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Caso Almasri

La Cpi indaga su caso Almasri e chiede chiarimenti al governo Meloni: cosa succede ora

La Camera preliminare della Cpi ha chiesto all’Italia chiarimenti sul caso Almasri. Il governo avrà 30 giorni per presentare le sue osservazioni, in cui dovrà spiegare perché ha proceduto al rilascio il generale accusato di torture e alla consegna del materiale sequestrato al momento dell’arresto.
A cura di Giulia Casula
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Almasri e Giorgia Meloni
Almasri e Giorgia Meloni
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Ieri la I Camera preliminare della Corte penale internazionale ha rivolto all'Italia l'invito a presentare le sue osservazioni per spiegare la liberazione del generale libico accusato di crimini contro l'umanità, Najeem Osama Almasri. Per farlo il governo avrà trenta giorni di tempo. 

La comunicazione rappresenta l'avvio di una prima fase di accertamenti, resi necessari dalla mancata consegna del torturiere e con cui la Cpi intende comprendere le ragioni dietro "l'inadempienza" dell'Italia. In dodici punti, la Camera ricostruisce la vicenda a partire dal mandato Onu per indagare sulla situazione in Libia nel 2011, passando per la richiesta d'arresto di Almasri, nell'ottobre 2024, fino ad arrivare al fermo dell'uomo e al suo rimpatrio su un volo di Stato italiano.

La Cpi ricorda di aver richiesto ai governi dei Paesi, in cui si sarebbe potuto trovare Almasri il 18 gennaio 2025 di procedere al sequestro "di qualsiasi prova o dispositivo trasportato dall'indagato che possa contenere prove" e di "trasmettere tali prove all'autorità giudiziaria". Prove che ad oggi risultano perse, perché al momento del rilascio, la Digos di Torino ha riconsegnato all'uomo il materiale che gli era stato sequestrato in precedenza.

I giudici citano inoltre, le due note diffuse dal ministro Nordio. Una prima, del 27 gennaio 2025, in cui il Guardasigilli faceva sapere che il rimpatrio di Almasri fosse di "esclusiva competenza" del suo collega all'Interno, Matteo Piantedosi. Una seconda, il 10 febbraio 2025, quando l'Ambasciata italiana ha inviato una lettera da parte del ministero della Giustizia.

Ma l'operato di Nordio sarebbe stato insufficiente. Tra le altre cose infatti, il ministro aveva precisato solo in un secondo momento di aver riscontrato nel mandato d'arresto della Cpi "vizi" tali da rendere l'atto nullo e dunque non potergli dare esecuzione. In realtà i vizi citati dal Guardasigilli, si scopriranno poi essere degli errori formali. Per l'esattezza, una confusione sulle date dei reati in un piccolo passaggio del mandato per l'esattezza, che Nordio avrebbe potuto comunque segnalare alla Corte, che esplicitamente si era resa disponibile a chiarire qualsiasi dubbio per agevolare la procedura di consegna del generale. Eppure il ministro non l'ha fatto.

La Cpi quindi, ritiene che l'operato del governo italiano nel caso Almasri rende necessario valutare se è opportuna "una constatazione formale di inadempienza dell'Italia" e "se la questione debba essere deferita all'Assemblea degli Stati Parte e/o al Consiglio di Sicurezza dell'Onu". Prima di effettuare qualsiasi accertamento sulla mancata cooperazione, però la Corte dovrà ascoltare l'Italia, che entro il 17 marzo dovrà far pervenire le proprie osservazioni. Quest'ultime, ricorda la nota, dovranno essere "essere presentate in una delle lingue di lavoro" dell'Aia, ovvero francese o inglese.

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