armare la reazione. Ed è quel che è successo puntualmente negli anni ’20.
Col fascismo…
Cui i socialisti e i comunisti regalarono anche l’idea della nazione, contrapponendo l’interesse del mondo del lavoro e l’interesse della nazione. Un errore colossale: la nazione in Italia è nata a sinistra, da Mazzini, da Garibaldi. Craxi, al contrario aveva questa fortissima coscienza nazionale, sia come italiano, sia per l’indipendenza di altri popoli.
E oggi Craxi dove starebbe, in Parlamento?
Craxi è un socialista quindi sarebbe sicuramente a sinistra. Non so se starebbe nel Pd. Forse in un Pd in cui ci fossero più socialisti e meno ex comunisti, e dove non ci fosse Prodi, forse ci starebbe.
Che problemi avrebbe Craxi, con Prodi?
Lui con Prodi aveva un conto aperto fin dai tempi dell’affare Sme, quando Prodi, da presidente dell’Iri, cercò di vendere a De Benedetti il settore alimentare pubblico a un prezzo stracciato, di 400 miliardi di lire. Craxi si oppose. Venne avanti Berlusconi, con un leggere rialzo, e Craxi mandò a quel Paese anche Berlusconi. Andò avanti finché arrivarono acquirenti più seri che comprarono i pezzi dal sme per 2100 miliardi. Era fatto così: difendeva l’interesse italiano. Così come ha difeso la sovranità italiana anche a Sigonella, di fronte al potente alleato americano. Cosa impensabile per tutti i primi ministri democristiani dell’epoca ma anche per tutti quelli che sono venuti dopo.
Potrebbe simpatizzare coi sovranisti, quasi quasi…
Quando feci la legge sull’immigrazione ricordo che Craxi mi raccomandò prudenza. Aveva più d me la percezione, già allora, che gli immigrati erano pochi. Aveva il timore si sarebbe aperto troppo a nuovi ingressi e raccomandò di avere prudenza: non bisogna promettere la Luna.
Sembra di sentire Salvini…
No, Craxi è sempre stato ferocemente contrario al razzismo. Era un leader politico impegnato come nessun altro sui diritti dei popoli e degli individui. Craxi difese Sakarov, Solženicyn, Pelican e tutti i dissidenti dell’est, così come difese i socialisti e i radicali cileni dal golpe di Pinochet voluto dagli Stati Uniti. Lui ce l’aveva in particolare con Kissinger con cui ha polemizzato per tutta la vita. Persino negli ultimi momenti della sua vita, ad Hammamet, quando Kissinger ammise alcune sue responsabilità nel golpe cileno, Craxi gli disse che aveva anche altre responsabilità. Era impegnato e ha aiutato moralmente, materialmente, sostenuto finanziariamente molte cause.
Coi soldi del finanziamento illecito.
Questo forse non sta bene nei codici? Forse c’è qualche elemento di illegalità? Vero. Ma la politica, quella vera, è anche questo. Soprattutto questo.