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Covid 19

Covid, cosa sono le Usca e perché sono così importanti per controllare la pandemia in Italia

Uno dei presidi ritenuti fondamentali durante l’emergenza Coronavirus è quello delle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale. Si tratta di team medici che si occupano di seguire i pazienti Covid nelle loro abitazioni, attraverso visite e consulti a distanza. Andiamo a vedere quali sono, nello specifico, i loro compiti e perché i medici chiedono di potenziarle.
A cura di Stefano Rizzuti
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Dall’inizio dell’epidemia di Covid-19 il concetto è stato ripetuto migliaia di volte: l’assistenza territoriale è fondamentale per combattere il Coronavirus. E per assistere i pazienti anche all’interno delle loro abitazioni, evitando così un sovraffollamento nei reparti ospedalieri dedicati. Proprio per questo motivo sono nate le Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale. Introdotte dal decreto 14/20 del 9 marzo, dovevano essere attivate in dieci giorni, entro il 20 marzo, da tutte le Regioni e province autonome. Il loro compito è quello di gestire la sorveglianza dei malati Covid che si trovano in isolamento domiciliare. Secondo il decreto istitutivo devono nascere nella sede della continuità assistenziale che già esiste e deve essere prevista almeno un’unità ogni 50mila abitanti. L’istituzione delle Usca varia da Regione a Regione. Ad attivare le unità devono essere i medici di base, quando ritengono che i loro pazienti debbano essere seguiti nelle loro abitazioni con maggiore attenzione.

Quali sono i compiti delle Usca

Le Usca si devono occupare della gestione domiciliare dei pazienti attraverso il consulto telefonico, il consulto video, e attraverso le visite domiciliari di chi non necessita il ricovero ospedaliero. Tra i loro compiti c’è anche quello di effettuare i tamponi, almeno in alcuni territori. Le unità speciali si occupano anche dei pazienti che sono stati ricoverati e che ora, dopo le dimissioni dall'ospedale, stanno meglio. Le Usca dovrebbero essere costituite da un numero di medici pari a quelli presenti nelle sedi di continuità assistenziale. Ogni unità può essere composta da medici titolari o supplenti di continuità assistenziali, medici che frequentano un corso di formazione specifico in medicina generale, e in alcuni casi anche da laureati in medicina abilitati e iscritti all’ordine. A loro si aggiungono anche gli infermieri. Le Usca devono essere attive sette giorni su sette, dalle 8 alle 20. Il compenso dei medici che lavorano per queste unità deve essere di 40 euro lordi l’ora. L’istituzione e la costituzione delle Usca varia da Regione a Regione e, al momento, non ci sono dati nazionali. Così non è facile sapere quante unità sono state attivate, neanche in rapporto alle 1.200 inizialmente preventivate.

Perché i medici chiedono di rafforzare le Usca

I medici di famiglia e i pediatri chiedono di potenziare la rete territoriale proprio assumendo più personale nelle Usca, come sottolineato anche dai sindacati in queste ore. Difatti queste unità son nate anche con lo scopo di aiutare i medici di famiglia, quelli della guarda medica e i pediatri. In generale ci sono due motivazioni per cui il personale sanitario chiede di rafforzare le Usca: da una parte per alleggerire il lavoro dei medici di famiglia, che possono così delegare una parte del loro lavoro e continuare ad assistere al meglio anche i pazienti non Covid; dall’altra per avere meno pressione sugli ospedali, garantendo cure migliori e più affidabili anche a chi non è ricoverato. In questi giorni, peraltro, una sentenza del Tar del Lazio ha stabilito che i medici di base non devono effettuare visite nelle abitazioni dei pazienti Covid, essendo questo un compito delle Usca. Ma Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma, sottolineano che i medici di base non si sottraggono a questa attività, anche se le unità servono proprio per agevolare l’attività dei medici di famiglia che, “oltre a fare le certificazioni, i vaccini e ora anche i tamponi, devono fare le visite domiciliari ai malati non Covid e non hanno il tempo di seguire anche i pazienti Covid”.

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